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scultore e pittore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Andrea di Michele di Francesco di Cione detto Il Verrocchio (Firenze, 1435[1] – Venezia, 1488) è stato uno scultore, pittore e orafo italiano.
Attivo soprattutto alla corte di Lorenzo de' Medici, alla sua bottega si formarono allievi come Leonardo da Vinci, Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Domenico Ghirlandaio, Francesco Botticini, Francesco di Simone Ferrucci, Lorenzo di Credi, Bartolomeo della Gatta, Luca Signorelli. Rivestì un ruolo importante nella tendenza a misurarsi con diverse tecniche artistiche, manifestatesi nella Firenze di fine Quattrocento, e infatti la sua bottega divenne polivalente, con opere di pittura, scultura, oreficeria e decorazione, così da poter far fronte all'insistente domanda proveniente da tutta l'Italia di prodotti fiorentini.
Nacque a Firenze tra il 1434 e il 1437 nella parrocchia di Sant'Ambrogio (la sua casa natale si trova oggi tra via dell'Agnolo e via de' Macci). Sua madre Gemma mise al mondo otto figli ed Andrea fu il quinto. Il padre, Michele di Cione, era fabbricante di piastrelle e successivamente esattore delle tasse. Durante la sua infanzia, nell'agosto del 1452, uccise senza volerlo un suo compagno di giochi (Antonino, figlio di Domenico di Antonio) lanciando sassi per scherzo insieme ad altri amici.[2]
Andrea non si sposò mai e dovette provvedere al sostentamento di alcuni tra i suoi fratelli e sorelle, a causa dei problemi economici della sua famiglia. La sua notorietà crebbe notevolmente quando venne accolto alla corte di Piero e Lorenzo de' Medici, dove rimase fino a pochi anni prima della sua morte, quando si spostò a Venezia, pur mantenendo la sua bottega fiorentina.
Il primo documento che lo cita risale al 1452 ed è relativo ad una rissa dove egli risulta innocente dall'accusa di avere ucciso con un sasso un ragazzo quattordicenne, tale Antonio di Domenico. Suo fratello Simone fu un monaco di Vallombrosa e divenne abate di San Salvi. Un fratello fu operaio tessile e una sorella sposò un barbiere. Iniziò a lavorare come orafo, nella bottega di Giuliano Verrocchi, dal quale sembra che Andrea abbia in seguito preso il cognome. I suoi primi approcci alla pittura risalirebbero alla metà degli anni 1460 quando lavorò a Prato con Fra Filippo Lippi nel coro del Duomo. Resta famosa una denuncia anonima di sodomia che coinvolse quello che diventerà probabilmente il più famoso tra gli allievi della sua bottega: il giovane Leonardo da Vinci.
Nel 1465 circa scolpì il lavabo della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, mentre tra il 1465 e il 1467 eseguì il monumento funebre di Cosimo de' Medici nella cripta sotto l'altare della stessa chiesa e nel 1472 terminò il monumento funebre per Piero e Giovanni de' Medici. Lo scultore sceglie di sistemare il sarcofago entro un'arcata completata da un reticolo bronzeo, che ha la funzione di mediare la luce. Grazie a questo espediente il sarcofago risalta sia per la policromia dei materiali che per la raffinatissima fattura degli elementi naturalistici. Gli elementi in bronzo completano il monumento.
Nel 1466, quando era appena trentenne, il Tribunale di Mercatanzia gli commissionò il gruppo scultoreo dell'Incredulità di san Tommaso per la chiesa di Orsanmichele. La nicchia nella quale sono inseriti i due personaggi fu realizzata da Donatello, e conteneva un San Ludovico di Tolosa, oggi nel Museo di Santa Croce. Nuova è la disposizione in diagonale del gruppo, con il piede di San Tommaso che fuoriesce dal piedistallo. L'espressione dei sentimenti - la dolcezza paterna del Cristo – lo stupore di San Tommaso – viene ribadita e amplificata dalla eccezionale ridondanza dei panneggi: quello del Cristo più dolce, invece agitato e inquieto quello dell'apostolo. Verrocchio anticipa attraverso la caratterizzazione del panneggio e la sottolineatura dei gesti e dei sentimenti, lo stilismo del barocco. L'opera fu terminata nel 1483.
Lo stile del Verrocchio in pittura è intensamente realistico, con modi ripresi dalla pittura fiamminga, costituito da una linea espressiva e ricca di pathos. Tra il 1474 e il 1475 realizzò il Battesimo di Cristo, ora agli Uffizi, con il giovane allievo Leonardo da Vinci, che dipinse quasi sicuramente l'angelo di sinistra e i fondali paesistici.
In quest'opera la composizione è triangolare con al vertice la ciotola nella mano di San Giovanni Battista e come base la linea che collega il piede sinistro del Battista a quello dell'angelo inginocchiato; in essa è inscritta e funge da centro visivo la figura del Cristo in piedi che dà alla scena un movimento rotatorio, accentuato dalla posizione di tre quarti dell'angelo sulla sinistra, che volge le spalle all'osservatore.
In questo angelo è stata riconosciuta la mano di Leonardo, diversa per la grazia e morbidezza rispetto alle altre figure monumentali e definite dalla linea incisiva del contorno; allo stesso modo il paesaggio sullo sfondo aperto su di un'ampia valle percorsa da un fiume, reso con valori atmosferici che ne hanno ammorbidito e sfumato le forme, si differenzia dalle rocce rozzamente squadrate.
L'unico dipinto, totalmente autografo, giunto ai giorni nostri di cui è praticamente certa l'attribuzione al Verrocchio è la Madonna e bambino con i santi che si trova nella Cattedrale di Pistoia.
Del 1468 è il candelabro, ora al Rijksmuseum di Amsterdam, realizzato per un corridoio di Palazzo Vecchio. La base è formata da tre lati, su due dei quali è scritto rispettivamente MAGGIO e GIUGNO, sul terzo vi è la data in numeri romani, 1468. Nei primi anni settanta del Quattrocento compì un viaggio a Roma.
A partire dalla seconda metà degli anni 1470 il Verrocchio si dedicò principalmente alla scultura, secondo le leggende narrate dal Vasari per via del confronto con il suo allievo Leonardo che aveva superato il maestro. Attenendosi in un primo tempo ai modelli canonici fiorentini, come nel David bronzeo del Bargello, su commissione di Lorenzo e Giuliano de' Medici del 1475 circa, riprese lo stesso soggetto di Donatello, ma stilisticamente, vista l'idealizzata e goticizzante bellezza, si rifece al Ghiberti, risolvendo il tema dell'eroe cristiano in un paggio cortese.
Nel 1477 fu chiamato ad eseguire il cenotafio del cardinale Niccolò Forteguerri per la Cattedrale di San Zeno a Pistoia, che lasciò incompiuto [3] e per la cui questione attributiva, chiarita in un esauriente studio[4], Alberto Busignani ne riporta le vicissitudini alla fine delle quali l'opera, commissionata agli Operai di Sant'Jacopo dal Comune di Pistoia, cui molti concorsero e per la quale si scomodarono a diversi livelli anche Lorenzo il Magnifico e Piero del Pollaiolo, della quale al Verrocchio spetterebbero «soltanto la figura della speranza e del Dio Padre con gli angeli, di cui forse non fece che il modello» e che alla realizzazione finale concorsero Lorenzo Lotti e altri[5], tutti insieme concorrendo «a fare una cosa goffa anzi che no», così almeno il Vasari valutò.[6]
Nel 1478 circa realizzò il Putto alato con delfino, originariamente destinato a una fontana per la villa medicea di Careggi, dove l'acqua usciva dalla bocca del delfino e spruzzava in alto ricadendo, ora conservato a Palazzo Vecchio. In esso si percepiscono echi del dinamico naturalismo appreso da Desiderio da Settignano, che lo indirizzò verso la trasfigurazione della materia scultorea in morbide forme levigate, mentre il soggetto deriva dall'antico, ma reinterpretato in un sorridente putto danzante, in precario equilibrio, con il manto che si incolla alla schiena e il ciuffo bagnato, appiccicato alla fronte.
Dello stesso periodo è il busto della Dama col mazzolino, dove per evitare una rigida visione frontale e per rendere più dinamica la composizione girò il volto della donna e, grazie all'espediente del taglio del ritratto all'altezza dell'ombelico, poté inserirvi anche le mani. Sempre dello stesso periodo è il rilievo per il monumento funebre di Francesca Tornabuoni per la basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma (ora al Bargello).
Nel 1479 la Repubblica di Venezia decretò la realizzazione di un monumento equestre per il condottiero Bartolomeo Colleoni, morto nel 1475, da collocare in campo Santi Giovanni e Paolo, nel 1480 ne affidò l'esecuzione ad Andrea Verrocchio, nel 1481 il modello di cera venne mandato a Venezia, dove nel 1486 si trasferì l'artista per attendere alla fusione in bronzo del gruppo. Andrea morì nel 1488 a lavoro non terminato, l'artista aveva nominato erede ed esecutore Lorenzo di Credi, ma egli preferì di cedere il lavoro a Alessandro Leopardi, artista locale. Per la realizzazione del gruppo Andrea si rifece alla statua equestre del Gattamelata di Donatello, alle statue antiche di Marco Aurelio, dei cavalli di San Marco e del Reggisole, ma aveva anche presente l'affresco con Giovanni Acuto di Paolo Uccello in Santa Maria del Fiore.
La statua è inoltre notevole per l'espressione attentamente osservata sul volto del Colleoni: il condottiero, rivestito dall'armatura, si erge in posa solenne e con lo sguardo aggrottato, sottolineato dalla zona d'ombra data dal cimiero; l'effetto dinamico del gruppo è dato dall'incrocio di due diagonali: una, quella formata dal profilo superiore del corpo del cavallo, l'altra, quella che va dal busto del condottiero alla zampa anteriore sinistra del cavallo, piegata ad angolo retto. Il monumento equestre si ispira al Gattamelata di Donatello ma se ne differenzia per la forma aperta, la figura imperiosa fortemente caratterizzata e per nulla idealizzata del condottiero.
Deceduto nel 1488, Andrea del Verrocchio venne sepolto nella Chiesa di Sant'Ambrogio a Firenze, però oggi vi è presente solo la pietra tombale poiché i suoi resti sono andati perduti.
Gli viene inoltre attribuita la Madonna Ruskin della National Gallery of Scotland a Edimburgo, datata al 1470 e alla sua bottega sono da riferire le tavole della National Gallery di Londra con Tobiolo e l'angelo, realizzata tra il 1470 e il 1480 e la Madonna col Bambino e due angeli del 1470 circa.
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