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12 dicembre, noto anche come Dodici dicembre,[1] è un film documentario del 1972 diretto da Giovanni Bonfanti e Pier Paolo Pasolini (non accreditato).[1][2]
12 dicembre | |
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Una scena tratta dal documentario | |
Lingua originale | italiano |
Paese di produzione | Italia |
Anno | 1972 |
Durata | 43 min (versione ridotta) 104 min (versione integrale) |
Dati tecnici | B/N |
Genere | documentario |
Regia | Giovanni Bonfanti, Pier Paolo Pasolini (non accreditato) |
Soggetto | Pier Paolo Pasolini |
Sceneggiatura | Giovanni Bonfanti, Goffredo Fofi |
Produttore | Alberto Grimaldi (non accreditato), Giovanni Bonfanti |
Casa di produzione | Lotta Continua, Produzioni Europee Associate |
Distribuzione in italiano | Circolo Ottobre |
Fotografia | Sebastiano Celeste, Dimitri Nicolau, Giuseppe Pinori, Enzo Tosi, Roberto Lombardi |
Montaggio | Giovanni Bonfanti, Lamberto Mancini, Maurizio Ponzi, Pier Paolo Pasolini (non accreditato) |
Musiche | Pino Masi |
Interpreti e personaggi | |
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Si tratta di un documentario di controinformazione sulla strage di Piazza Fontana e sulla morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli.[1]
Il documentario, attraverso diverse interviste fatte in tutta Italia, analizza alcuni episodi riguardanti la vita politica del Paese. Tra gli intervistati, oltre ai tanti operai e militanti di Lotta Continua, figurano il deputato Achille Stuani, membro del Partito Comunista Italiano; Licia Pinelli, vedova di Giuseppe e diversi avvocati tra cui quelli di Pietro Valpreda.[3]
Il film venne realizzato da Pier Paolo Pasolini su proposta e con la collaborazione di alcuni militanti di Lotta Continua, formazione della sinistra extraparlamentare di orientamento comunista.[4] Durante la realizzazione ci furono divergenze creative tra il noto regista e la dirigenza del gruppo,[5] infatti Pasolini avrebbe voluto realizzare un film di denuncia valorizzando l'aspetto antropologico e sociale del Paese durante quel periodo.[6][4][5] I contrasti si protrassero anche durante la fase di montaggio.[4]
«Perché ho fatto questo film insieme a un gruppo di giovani compagni di Lotta Continua? Il perché c’è sicuramente, ma, per essere sincero io non lo so dire. Ho criticato a suo tempo, con violenza e forse con inopportunità, l’azione politica dei giovani: molte di quelle mie critiche si sono sfortunatamente rivelate giuste, e non ne abiuro. Tuttavia mi sembra che la tensione rivoluzionaria reale sia vissuta oggi dalle minoranze di estrema sinistra. La critica globale e quasi intollerante che queste esprimono contro lo stato italiano e la società capitalistica mi trovano completamente d’accordo nella sostanza, anche se non spesso sulla forma. Perciò, fin che ne sono capace, e ne ho la forza, è ad esse che mi unisco..."»
In un’intervista rilasciata a Panorama il 31 dicembre 1970 Pasolini citò tra i titoli provvisori Attacco al potere e 1969.[3]
Le riprese iniziarono il 12 dicembre 1970 e si conclusero nel giugno dell'anno successivo.[4] Esse si svolsero nelle cave di Carrara, a Milano, a Viareggio, a Napoli e nel cimitero di Musocco, luogo di sepoltura di Pinelli.[4] La pellicola venne finanziata da Alberto Grimaldi.[5]
Pasolini e Grimaldi per evitare eventuali problemi con la giustizia decisero di non far comparire i loro nomi nei crediti del film.[3]
Durante le riprese furono filmati 80000 m di pellicola,[8] ma solo 4000 furono montati; i restanti vengono considerati perduti.[3] Il montaggio venne effettuato interamente da Pasolini.[3]
Le musiche presenti nel fim sono state composte da Pino Masi, all'epoca membro di Lotta Continua.[7]
In Italia venne distrubuito nei circuiti del Circolo Ottobre il 20 maggio 1972.[1] Il documentario fu inoltre presentato nello stesso anno al Festival di Berlino[4] e il 31 ottobre 2014 al Vienna International Film Festival, in Austria.[9]
La versione ridotta è disponibile su YouTube.[10]
La versione ridotta venne distribuita nel 1995 in VHS e nel 2011 in DVD.[4]
Nel 2013 fu ritrovata in un archivio cinematografico di Amburgo la versione integrale del film, considerata perduta.[11] Questa versione dopo essere stata restaurata, su incarico della casa editrice tedesca Laika Verlag e della Fondazione Cineteca di Bologna,[5] venne proiettata a Bologna nel 2015 durante l'evento Cinema Ritrovato.[6]
Il Morandini assegna alla pellicola 3 stelle su 5.[4] Il documentario venne recensito da Alberto Moravia il 30 aprile 1972 su L'Espresso.[3]
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