Conosciuta anche come Fulvia-Aemilia, fu costruita sul lato nordorientale della piazza del Foro Romano, alle spalle delle tabernae novae argentariae, dai censori dell'anno 179 a.C., in sostituzione probabilmente di una precedente basilica citata da Plauto e fu rimpiazzata alla metà del I secolo a.C. dalla Basilica Emilia.
Sorse con il nome di Basilica Aemilia o Basilica Paulli sul lato nordorientale della piazza del Foro Romano,[4] in sostituzione della basilica Fulvia o Fulvia-Aemilia, dietro le tabernae novae argentariae tra il 55 e il 34 a.C. ed ebbe vari restauri fino al V secolo.
Con il nome di basilica Iulia sorse sul lato sud-occidentale della piazza del Foro Romano[5] a partire dal 55 a.C., al posto della basilica Sempronia e delle antistanti tabernae veteres. Venne inaugurata nel 46 a.C., ma danneggiata da un incendio nel 12 a.C. venne restaurata e dedicata ai nipoti di Augusto, Caio e Lucio Cesari nel 12 (basilica Gai et Luci). Distrutta nuovamente dall'incendio del 283 venne restaurata sotto Diocleziano.
Da identificare con l'aula in laterizio i cui resti si conservano alle spalle del Pantheonadrianeo[6] e ad esso contemporaneo. L'aula, collegata alle terme di Agrippa, aveva copertura con volte a crociera e le pareti articolate da colonne con un fregio a delfini e riccamente rivestite di marmi. Doveva essere utilizzata per la trattazione di affari.
Menzionata in fonti tarde, è stata identificata con il portico a due navate su pilastri, situato sul lato sinistro del Tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare[7] e pertinente al rifacimento traianeo del complesso.
Nota anche come Basilica Constantini o Basilica Nova, fu iniziata da Massenzio intorno al 305 sulle pendici della Velia verso il Foro Romano[9] e completata sotto Costantino. Probabilmente nel IV secolo ebbe aggiunti un ingresso porticato verso la via Sacra e un'abside nel nicchione centrale della parete opposta.
Si tratta di una piccola basilica eretta sul Celio[11] e posta sotto il moderno Ospedale militare. Fu costruita alla metà del II secolo, per volere del margaritarius (commerciante di perle) Manio Publicio Ilario[12] e destinata al collegio dei dendrofori, un collegio religioso collegato al culto della Magna Mater e di Attis[13], di cui Ilario era quinquennalis perpetuus[14]. Il complesso, rimaneggiato nel III secolo, fu abbandonato nel VII, forse in seguito al terremoto del 618. Era parzialmente interrata: dodici gradini profilati in marmo portavano ad un vestibolo con mosaici in bianco e nero, raffiguranti un occhio colpito da una lancia e un anello di uccelli e animali intorno; una soglia raffigurante l'impronta di due piedi, uno entrante e l'altro uscente, portava ad una stanza con un bacino e la base di una statua dedicata ad Ilario[15].
Ricordata da Vitruvio come un edificio lungo e stretto, con vestiboli (chalcidica) sui due lati corti, di ignota collocazione (forse il nome della fase cesariana della Basilica Giulia).
Basilica Marciana e Basilica Matidiae
Probabilmente da identificare con i portici che fiancheggiavano il tempio dedicato a Matidia nel Campo Marzio[16].
Filippo Coarelli, «I monumenti dei culti orientali in Roma», in La soteriologia dei culti orientali nell'Impero romano, Brill Archive, 1982, ISBN 9789004065017, p. 34.