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Le campagne orientali di Aureliano furono combattute dall'imperatore romano Aureliano contro il Regno di Palmira; queste campagne furono la conseguenza della secessione di Palmira voluta da Zenobia, la quale aveva usurpato il titolo del marito, corrector Orientis, estendendo di fatto il proprio potere su tutte le province orientali (Cilicia, Siria, Mesopotamia, Cappadocia ed Egitto) dell'Impero romano. La campagna si concluse con l'assedio e la conquista di Palmira e con la cattura della regina palmirena.
Campagne orientali di Aureliano parte delle Guerre romano sasanidi (224-363) | |
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Campagne di Aureliano in Oriente. | |
Data | 272 - 273 |
Luogo | Regno di Palmira |
Esito | Vittoria romana |
Schieramenti | |
Comandanti | |
Voci di battaglie presenti su Wikipedia | |
Per il suo trionfo Aureliano venne ricordato non solo come Palmyrenicus maximus, ma anche come Adiabenicus,[1] Parthicus maximus,[1][2] Persicus maximus,[3] ma soprattutto come Restitutor orbis,[4] in quanto era riuscito nell'impresa di riunificare l'Impero sconfiggendo gli usurpatori prima di Palmira e poi delle Gallie.
A partire dal 260, fino al 274 circa, l'Impero romano subì la secessione di due vaste aree territoriali, che però ne permisero la sopravvivenza. Ad ovest gli usurpatori dell'Impero delle Gallie, come Postumo (260-268[5]), Leliano (268), Marco Aurelio Mario (268-269), Vittorino (269-271), Domiziano II (271) e Tetrico (271-274), riuscirono a difenderne i confini delle province di Britannia, Gallia e Spagna. Scrive Eutropio:
Postumo era riuscito, infatti, a costituire un impero in Occidente, centrato sulle provincie della Germania inferiore e della Gallia Belgica e al quale si unirono poco dopo tutte le altre province galliche, della britanniche, ispaniche e, per un breve periodo, anche quella di Rezia.[6]
Questi imperatori non solo formarono un proprio Senato presso il loro maggiore centro di Treveri e attribuirono i classici titoli di console, Pontefice massimo o tribuno della plebe ai loro magistrati nel nome di Roma aeterna,[7] ma assunsero anche la normale titolatura imperiale, coniando monete presso la zecca di Lugdunum, aspirando all'unità con Roma e, cosa ben più importante, non pensando mai di marciare contro gli imperatori cosiddetti "legittimi" (come Gallieno, Claudio il Gotico, Quintillo o Aureliano), che regnavano su Roma (vale a dire coloro che governavano l'Italia, le province africane occidentali fino alla Tripolitania, le province danubiane e dell'area balcaniche). Essi, al contrario, sentivano di dover difendere i confini renani ed il litorale gallico dagli attacchi delle popolazioni germaniche di Franchi, Sassoni ed Alemanni. L'Imperium Galliarum risultò, pertanto, una delle tre aree territoriali che permise di conservare a Roma la sua parte occidentale.[8]
In Oriente fu invece il Regno di Palmira a subentrare a Roma nel governo delle province dell'Asia minore, di Siria ed Egitto, difendendole dagli attacchi dei Persiani, prima con Odenato (262-267), nominato da Gallieno "Corrector Orientis", e poi con la sua vedova secessionista, Zenobia (267-271).[8] Durante il regno di Valeriano il principe di Palmira, Settimio Odenato, appartenente ad una famiglia che aveva ottenuto la cittadinanza romana sotto Settimio Severo, dopo un fallito tentativo di alleanza col sovrano sasanide del regno dei Parti, Sapore I, figlio di Ardashir I, si era avvicinato al proprio imperatore, Valeriano, che, nel 258 l'aveva riconosciuto vir consularis. L'Imperatore romano era stato però sconfitto nel 260, nella battaglia di Edessa e fatto prigioniero da Sapore I. L'intervento di Odenato fu provvidenziale per le sorti dell'Oriente romano. Il principe palmireno riuscì, infatti, a procurare notevoli perdite al nemico, tanto che l'imperatore Gallieno, gli conferì numerosi titoli onorifici, tra cui quello di Palmyrenicus e dux Romanorum.[9]
Le successive campagne militari di Odenato contro i Sasanidi, portarono alla riconquista della fortezze delle ex-province romane di Mesopotamia e Cappadocia, e portarono le armate-romano-palmirene fino ad assediare Sapore I nella sua capitale di Ctesifonte. Queste vittorie fruttarono a Gallieno il titolo onorifico di persicus maximus, ad Odenato quello di "Corrector Orientis", con giurisdizione su buona parte delle province romane orientali. In seguito, a Odenato fu riconosciuto il titolo di re dei re, che lo contrapponeva al Gran re di Persia, Sapore I. I confini del potere di Odenato, in quegli anni, si estendevano a nord, dai monti del Tauro, a sud, fino al golfo Arabico (comprendendo Cilicia, Siria, Mesopotamia ed Arabia).
Zenobia: Antoniniano[10] | |
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S ZЄNOBIA AVG, busto con drappeggio verso destra, capelli intrecciati insieme a mezzaluna; | IVNO REGINA, Giunone in piedi verso sinistra, tiene nella mano destra una patera ed uno scettro nella sinistra; ai piedi a sinistra, un pavone in piedi a sinistra; una stella in alto a sinistra. |
coniato nel 272 ad Antiochia (3.64 g, 6h). |
Alla fine del 267 o forse all'inizio del 268, Odenato fu assassinato ad Emesa, assieme al figlio Hairan (o Erode o Erodiano).[11] Furono assassinati da Maconio[12], cugino o nipote (a seconda delle fonti) di Odenato, su mandato di Zenobia, regina consorte di Odenato.
Poco dopo la sua morte, sua moglie Zenobia prese il potere, in nome del figlio minorenne, Vaballato, con l'obbiettivo di mantenersi autonoma da Roma, creando così un impero d'Oriente da affiancare a quello di Roma.[13]
Gallieno avrebbe voluto marciare contro Zenobia, ma fu impedito a recarsi in Oriente, sia a causa di una nuova invasione dei Goti (del 267), sia dalla successiva invasione degli Eruli (del 268). La "Vita Gallieni" riporta che l'imperatore inviò contro Palmira un suo generale, Aurelio Eracliano, nominato dux della spedizione volta a riprendere il controllo della frontiera con la Persia dopo la morte di Odenato nel 267, ma costui fu sconfitto dai Palmireni di Zenobia, guidati dal generale Zabdas.[14]
Secondo alcune interpretazioni alternative, questa spedizione non avvenne sotto Gallieno ma sotto il suo successore Claudio il Gotico o potrebbe non essere avvenuta affatto.[15]
Comunque alla luce di questi avvenimenti si rafforzò la convinzione che il regno di Palmira avesse la missione di governare l'Oriente e Zenobia, tutrice-reggente del figlio Vaballato, solo dopo la morte dell'imperatore, Claudio, avvenuta nel 270, guidò la ribellione contro l'autorità imperiale.
Per i primi anni Zenobia si limitò a conservare e rafforzare il regno lasciatole da suo marito (dalla Cilicia, alla Siria, Mesopotamia, fino all'Arabia), mantenendo buoni rapporti con Roma. Poi la regina iniziò a stringere legami con il re sassanide Sapore I, che era in aperta ostilità con i romani.
Poi a partire dal 269/270 Zenobia attuò una politica espansionistica, nominando comandante supremo delle truppe palmirene l'abile generale Settimio Zabdas inviandolo ad estendere il proprio potere fino ai confini della Bitinia[16] e l'Egitto.[17]
Nel 270 divenne imperatore Aureliano che inizialmente riconobbe a Vaballato i titoli di vir clarissimus rex e imperator dux Romanorum, tanto che nel regno di Palmira si batterono monete con da un lato l'effigie di Vaballato, imperator dux Romanorum e dall'altro dell'imperatore, Aureliano.
A Zenobia fu riconosciuto il titolo di Augusta.
Aureliano: Antoniniano[10] | |
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IMP C AVRE L IANVS AVG, testa radiata e busto con corazza verso destra; | ORIENS AVG, il Sole cammina verso sinistra con in mano un globo e un braccio teso verso sinistra, due nemici legati ai suoi piedi; TM in esergo (officina di Mediolanum). |
coniato nel 274. |
Aureliano: Antoniniano[18] | |
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IMP AVRELIANVS AVG, testa radiata e busto con corazza verso destra; | ORIENS AVG, il Sole cammina verso destra con in mano un arco ad un ramo, calpestando un nemico; XXIR in esergo (Roma). |
coniato nel 274-275. |
Aureliano: Antoniniano[19] | |
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IMP C AVRELIANVS AVG, testa radiata e busto con corazza verso destra; | RESTITVTOR ORBIS, una figura femminile in piedi verso destra, dona ad Aureliano una ghirlanda, il quale si trova a sinistra e tiene uno scettro; BC in esergo (Zecca di Cizico, 2º officina, 8ª emissione). |
coniato nella primavera 273-primavera 274; (23mm, 4.25 g, 5h). |
«Non ho giurato questo. Uccidete i cani, ve lo permetto.»
«Aureliano se volete vincere, risparmiate i miei concittadini.»
Aureliano tornò trionfante a Roma nel 274.[51] Aprivano la processione trionfale venti elefanti, quattro tigri reali e più di 200 animali esotici, seguiti da circa 1.600 gladiatori. Della processione facevano parte numerosi prigionieri di guerra di varie nazioni (Goti, Vandali, Roxolani, Sarmati, Alani, Franchi, Suebi, Vandali, Germani) e Egiziani:[52] a dieci guerriere di nazionalità gota venne attribuita una fittizia nazionalità amazzone.[53] I prigionieri più importanti erano però Zenobia, ex Regina di Palmira, e Tetrico,[54] ex Imperatore delle Gallie, vestiti in modo fastoso.[55] Il carro di Aureliano[56] era trainato da quattro cervi o quattro elefanti. La processione veniva infine chiusa dai senatori, dal popolo e dall'esercito.[57] Al termine della processione furono celebrati numerosi giochi nei teatri, nel circo Massimo, nell'anfiteatro Flavio oltre ad una naumachia.[58]
L'Imperatore fu molto generoso con i due usurpatori. A Zenobia regalò una villa presso Tivoli, dove divenne una matrona romana e le figlie di lei si maritarono con Romani di rango illustre.[54][59] Tetrico costruì un palazzo sul monte Celio,[60] dove una volta venne invitato a cena Aureliano. L'Imperatore conferì a Tetrico il titolo di governatore della Lucania[54][61] mentre il figlio dell'usurpatore delle Gallie divenne un influente senatore.[60]
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