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matematico, filosofo ed esoterista italiano (1878-1946) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Arturo Reghini (Firenze, 12 novembre 1878 – Budrio, 1º luglio 1946) è stato un filosofo ed esoterista italiano.
Storico e docente di matematica,[1] discepolo di Amedeo Rocco Armentano e attivista della sua Schola Italica di indirizzo pitagorico, fu anche tra gli esponenti principali del Gruppo di UR, di cui nel 1928 apparve come il curatore dell'omonima rivista con lo pseudonimo «Pietro Negri», insieme a Giulio Parise e al direttore Julius Evola.[2]
Si laureò nel 1912 in matematica all'Università di Pisa, dedicandosi all'insegnamento della materia in vari istituti superiori in Toscana, a Roma ed in Emilia-Romagna.
Promotóre del Pitagorismo, Reghini fu affiliato a vari gruppi dell'esoterismo italiano. Nel 1898 entrò nella Società Teosofica e ne fondò la sezione romana. Più tardi, nel 1903, fonderà a Palermo la Biblioteca Teosofica, alla quale poi cambierà nome in Biblioteca Filosofica, dopo averne trasferito la sede a Firenze.[3] Nel 1902 era stato iniziato al Rito di Memphis di Palermo (rito massonico di ispirazione egizia) e nel 1907 entrò a Firenze nella loggia «Lucifero», dipendente dal Grande Oriente d'Italia.[4]
Aderì per breve tempo anche al Martinismo papusiano, che in Italia era diretto dall'avvocato Alessandro Sacchi, alla cui maestranza e pubblicistica Reghini attribuirà notevoli carenze,[5] in varie occasioni (da ultimo su Ignis, nel 1925).[6] Sempre nel 1907, comincia la sua collaborazione con Amedeo Rocco Armentano, che lo avvierà allo studio del pitagorismo. Nel 1912 entrò nel Supremo Consiglio Universale del Rito Filosofico Italiano,[7] dal quale vorrà dimettersi nel 1914, non avendo infatti un'alta opinione dello stato della massoneria in Italia[8]. Insignito del 33° e massimo grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, nel 1921 entrerà a far parte come membro effettivo del Supremo Consiglio d'Italia, di cui fu Gran cancelliere e Segretario generale[9]. Secondo un'interpretazione storica recente sarebbe stato il teorico del "massonismo fascista"[10].
Gli anni della Grande Guerra videro discepoli e maestri della Schola Italica Pitagorica partire volontari per il fronte. Reghini partecipò attivamente alla manifestazione romana del maggio 1915, culminata in Campidoglio, indetta per ottenere la dichiarazione di guerra italiana contro gli Imperi Centrali. Accolto nell'Accademia Militare di Torino come allievo ufficiale del Genio il 1º febbraio 1917, successivamente partì volontario per il fronte, ottenendo sul campo il grado di capitano.
Il 18 dicembre 1923, Reghini ed il suo Maestro Armentano crearono a Roma l'Associazione Pitagorica, che riprendeva le fila di esperienze tradizionali richiamandosi operativamente al sodalizio pitagorico dell'antichità. Lo stesso anno pubblicò la traduzione dello stevensoniano Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, contribuendo alla diffusione in Italia della fama del celebre autore scozzese. Durante il 1926, con Giulio Parise soggiornò a lungo, vicino a Scalea, nella Torre Talao messagli a disposizione da Armentano -allora già emigrato in Brasile-; e in Calabria Reghini portò a termine la traduzione, prima edizione in italiano, della Filosofia Occulta di Cornelio Agrippa, con uno studio introduttivo che, ad oggi, è la più autorevole testimonianza sul filosofo tedesco.
Scrisse su pubblicazioni di vario genere: nel 1906 sul papiniano Leonardo, poi su La Salamandra, Rassegna Massonica, O' Thanatos;[11] fondò Atanòr (1924) e Ignis (1925, ripresa per un solo numero nel1929, quando ne fu imposto il divieto a stamparla, da parte del regime fascista); UR (1927-1928, con Giovanni Colazza, Julius Evola come direttore, Giulio Parise, Arturo Onofri e altri).
Contrasti d'idee e caratteriali prevalsero, alla fine del 1928, nel rapporto di collaborazione fra Evola e Reghini, provocando la scelta evoliana di allontanamento di questi, assieme a Giulio Parise, da UR (rivista nata per divulgare l'intento dell'occulto Gruppo di Ur, nella quale Reghini pubblicò con l'eteronimo di Pietro Negri); e se ne ebbero anche strascichi giudiziari: infatti Evola tenterà di fare incriminare Reghini per affiliazione massonica (affiliazione che costituiva reato dopo l'imposizione di scioglimento delle "associazioni segrete" decretata dal regime fascista nel 1925); ma il potere giudiziario optò infine per un "accordo" tra i due onde evitare uno scandalo[12].
I contrasti tra Evola e Reghini si erano inoltre accresciuti dopo che il libro di Evola Imperialismo pagano del 1928 venne accusato di aver plagiato un testo omonimo di Reghini apparso nel 1914 su La salamandra[13]. Negli anni seguenti, per via dell'emarginazione dell'esoterismo italiano da parte del fascismo, Reghini si ritirò progressivamente dalle attività pubbliche, dedicandosi all'insegnamento di materie scientifiche nell'istituto privato "Quirico Filopanti" di Budrio (diretto da Camilla Partengo),[11] e alla meditazione, in chiave pitagorica, della filosofia e delle scienze matematiche. Spicca la sua opera sulla Restituzione della geometria pitagorica, poi nel 1935 data alle stampe.[14][14][15][16] Tra le sue lettere afferma inoltre di aver rinvenuto una soluzione semplificata per le equazioni diofantee quadratiche.
«Dal punto di vista matematico è stato mio intendimento riportare la trattazione dell'aritmetica alla sua antica maniera, ossia tornare agli inizii della teoria dei numeri. In sostanza la risoluzione dell'equazione generale di secondo grado con due incognite costituisce il passo iniziale di questo argomento e si può considerare una irrisione che la matematica moderna debba ricorrere a nozioni di aritmetica superiore come la teoria delle congruenze e delle forme quadratiche per risolvere o meglio tentare di risolvere un'equazione così semplice come la . Questo primo passo è stato ora fatto. Il resto verrà per opera di altri.»
Scrisse ancora varie opere che solo in parte verranno pubblicate, dopo la sua scomparsa.[14]
Curò fondamentali traduzioni (con introduzione e note), tra cui:
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