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giurista e politico italiano (1888-1985) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Alfredo De Marsico (Sala Consilina, 29 maggio 1888 – Napoli, 8 agosto 1985) è stato un avvocato, giurista e politico italiano, fu ministro della giustizia nel governo Mussolini.
Alfredo De Marsico | |
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Ministro di Grazia e giustizia | |
Durata mandato | 6 febbraio 1943 – 25 luglio 1943 |
Presidente | Benito Mussolini |
Predecessore | Dino Grandi |
Successore | Gaetano Azzariti |
Senatore della Repubblica Italiana | |
Legislatura | II |
Gruppo parlamentare | PNM, poi Gruppo misto |
Circoscrizione | Campania |
Collegio | Napoli |
Incarichi parlamentari | |
| |
Sito istituzionale | |
Deputato del Regno d'Italia | |
Legislatura | XXVII, XXVIII, XXIX, XXX |
Gruppo parlamentare | PNF |
Sito istituzionale | |
Consigliere nazionale del Regno d'Italia | |
Legislatura | XXX |
Gruppo parlamentare | Corporazione delle professioni e delle arti |
Dati generali | |
Partito politico | Partito Nazionale Fascista, Partito Nazionale Monarchico, Partito Monarchico Popolare |
Titolo di studio | Laurea in Giurisprudenza |
Università | Università degli Studi di Napoli "Federico II" |
Professione | giurista, avvocato, docente universitario |
Nato nel 1888 a Sala Consilina, nella provincia di Salerno, frequentò le elementari e le medie a Rossano dove, nei registri di classe del regio ginnasio, si legge: de Marsico Alfredo in italiano scritto 7; a voce 10[1], all'epoca non era in uso il termine orale.
Laureatosi in giurisprudenza, nel 1909, all'Università di Napoli[2], esordì il 5 dicembre dello stesso anno in sostituzione dell'avvocato Domenico Sandulli avanti la Corte di Assise di Avellino, in un processo a carico di un imputato di duplice omicidio. Il 19 luglio 1911 fu iniziato in Massoneria nella Loggia Giuseppe Mazzini di Sala Consilina[3] con l'avv. Alfonso Ridola di Napoli e Porzio. Divenne procuratore dal 1911 al 1917, anno in cui fu iscritto nell'Albo degli avvocati.
Libero docente in Diritto e Procedura Penale già nel maggio del 1915 nella università di Roma, vinse la cattedra nella stessa disciplina all'Università di Camerino nel 1922, poi a Cagliari, Bari (1926), Bologna (1931). Nel 1935 divenne professore ordinario a Napoli ed infine alla Sapienza di Roma (1938).
Eletto deputato alla Camera per la prima volta nel 1924 tra le file del Listone Mussolini[2], varò una legge sulla riforma del codice penale e collaborò alla stesura del Codice Rocco. Fu rieletto alla Camera nel 1929, e confermato nel 1934. Nel 1939 divenne consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
Dal 1925 al 1942 fece parte della commissione parlamentare per la riforma dei codici,[2] mentre il 6 febbraio 1943 entrò nel governo Mussolini in qualità di Ministro di Grazia e Giustizia, subentrando in tale carica a Dino Grandi.
Membro del Gran Consiglio del Fascismo, il 25 luglio del 1943 votò in favore della mozione Grandi che determinò l'arresto di Benito Mussolini[2]. Condannato a morte, in contumacia nel processo di Verona del 1944[2], durante gli ultimi mesi di guerra risiedette a Salerno, ormai liberata dalle truppe anglo-statunitensi.
Per la sua adesione al fascismo, terminata la seconda guerra mondiale, fu privato della cattedra universitaria per sette anni e allontanato dall'attività forense per quattro[2].
Nel 1953 fu eletto, come indipendente, senatore tra le file del Partito Nazionale Monarchico, per passare nel novembre 1954 nel Partito Monarchico Popolare di Achille Lauro, ove rimase fino al 1958, quando non fu rieletto[2].
La cattedra universitaria l'abbandonerà nel 1960 e venne nominato nel 1964 professore emerito dell'Università La Sapienza di Roma. Numerose furono le onorificenze ricevute dal De Marsico in quel periodo: gli fu conferita, ad esempio, la cittadinanza onoraria di Avellino, divenne cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e gli fu consegnata una medaglia d'oro dall'Ordine degli avvocati di Lucerna.
Grande avvocato penalista,[4] la sua rinomata attività forense, che coprì un arco di oltre mezzo secolo, si concluse con la partecipazione al collegio difensivo che, dinanzi alla Corte d'assise d'appello di Potenza, fu tra i legali di Domenico Zarrelli, nel clamoroso processo sulla strage di via Caravaggio[5] e, sebbene 92enne, nell'appello ad Angelo Izzo. Dagli anni '70 collaborò con i quotidiani Il Roma, Il Giornale d'Italia e Il Tempo. Fu, inoltre, otto volte presidente dell'Ordine degli avvocati di Napoli, di cui tenne la guida fino al 1980, nonché componente della commissione di riforma dei codici e relatore per il progetto del Codice Penale.[6]
Dopo la morte avvenuta a Napoli a novantasette anni, nel 1985 fu posto in suo onore un busto in Castel Capuano e la cerimonia fu accompagnata dal discorso funebre del presidente dell'Ordine, l'avvocato Renato Orefice. Nel 1995, un decennio dopo la morte, un altro busto in bronzo fu collocato nella sala del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Napoli.
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