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serial killer italiano (1962-) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Andrea Matteucci, noto anche con il soprannome Il mostro di Aosta (Torino, 24 aprile 1962), è un serial killer italiano, responsabile di 4 omicidi commessi tra gli anni ottanta e novanta. È l'unico serial killer italiano noto della Valle d'Aosta.
Andrea Matteucci | |
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Andrea Matteucci fotografato durante l'arresto | |
Soprannomi | Il mostro di Aosta |
Nascita | Torino, 24 aprile 1962 |
Vittime accertate | 4 |
Periodo omicidi | 30 aprile 1980 - 12 maggio 1995 |
Luoghi colpiti | Valle d’Aosta |
Metodi uccisione | accoltellamento, assalto con arma bianca e arma da fuoco, aggressione fisica |
Altri crimini | atti di necrofilia e smembramento, tentato omicidio, furto d'auto, occultamento di cadavere |
Arresto | 26 giugno 1995 |
Provvedimenti | 28 anni di carcere, 3 anni di reclusioni, internamento in una struttura sanitaria |
Periodo detenzione | 26 giugno 1995 - 11 marzo 2017 |
Nasce a Torino. Suo padre, un operaio con precedenti penali per furto e ricettazione, abbandona la famiglia l'anno in cui nasce il figlio. La madre, Maria Pandiscia, lascia Andrea in affidamento alla sorella Lina, a Foggia. All'età di cinque anni si trasferisce con la madre ad Aosta, in un istituto religioso dove vive fino ai 9 anni. Della madre, dirà: «Faceva la prostituta e mi faceva assistere agli incontri con i suoi clienti. Io odio le donne che si fanno pagare per stare con gli uomini»[1]. A 14 anni tenta di rapinare la macelleria dove lavorava, ma una settimana dopo si costituisce. Dai 14 ai 18 anni rimane in comunità. Appena maggiorenne va a lavorare come meccanico a Quart.
La sera del 30 aprile 1980, uscito da casa, incontra al Teatro romano di Aosta il commerciante Domenico Raso. L'uomo, segretamente omosessuale, gli fece avances sessuali e Matteucci lo uccise con un coltello da boyscout. Raso aveva famiglia, e questo portò Andrea a credere di aver fatto la cosa più giusta perché «un uomo non può fare certe cose»[1]: il suo stato mentale ne risultò alterato, credendo che chi ha famiglia e tenta atti sessuali extraconiugali non meriti la vita.
Matteucci non viene scoperto dagli investigatori e pochi mesi dopo il delitto parte per il servizio militare, durante il quale chiede di entrare nella Folgore a Livorno. Si congederà nel 1983 col grado di caporal maggiore. Nello stesso anno si sposa e va a vivere a Villeneuve, dove trova lavoro come commesso in un negozio di alimentari. Nel 1987 ha un primo figlio e inizia a lavorare come scalpellino, prima sotto varie ditte e poi in proprio in un laboratorio ad Arvier; nel frattempo il rapporto con la moglie va deteriorandosi.
Una sera del 1992 incontra la prostituta torinese Daniela Zago a Brissogne. I due hanno un diverbio mentre contrattano una prestazione sessuale e Matteucci le spara in testa. La Zago non muore subito e chiede a Matteucci di portarla in un ospedale; lui finge di accettare e la porta in luogo isolato dove le spara di nuovo in testa, uccidendola. Seppellisce poi il cadavere poco lontano dal luogo del delitto, ad Arvier. Dopo un mese, temendo che i resti possano essere scoperti, lo disseppellisce e li brucia in una discarica.
Nel 1994 a Chambave incontra la prostituta nigeriana Clara Omoregbee, la porta ad Arnad e ha con lei un rapporto sessuale; non soddisfatto della prestazione, Matteucci litiga con lei, la colpisce con un pugno e la uccide sparandole due colpi, di cui uno alla testa. Compie poi atti di necrofilia con il cadavere. Tornato a casa, seziona il cadavere con un coltello da cucina; dopo aver bruciato i resti ad Arvier, li getta nella Dora Baltea nei pressi di Villeneuve.
Il 10 settembre 1994, in cerca di vittime a Nus, Matteucci incontra la prostituta Lucy Omon e la porta a casa sua. Dopo il rapporto sessuale, le promette di riaccompagnarla in macchina a Nus; la porta invece ad Arvier, nel piazzale del suo vecchio laboratorio di scalpellino, dove tenta di soffocarla con un cuscino e con uno straccio. La Omon riesce a divincolarsi ed a fuggire dall'auto.
Nell'aprile del 1995 viene condannato per furto d'auto. Usufruendo dei benefici di legge non viene condannato al carcere, ma gli viene imposto l'obbligo di firma a Saint-Pierre e proibito di muoversi al di fuori del perimetro tra Arvier e Aosta.
Il 12 maggio 1995 torna a uccidere: la vittima è la prostituta albanese Albana Dakovi. Dopo aver avuto con lei un rapporto sessuale, Matteucci la porta ad Arnad, dove la uccide colpendola alla testa con una chiave inglese e pugnalandola. Nasconde poi il cadavere nel furgone, con il quale si reca a Saint-Pierre per firmare il registro. Come i precedenti, anche i resti dell'ultima vittima saranno bruciati.
Il protettore della Dakovi invia alla caserma di Pont-Saint-Martin una lettera anonima dove sostiene di aver visto la ragazza salire su un furgone Iveco Daily, segnalando anche il numero di targa. Il 26 giugno 1995 Matteucci viene arrestato e condotto alla casa circondariale di Brissogne e Aosta. All’inizio nega di aver ucciso la prostituta ma lo ammette il giorno dopo, quando viene nuovamente interrogato. Subito dopo confessa anche gli altri omicidi.
Durante il processo, la perizia psichiatrica a cui è sottoposto lo dichiara «socialmente pericoloso» e parzialmente incapace di intendere e di volere. Il 16 aprile 1996 è condannato a 28 anni di carcere e a 3 anni di reclusione in un ospedale psichiatrico giudiziario dalla Corte d'assise di Aosta. Matteucci esce dal carcere il 9 marzo del 2017, a 55 anni, entrando in una struttura sanitaria psichiatrica[2].
Nel 2022, mentre si trovava in una comunità terapeutica, ha incontrato il figlio dopo 26 anni, chiedendo scusa per i crimini che aveva commesso e raccontando la sua vita attuale.
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