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attore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Vittorio Zarfati (Roma, 25 dicembre 1907[1][2] – Roma, 6 maggio 1994[1][3]) è stato un attore italiano, caratterista attivo tra gli anni settanta e novanta.
Agente di commercio di religione ebraica, Vittorio Zarfati e la sua famiglia subirono le persecuzioni razziali. Nell'ottobre 1943[4] sua moglie Perla Emma Caviglia[5] e i figli Leo[6], Rosa[7] e Italia[8], trovandosi nella loro abitazione in Via Padova 90 a Roma, vennero catturati dai nazisti e subito deportati ad Auschwitz-Birkenau, dove furono uccisi sei giorni dopo[9]. A sua figlia Rosita Zarfati, di otto anni[10], è intitolata una scuola a Velletri[11].
Vittorio Zarfati si salvò in quanto si era trattenuto a Velletri, dove si era rifugiato. Apprenderà della sorte dei suoi cari solo in vecchiaia[12].
Zarfati fu scoperto da anziano come attore caratterista, girando una ventina di film, spesso diretto da registi famosi Dino Risi, Mario Monicelli, Luchino Visconti, Luigi Comencini, Jean Jaques Annaud, Federico Fellini, Luigi Zampa, Alberto Sordi e Carlo Verdone. Ne I nuovi mostri (1977) interpreta un losco produttore e in E la nave va di Federico Fellini il maestro Rubetti.
Negli anni ottanta conobbe Carlo Verdone, che apprezzandone le doti di caratterista[13] lo volle tra gli interpreti dei suoi film Bianco, rosso e Verdone, nel 1981, e subito dopo di Borotalco (1982). In seguito recitò in Il nome della rosa di Jean-Jacques Annaud.
Interpretò inoltre numerosi spot pubblicitari, sia in Italia che all'estero, tra cui quello del caffè Lavazza con Nino Manfredi, in cui era il pretendente di Nerina Montagnani.
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