Gajoni nasce a Milano, fu attivo anche a Parigi. Studiò inizialmente con Giovanni Borgonovo, poi molto giovane fu ammesso all'Accademia di Brera, iniziando presto la sua attività artistica, si appassiona allo studio dei pittori seicentisti lombardi, ancora giovanissimo insegnò disegno per un quadriennio per mantenersi agli studi di belle arti[1][2]. Diverrà poi Professore presso l'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.
Predilesse i paesaggi, le nature morte e i ritratti. Praticò soprattutto la pittura a olio su legno e faesite. Non amava mai comparire, impedendo che i suoi lavori arrivassero in asta[3].
Muore nel 1965 all'età di 52 anni per le conseguenze di un incidente stradale, lasciando le due figlie, Cristina Gajoni e Rita, e la moglie Dolores. Venne sepolto al Cimitero Maggiore di Milano.
Sua nipote è la pittrice Christina Visentin.
Scrive il critico d'arte Angelo Panerai: «Rigoroso equilibrio, sapiente distribuzione di luci e volumi, impressione di solidità e di architettonico. Tutto così pensato, così necessariamente funzionale che l'occhio trascorre su questa pittura intelligente senza avvertire mai il minimo squilibrio. I toni stessi ubbidiscono a questo criterio armonico che non ammette leziosità coloristiche: pochi bianchi e abbondanti tinte calde segnano inconfondibilmente questa pittura nutrita, ma dove non s'avverte mai il travaglio della creazione». Le nature morte rispecchiano le umili cose della nostra casa e della nostra mensa, emanando quel senso quasi religioso dell'uso secolare che le riveste di insospettata nobiltà [...] orientato verso una costante ricerca di perfezione coloristica e formale[4]. «Tradizione sentita non come vuota risonanza, ma elaborazione di studio amoroso dei grandi seicentisti lombardi da parte di uno spirito colto e severo»[5]. Adriano Gajoni, è «pittore milanese di stretta osservanza figurativa, dedito prevalentemente alla Natura morta, a "composizioni fiabesche" e allegoriche e a "fantasie con manichini e statue"» (Bruno Rosa Stincone)[6]. L'arte di Adriano Gajoni ha «un fondo di umano lirismo, di poesia» (Silvio Biscaro)[7]. Mentre le scelte compositive rivelano un debito evidente nei confronti della pittura olandese e fiamminga del XVIII secolo (Günter Meißner)[8]. Gajoni è interprete di un realismo minuzioso di lontana ispirazione fiamminga (Paolo Bolpagni)[9].
Adriano Gajoni à la Galerie Chirvan expose ses oeuvres, 16 maggio - 5 giugno, Rue de Miromesnil, Parigi, 1961
L’après-guerre à Milan, Industrie, communication, art et mode, Université Jean Moulin, a cura di Michel Feuillet, Institut Culturel Italien de Lyon, Regione Lombardia, Comune di Milano[10], Lione, 2008,
Maurizio Agnellini, "Novecento italiano: pittori e scultori 1900-1945" (analisi degli artisti dall'inizio del secolo alla fine della seconda guerra mondiale, le cui opere abbiano una reale circolazione sul mercato), Istituto geografico de Agostini, 1997
Günter Meißner (Hrsg.): Allgemeines KünstlerlexikonKlaus G. Saur, vol. XLVIIK, München / Leipzig, 2005, p.342
Giorgio Di Genova, Storia dell'arte italiana del '900, Volume 1, Volume 6, Edizioni Bora, 2007
C. Marcora, "I benefattori dell'Ambrosiana" in Memorie storiche della Diocesi di Milano, vol. XVI, Milano 1969, p.338
G. Ravasi, L'allestimento della Pinacoteca nel 1906, Milano
Marco Rossi, Alessandro Rovetta, Il nuovo allestimento della Pinacoteca e le ultime acquisizioni, p.238, Milano
Alessandro Rovetta, "Il Novecento della Storia Ambrosiana da Giovanni Galbiati a Angelo Predi, allestimenti, acquisizioni, mostre e restauri", in Storia Ambrosiana. Il Novecento, 2002, Milano