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Movimento religioso Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il bábismo [1] è un movimento religioso praticato dai Bábí (in persiano بابی ها, Bābihā); fiorì in Persia dal 1844 al 1853, e fu fondato da Siyyid `Alí-Muhammad di Shiraz, noto con il titolo di Báb, ossia "Porta".
Diversamente da altri movimenti islamici il babismo segnò un avanzamento rispetto all'Islam tradizionale e diede vita ad un sistema religioso autonomo.
Il movimento fondato dal Báb, perseguitato e violentemente combattuto fin dall'inizio dal clero islamico e dalle autorità di governo persiane del tempo, aprì un nuovo ciclo religioso e fu precursore della Religione bahá'í [2].
Nell'Islam sciita un numeroso gruppo di credenti, i duodecimani, credono nella legittima successione di dodici Imam, a partire da ʿAlī b. Abī Tālib, quarto califfo musulmano fino all'ultimo, Muhammad al-Mahdi[3]. Essi sostengono che Muhammad al-Mahdi, il dodicesimo Imam, non è morto, bensì nascosto dall'874 e che la comunicazione tra l'Imam nascosto e il popolo dei credenti abbia fruito di mediatori chiamati Báb, porta, o Na'ib, rappresentanti.[4] Alla fine dei Tempi il 12º Imam, Muhammad al-Mahdi, tornerà a manifestarsi nella veste di Mahdi per ristabilire la giustizia in Terra.[4]
Gli sciiti ismailiti riconoscono invece solo i primi sei degli Imam accettati dai duodecimani. Per gli Ismailiti il settimo Imam non è Musa ibn Ja’far detto al-Kazim, riconosciuto dai sciiti duodecimani; bensì l'Imam Isma’il che tuttavia era premorto al padre. Essi sostengono che Isma’il non fosse morto, bensì occultato e che sarebbe tornato a manifestarsi come il Mahdi.
Nella prima metà dell'Ottocento la Persia si trovava in una difficile situazione socio-economica e culturale. Le sconfitte subite nelle due rovinose guerre russo-persiane (1804-13, 1826-28), della durata totale di dodici anni, avevano portato a umilianti trattati; prima quello di Golestan e, successivamente, nel 1828 quello di Turkmenchay. Oltre a significative cessioni territoriali, la Persia aveva dovuto accettare di versare alla Russia ingenti somme a titolo di risarcimento. Fath Ali Shah pensava soprattutto a divertirsi (aveva 150 mogli). Morto lui nel 1834 gli subentrò il nipote Muhammad. Quest’ultimo, incapace e sofferente di gotta, malattia che lo portò alla morte all'età di 40 anni, non fu in grado di migliorare la grave situazione. La Persia era virtualmente in bancarotta e le provincie di fatto autonome. La corruzione e l’oppressione dei governanti dilagava. Il popolo era prigioniero di superstizioni e fantasie. Il Paese era in balia di ingerenze russe e inglesi. Ambrogio Donini (1903-1991), storico delle religioni presso l’Università di Roma, descriveva con le seguenti parole il momento storico in cui nacque il bábismo: “un Paese atrocemente sfruttato dall’aristocrazia feudale indigena e dal dominio straniero”.[5]
Il naturalista piemontese, medico e letterato Michele Lessona, diplomatico e dal 1892 fino alla morte Senatore, che nel 1862 aveva compiuto un viaggio in Persia al seguito d'una missione scientifico-diplomatica, una delle prime del Regno d'Italia, così scrive alle p. 16/17 nel suo saggio I Bábí, testo d'una conferenza da lui tenuta alla Società Filotecnica di Torino il 5 e il 12 dicembre 1880:
Il clero in Persia è corrottissimo: amministra a un tempo la religione e la giustizia, la prima male, la seconda pessimamente; falsa i testamenti, froda gli averi, vende la giustizia, fa l'usura, si abbandona al libertinaggio. I potenti lo temono, gli abbienti lo odiano, le moltitudini lo disprezzano e sfruttano, pronte a dileggiarlo e a schernirlo, pronte a insorgere a un suo grido che le chiami a rivolta; ogni moschea ha un minore o maggior numero di accattoni che vivono della broda di cui fa loro l'elemosina, e che sono strumenti di violenza e di rapina e di strage in mano ai preti. Non vorrei che questo quadro potesse esser creduto esagerato; i nostri periodici clericali mi fanno talora l'onore di dichiararmi loro avversario e non mi piacerebbe che si credesse ora che, io voglia tirare ai preti di Torino parlando di quelli di Teheran. Le cose che dico me le son sentite dire e ripetere dai più assennati europei che trovai in Persia, da quelli che dimorando da parecchi anni in Persia e bene conoscendone la lingua ebbero modo di addentrarsi molto nelle cose del paese."
In tale atmosfera buia e opprimente, alcuni studiosi islamici, più che per impotenza e disperazione, si convinsero che fosse maturato il tempo dell'intervento divino con l’avvento del Mahdi. Si formò così un gruppo guidato da Shaykh Ahmad Ahsa'i che, a quarant'anni lasciò la casa e i famigliari e, in base a scrupolosi studi sul Corano e alle implicite sue profezie fu conosciuto come uno dei maggiori studiosi ed interpreti delle Sacre Scritture islamiche e proclamato mujtahid, dottore nella legge islamica, che fondò lo Shaykhismo. Morto il fondatore nell'anno 1242 A. H. gli subentrò Siyyid Kázim. Tale degno e designato successore dello shaikhismo si trasferì a Karbala, città santa per gli Sciiti, dove proseguì il lavoro iniziato dal primo maestro e dove tenne le sue lezioni di teologia. I Pellegrini sciiti, in gran parte esponenti religiosi, spesso si fermavano per qualche giorno a Karbala per assistere alle sue lezioni.
Il risiedere in centri sedi di pellegrinaggio fu utile, oltre un secolo dopo, anche all'Ayatollah Khomeini il quale scegliendo di vivere a Najaf (altra città santa degli sciiti, sempre in Iraq, a un centinaio di chilometri da Karbala) ebbe modo d'incontrare esponenti del clero provenienti dalle varie località iraniane e organizzare in seguito la sua rivoluzione.
Siyyid Kázim, con tutt'altra logica, in base agli accurati studi studi islamici intrapresi dal suo predecessore e da lui proseguiti, riteneva invece imminente l'apparizione del Mahdi, tanto che prima di morire a Karbala (1259 A.H.), chiese ai suoi seguaci di lasciare le loro case per mettersi alla ricerca del Mahdi [6].
Siyyd 'Alí-Muhammad, in occasione d'un pellegrinaggio a Karbala, aveva conosciuto la scuola di Siyyid Kázim, il secondo maestro Shaykhi, assistendo con riserbo a qualche sua lezione.
La morte di Siyyid Kázim vide acuirsi l'attività dei suoi oppositori clericali ma stimolò anche la determinazione dei suoi fedeli seguaci nel seguire le sue finali indicazioni. Il più noto fiduciario di Siyyid Kázim, Mullá Husayn-i-Bushru'í, nell'ultima fase di vita terrena di Siyyid Kázim era impegnato in una missione che lui gli aveva affidato, e, al ritorno a Karbala, il suo amato maestro era defunto da poco.
Come sollecitati da Siyyid Kázim, diciotto dei suoi seguaci decisero di partire senza una specifica destinazione in cerca del Mahdi, con l'intensa speranza di trovarlo, tra loro Mullá Husayn-i-Bushru'í che, dopo essersi ritirato in una moschea, per quaranta giorni di preghiera e digiuno, si diresse verso l'Iran, e quando mesi dopo giunse nei pressi della città di Shiraz incontrò casualmente Siyyid `Alí-Muhammad.
La sera del 23 maggio 1844 Mullá Husayn invitato a casa da Siyyid `Alí-Muhammad, dopo averlo incontrato avanti il calar del sole alle porte della città di Shiraz, gli comunicò che stava cercando il Promesso, come indicato da Siyyid Kázim. Fu allora che Siyyid `Alí-Muhammad gli suggerì di valutare se poteva essere lui il Promesso, il possessore della conoscenza divina. [7]
Dopo un'attenta riflessione e dopo che Siyyid `Alí-Muhammad aveva risposto in modo più che soddisfacente a tutte le sue domande ed aveva scritto in sua presenza, con estrema rapidità ed in attuazione a una recondita sua aspettativa, un valido commento sulla sūra di Giuseppe, Mullá Husayn fu il primo ad accettare che il suo anfitrione fosse in sé stesso la rivelazione della Porta verso la Verità e l'Iniziatore di un nuovo ciclo profetico.[8]In quella prima fase Siyyid `Alí-Muhammad non si definì il Mahdi, bensì "la Porta" (in arabo Báb) attraverso cui comunicare con il Mahdi a lungo atteso dagli sciiti.
Dopo che Mullá Husayn riconobbe e accettò quella nascente rivelazione, il Báb gli disse d'attendere che altri diciassette seguaci trovassero e accettassero da soli la sua Rivelazione prima di comunicarlo ad altri.
Nei cinque mesi successivi anche altri diciassette ricercatori accettarono autonomamente la rivelazione che il Báb fosse una Manifestazione di Dio, divenendone seguaci[9].
Fra questi c'era anche una donna, Zarrín Táj Baragháni, una poetessa che avrebbe ricevuto il titolo di Táhirih, la Pura.
Questi diciotto seguaci furono chiamati dal Báb Lettere del Vivente e si dedicarono alla diffusione della nuova Fede in Iran e Iraq [10]
Dopo quella dichiarazione, Siyyid `Alí-Muhammad come profeticamente atteso assunse il titolo di Báb, Porta. La purezza morale dei babì divenne proverbiale nella Persia del XIX secolo, come risulta da unanimi testimonianze di viaggiatori europei" [11] e ciò contrastava fortemente con la corrotta vita del clero 'musulmano sciita' di Persia [11], tale evidenza guadagnò rapidamente numerosi seguaci alla causa del Báb. In pochi anni quel movimento si diffuse in tutto l'Iran, causando contrasti e polemiche [12]. Nel tempo Seyyid Alí Mohammad chiarì che non era soltanto “la Porta attraverso cui raggiungere il Mahdí”, ma il Mahdí stesso: una nuova Manifestazione di Dio; si pose cioè allo stesso livello dei fondatori delle grandi religioni come Cristo e Maometto.
La predicazione del Báb e quella delle Lettere del Vivente ebbero un grande successo presso tutte le classi sociali iraniane e moltissimi accettarono quel messaggio rigeneratore e i suoi insegnamenti [13]. Ci furono anche numerosi disordini e la storia del bábismo è una storia di persecuzioni e sangue ripetutasi in varie località della Persia. Nell'estate del 1847 il Báb venne arrestato e inviato come prigioniero nella fortezza di Máhkú sulle impervie montagne dell’Azerbaigian.
Tra gli eventi molto significativi nella storia del movimento babista del tempo ci fu la Conferenza di Badasht, a sei chilometri da Shahrud (Khorasan), tenuta nel giugno-luglio 1848, che segnò la sua emancipazione dall'Islam e il distacco dei Bábí dalla legge islamica
I tre personaggi chiave della conferenza furono Bahá'u'lláh, il futuro fondatore della Fede bahá'í, Quddús, e Táhirih.
Táhirih, un'erudita studiosa del Corano e della lingua araba, durante quella conferenza, riuscì a convincere molti degli altri partecipanti sulla giustezza della rottura con l'Islam tradizionale e, ella stessa, per segnare e rafforzare tale rottura, apparve in pubblico senza chador [6].
Dopo quella conferenza, Quddús e Táhirih incontrarono a Barfurush Subh-i-Azal, che il Báb nominerà come suo successore in quello che è noto come suo Testamento, in attesa di Colui Che Dio manifesterà[14]
A seguito del convegno di Badasht, dopo essere tornato a Mashhad, su indicazione del Báb, Mullá Husain marciò con un gruppo di compagni verso Barfurush, oggi Babul (Màzanderàn), innalzando lo Stendardo nero, simbolo profetico dell'avvento del Máhdi. Il clero islamico, preoccupato per l'influenza di tale gruppo, fomentò gli abitanti di Barfurush contro Mullá Husain e compagni, i quali si rifugiarono presso il mausoleo di Shaykh Tabarsí. In uno stato di crescente preoccupazione il clero chiese l'intervento delle truppe dello Shàh, che assediarono i bábí con scarso successo per molti mesi. Su richiesta dello Shah intervenne poi il principe Mihdí-Qulí Mírzá a guidare gli attacchi dell'esercito, ma invano. Anche la morte di Mullá Husain, leader del gruppo asserragliato, non risolse l'assedio: i babì si fermarono dal difendersi solo a seguito di un giuramento ingannevole del nemico, e allora furono massacrati (luglio-agosto 1849).
<<Ora … (nel 1849 – 1851) in tutta la Persia cadde fuoco sulle famiglie bábí e ciascuna di esse, in qualsiasi villaggio fosse, fu, all’insorgere del minimo sospetto, passata per la spada. Più di quattromila persone furono uccise e una grande moltitudine di donne e bambini, lasciati senza protettore e senza aiuto, sconvolti e atterriti, furono calpestati e distrutti>> (A Traveller’s Narrative, pp. 47-8) "Da Teheran si ha che ivi continuano le persecuzioni. gli arresti e le esecuzioni degli affiliati alla setta dei Babì. Indicibili sono i tormenti ai quali essi vengono sottoposti. L'ambasciatore inglese, colonnello Shell, e quello di Russia si sono creduti in dovere di reclamare contro tante barbarie, e di chiedere, come una grazia la semplice esecuzione degli arrestati". [15]
A Nairìz (Fars) ebbe luogo un'altra eroica sollevazione bábí. Barricatisi nel vecchio castello, vi si difesero eroicamente col favore della popolazione per parecchi giorni, finché alla fine furono tutti massacrati (gennaio 1850).
Quasi contemporaneamente, a Zanjan, divampava un'insurrezione di proporzione ancora più vasta. Dopo varie ed alterne vicende che implicarono sanguinose sconfitte dei disorganizzati e stanchi eserciti imperiali, i babí, che erano più di tremila, furono anche lì ingannati da false promesse e crudelmente massacrati (febbraio 1850).[16]
Precedentemente, nel luglio del 1848, il Báb fu sottoposto a un processo a Tabriz dove ribadí, davanti a un principe della corona e al clero, la sua missione di máhdi [17]. Alla fine fu condannato a morte, ma l'esecuzione venne rinviata in attesa di accertamenti circa un'ipotetica infermità mentale.
Le suddette battaglie, insieme ad altre preoccupazioni, misero in crisi la stabilità stessa del governo Imperiale. Il Primo Ministro Mirzà Taqì Khán ritenne che la morte del fondatore di tale movimento avrebbe risolto tutti i problemi. Fu dato l’ordine della condanna a morte e così il Báb fu poi fucilato il 9 luglio 1850.
Solo nel 1909, dopo molto tempo, le sue martoriate spoglie furono tumulate in uno speciale mausoleo sul Monte Carmelo ad Haifa in Israele, Mausoleo eretto nella sua prima e basilare costruzione da 'Abdu'l-Bahá, su indicazione del luogo di sepoltura avuta dal padre.
Il 16 agosto 1852 due bábí, ancora sconvolti dall’uccisione del Báb attentarono alla vita dello Scià Nàsiri'd-Din. Il loro tentativo fallì, ma scatenò un'ulteriore e violenta ondata di terrorismo in cui furono giustiziate numerose personalità aderenti alla Fede, tra cui la poetessa Táhirih. Le persecuzioni continuarono poi sporadicamente in tutta la Persia e la storia bahà’i narra di 20.000 martiri a partire dal 1844.[18]
Bahá'u'lláh, il fondatore della Fede bahá'í, ebbe notizia del Báb attorno ai 27 anni, tramite un contatto con l'inviato di Mullá Husayn che gli consegnò uno scritto del Báb. Egli ne riconobbe e accettò immediatamente la rivelazione, ne divenne uno dei più influenti seguaci e lo aiutò nella diffusione del suo movimento specialmente nella sua provincia d'origine [19].
Bahá'u'lláh, nell'estate del 1848, partecipò al congresso di Badasht, nella provincia di Khorasan, dove 81 eminenti seguaci del Báb si incontrarono per 22 giorni.
In quel congresso si svilupparono due correnti di pensiero: una che tendeva a conservare la tradizionale legge islamica e l'altra che riteneva che con la rivelazione del Báb iniziava una nuova era. Bahá'u'lláh appoggiò questa seconda linea sostenuta da Táhirih che alla fine risultò vincente e segnò la rottura con l'Islam e la sua legge tradizionale [20].
Dopo la fucilazione del Báb, nel 1850, vi furono dei disordini che nell'agosto del 1852 portarono a un attentato contro lo scià Nasiri'd-Din Shah che non riuscì[21].
Bahá'u'lláh aveva esecrato quell'insano proposito d'una persona a lui nota, ma inutilmente: l'attentato ebbe luogo il 15 agosto 1852, per fortuna senza successo [21]. Gli attentatori furono uccisi e nonostante avessero dichiarato di avere agito da soli si scatenò un pogrom contro l'intera comunità di seguaci del Báb. Molti vennero uccisi, altri, compreso Bahá'u'lláh, furono imprigionati [21].
Bahá'u'lláh in seguito riferì che durante quella sua reclusione nella tetra e sotterranea prigione di Teheran ebbe diverse esperienze mistiche e una visione che gli indicò di essere il Messaggero di Dio, colui la cui venuta era stata profetizzata dal Báb [22].
Liberato dalla prigionia, anche a seguito delle pressioni dell'ambasciatore russo che ne chiedeva la liberazione, Bahá'u'lláh fu esiliato e divenne in seguito l'esponente più importante della comunità babista[21].
Il 21 aprile 1863, Bahá'u'lláh rivelò pubblicamente ad alcuni seguaci la sua missione di messaggero di Dio e di essere una Manifestazione di Dio.
«[Rivelò] di essere Colui la cui venuta era stata predetta dal Báb: il Prescelto da Dio, il Promesso da tutti i profeti!»
Quella rivelazione fu l'inizio di una nuova fase per la Comunità babí e costituì il punto di partenza della Fede bahá'í come movimento distinto e separato dal babismo: nasceva, così, la religione bahá'í della quale il babismo fu precursore [21].
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