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filosofia che rifiuta l'utilizzo degli animali e dei loro prodotti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il veganismo (o, più raramente, veganesimo)[3][4][5] è un movimento che propone l'adozione di uno stile di vita[6] proprio di una società basata su risorse non provenienti dal regno animale[3][7][8].
Se la base del veganismo, fin dalle sue origini, è riconducibile all'antispecismo[9][10] le sue motivazioni si sono estese a comprendere temi ambientalistici,[11] medico-salutistici,[12] e socioeconomici.[13]
La parola veganismo è la trasposizione nella lingua italiana della parola veganism nella lingua inglese, derivante dal termine vegan, nome che assunsero gli aderenti alla prima associazione vegana, fondata in Inghilterra nel 1944.
Già dagli inizi del XX secolo l'abitudine al consumo di prodotti lattiero-caseari era stata oggetto di forti dibattiti all'interno del movimento vegetariano. Nell'agosto del 1944 Elsie Shrigley e Donald Watson, due membri della Vegetarian Society, pensarono che fosse necessario formare un coordinamento di "vegetariani non consumatori di latticini", nonostante l'opposizione di eminenti vegetariani che rifiutavano l'idea di un vegetarianismo completamente privo di prodotti animali. Nel novembre dello stesso anno Watson organizzò a Londra una riunione di sei "vegetariani non consumatori di latticini", in cui venne deciso di costituire una nuova società, la Vegan Society, di cui Watson stesso fu eletto presidente, e di adottare come definizione il termine vegan, contrazione di vegetarian[14].
In una intervista del 2004 Donald Watson affermò:
«Invitai i miei primi lettori a suggerire un termine più conciso per sostituire non-dairy vegetarian (vegetariani non consumatori di latticini). Ho ricevuto alcuni suggerimenti piuttosto bizzarri, come dairyban, vitan, benevore, sanivore, beaumangeur, ecc. Optai per il termine vegan, contenente le prime tre e le ultime due lettere di vegetarian – l'inizio e la fine del vegetarianismo[15].»
Sebbene la paternità del neologismo "vegan" venga solitamente attribuita a Donald Watson o ad uno sforzo combinato di Donald Watson e di sua moglie Dorothy, Watson riconosce come fonti dell'idea G.A. Henderson e sua moglie Fay K. Henderson, anch'essi membri fondatori nel 1944 della Vegan Society, i quali avevano suggerito per l'associazione il nome "Allvega" e come titolo del magazine dell'associazione "Allvegan". Da questi suggerimenti Watson avrebbe preso dunque ispirazione per il termine "vegan". La parola "vega" era inoltre già in uso nei circoli vegetariani da un po' di tempo. Fin dal 1934, uno dei più noti ristoranti vegetariani di Londra si chiamava "Vega". Tutti i vegetariani di quegli anni, inclusi i coniugi Henderson, erano a conoscenza di questo ristorante, che sembra pertanto essere la prima fonte d'ispirazione del termine[16].
Nel linguaggio corrente il veganismo viene usualmente inteso come una forma di dieta a base vegetale[17]. Si tratta di una definizione limitativa, perché quella alimentare è solo una delle dimensioni in cui si manifesta lo stile di vita vegano. Un termine alternativo per riferirsi alla sola pratica alimentare a base esclusivamente vegetale è "vegetalismo"[18][19]. La dieta vegetaliana può essere adottata anche al di fuori del veganismo per motivazioni terapeutiche, igieniste, religiose o spirituali[19], e pur essendo un aspetto fondamentale dello stile di vita vegano, non lo esaurisce. Quest'ultimo, come illustra anche la definizione delle Vegan Society[20], è uno stile di vita che evita lo sfruttamento degli animali in ogni ambito, non solo quello dell'alimentazione, ma anche dell'abbigliamento (per es. evitando capi in pelle), del tempo libero (per es. evitando spettacoli in cui vengono utilizzati animali), ecc.
Il veganismo è dettato da principi etici di rispetto per la vita animale, è basato sul pensiero antispecista e su una particolare visione non-violenta della vita, come esemplificato nella posizione di Gary L. Francione e altri filosofi. Il veganismo può essere considerato la prassi della teoria antispecista e comporta il rifiuto di dedicarsi, partecipare e sostenere attività che implicano l'uccisione o l'utilizzo degli animali, che dai vegani è sempre indicato come sfruttamento[21]. Con un Memorandum nel 1979 la Vegan Society definì il veganismo come:[22]
«Una filosofia e un modo di vivere che esclude, ai limiti del possibile e praticabile, ogni forma di sfruttamento e crudeltà verso animali, per scopo alimentare, per il vestiario, come per qualunque altro scopo; per estensione, promuove lo sviluppo e l'uso di alternative che non prevedono l'utilizzo di animali, per il beneficio degli umani, degli animali e dell'ambiente. In termini di dieta denota la pratica di astenersi dal consumare prodotti derivati, completamente o parzialmente, da animali»
Il veganismo contemporaneo si propone anche come possibile soluzione ad altre problematiche correlate, di natura edica[23], ambientale[11], economica[13] e sanitaria[24].
I vegani differiscono tra loro a seconda delle motivazioni che li spingono e dalla misura in cui scelgono di modificare il proprio stile di vita. La maggior parte di coloro che si definisce vegano segue principalmente la sola dieta vegetale (vegetaliani, o dietary vegans). Meno numerosi sono i vegani che modificano il proprio comportamento anche in altri ambiti di consumo[25], come per esempio scegliendo capi di abbigliamento in fibre vegetali sintetiche e artificiali o acquistando esclusivamente prodotti vegan[26]. Sebbene il grado di adesione possa variare da un individuo all'altro, considerando anche che uno stile di vita vegano al 100% è più difficile da adottare poiché i derivati di origine animale si nascondono nei prodotti più impensati, si ritiene che non sarebbe necessario che tutta la popolazione aderisca completamente al veganismo per produrre un cambiamento nell'economia e nella società in chiave vegan, ma basti il raggiungimento di una certa "massa critica".
Anche se una persona che adotta uno stile di vita vegano è libera di aderire ai criteri che ritiene più giusti per sé, nella pratica quotidiana si distinguono una serie di abitudini e scelte diffuse e riconosciute da tutta la comunità vegana. In particolare, molta importanza viene data alla scelta in campo alimentare, optando per una dieta basata su prodotti esclusivamente vegetali, detta anche dieta vegana o, come si è detto, vegetaliana. Un vegano pertanto rifiuta il consumo di ogni tipo di carne (compresa la carne degli animali marini, ovvero pesce, crostacei e molluschi), latte e derivati, uova, miele e altri prodotti delle api[27][28], anche quando presenti in forma di ingredienti in altri alimenti o bevande, che spesso possono contenere derivati di origine animale[29]. Evitare il consumo di cibi animali significa non sostenere l'industria zootecnica e della pesca, in particolare gli allevamenti intensivi, in quanto tali industrie causano lo sfruttamento, la sofferenza e l'uccisione di un numero di animali molto elevato, oltre ad avere un forte impatto ambientale. A tal riguardo stime della FAO (2007), quantificano che in tutto il mondo ogni anno verrebbero uccisi, per fini alimentari, circa 56 miliardi di animali, esclusi pesci e altri animali marini[30].
Un vegano inoltre può scegliere di indossare solo capi in fibre vegetali (canapa, lino, cotone, ecc.), fibre artificiali (rayon, viscosa, ecc.) e fibre sintetiche (acrilico, nylon, pile, poliestere, ecc.) evitando l'acquisto di capi con parti di origine animale (pelliccia, pelle, lana, seta e imbottiture in piuma)[31][32]; di usare cosmetici (make-up e prodotti per l'igiene personale) e prodotti per la pulizia della casa, presenti in commercio con marchio o certificazione "vegan"[33], che garantiscono che non siano stati testati su animali e che siano privi di ingredienti di origine animale, come per esempio il sodium tallowate[34], ricavato da strutto suino e sego bovino; in generale di evitare l'acquisto di altre merci con parti animali (come divani in pelle, tappeti in pelliccia, ornamenti in avorio, oggetti in osso, pennelli in pelo animale, ecc.) e dei farmaci contenenti eccipienti animali[35].
Si tratta quindi di un complesso di principi che influenzano le abitudini e le scelte d'acquisto quotidiane e che vengono perseguite con flessibilità in relazione alle proprie esigenze, alle proprie possibilità e alla propria realtà di vita[26].
All'interno della comunità vegana sono fonte di opinioni molto discordi quei prodotti derivati di origine animale meno noti (e in alcuni casi indicati sotto forma di sigle alfanumeriche) presenti in minuscole quantità in alcuni prodotti o usati sotto forma di additivi alimentari: è il caso, ad esempio, della L-cisteina[36] (identificata anche con la sigla E920), della glicerina animale[37] (E422) o dei fosfati animali[38] (E542). Ancora più controverso è il caso di quei prodotti che, pur non contenendo derivati di origine animale, ne implicano però l'uso durante il processo di produzione, come ad esempio alcuni tipi di zucchero raffinato che sarebbero lavorati con carbone animale, usato per la decolorazione dello zucchero e per rimuovere impurità e minerali[39]. L'uso di sostanze di origine animale, infatti, è attualmente molto diffuso nella produzione industriale moderna; è altresì vero che sempre più aziende propongono varianti totalmente vegetali dei loro prodotti. Sostanze di derivazione animale si possono trovare in articoli insospettabili, come palle da tennis, carta da parati e bande adesive[40]. Un'artista olandese, Christien Meindertsma, afferma di avere individuato 185 prodotti di uso comune contenenti parti di maiale, tra cui proiettili, pellicola fotografica, freni, porcellana e sigarette[41][42].
Inoltre l'origine animale di alcune sostanze ambigue o il coinvolgimento di derivati di origine animale nelle fasi di produzione non è sempre facilmente accertabile. Ad esempio, spesso la coltivazione agricola prevede l'impiego di concimi di origine animale (prodotti con sangue, feci, ossa, lana, corna, ecc.). Per tali motivi, generalmente, nella comunità vegana quest'uso delle sostanze di origine animale riceve scarsa attenzione nella prassi quotidiana e si ritiene più pratico, oltre che più efficace per la causa della liberazione animale, concentrare la propria attenzione solo su quelle sostanze di origine animale più evidenti (carni, latte e latticini, uova e prodotti delle api)[43].
Oltre alle scelte di consumo quotidiano, un vegano può scegliere di evitare infine la pratica, la partecipazione e il sostegno ad attività come la sperimentazione sugli animali, la caccia e la pesca, gli spettacoli con animali come la corrida, il combattimento di galli, il circo con animali o il rodeo, l'impiego di animali in competizioni sportive (corse di cavalli, corse di cani, sleddog, ecc.), le manifestazioni folcloristiche con impiego di animali, gli zoo, gli acquari e altre strutture simili che detengono animali, il commercio degli animali da compagnia e ogni altra simile attività.
Il vegetalismo denota il comportamento alimentare di chi si nutre esclusivamente di vegetali[19]. Nel corso degli ultimi decenni è maturato un crescente interesse globale verso il vegetalismo. Una delle ragioni è la maggiore sensibilità riguardo alle questioni sollevate dal veganismo grazie alla sua diffusione e all'opera di sensibilizzazione portata avanti dalle associazioni animaliste[44]. Altri però si alimentano di soli vegetali per ragioni diverse dal veganismo, più o meno combinate tra loro, e pur non essendo vegani vengono identificati, o si dichiarano loro stessi, vegani. A questa scelta intermedia possono giungere anche i vegetariani che acquistano la consapevolezza che la produzione di latte e di uova non evita agli animali produttori un destino di macellazione[45]. Altri soggetti invece scelgono di alimentarsi di soli vegetali per una ragione esclusivamente salutistica, perché ritengono di poter curare e prevenire alcune malattie o che, per assicurare il migliore stato di salute, l'alimentazione naturale umana debba prevedere solo cibi vegetali e possono essere meglio definiti come vegetaliani, o vegetalisti, salutistici[46]. In particolare, negli anni più recenti si può osservare una crescente diffusione della dieta vegana presso i paesi più ricchi. Ad esempio, negli USA, circa il 2-3% della popolazione adulta (con una stima che va da due-tre milioni di persone a sei milioni) segue in modo regolare una dieta vegana[47], e circa l'1% dei bambini e degli adolescenti tra gli 8 e i 18 anni è vegetaliano[48]. Altri paesi occidentali presentano percentuali diverse, ad esempio l'Italia ha una presenza di vegetaliani che nelle rilevazioni fluttua tra l'1,1%[49] e il 3%[50]. Tuttavia, le rilevazioni sui vegani possono essere complesse da eseguire e da interpretare a causa della varietà dei comportamenti e delle motivazioni che possono ricadere sotto questa etichetta[17].
Frequentemente i vegetaliani attuali riferiscono motivazioni etiche di rispetto per la vita animale e, in misura minore, vengono addotte anche ragioni salutistiche ed ecologiste. Tali motivazioni non sono tutte necessariamente adottate insieme, e anche se due o più possono coesistere negli stessi soggetti, solitamente una prevale sulle altre. Uno studio del 2019 ha rilevato che per il 68.1% degli intervistati la motivazione principale per cui sono diventati vegani è evitare l'uccisione e lo sfruttamento animale, mentre il 17.4% ha dichiarato di farlo per motivi salutistici, il 9.7% per ragioni ambientali e il 4.8% per altri motivi[51].
Alla diffusione delle ragioni salutistiche ha contribuito una serie di fattori. Già da diversi decenni, la correlazione tra il consumo di carni – in particolare di carni rosse e carni conservate – e il possibile rischio di patologie croniche[52][53], la diffusione di malattie virali presso gli animali allevati (causa di zoonosi alimentare) e le preoccupazioni per il crescente uso di antibiotici e altri farmaci negli allevamenti[54] (che potrebbero accumularsi nelle carni), da una parte, e i possibili benefici associati a diete ricche di cibi vegetali[55][56][57][58][59][60], insieme con l'opinione che la carne rappresenti un alimento opzionale per la dieta umana[61], dall'altra, hanno determinato nei paesi ricchi una crescente diffusione della dieta vegetariana. Più recentemente, i rischi derivanti da un'eccessiva assunzione di grassi saturi e colesterolo, di cui sono ricchi latte, latticini e uova, la correlazione del consumo di uova e prodotti lattiero-caseari con alcuni tipi di cancro[62] e la vasta diffusione dell'intolleranza al lattosio, hanno ulteriormente spostato l'attenzione verso la dieta vegana. Infine, sempre negli anni recenti, il vegetalismo ha cominciato a diffondersi anche come una scelta ecologica a seguito di valutazioni dell'impatto ambientale connesso al settore dell'allevamento[63] e per il rischio pandemico connesso alla possibilità di sviluppare, attraverso gli allevamenti intensivi, un patogeno letale resistente agli antibiotici[64] definito "batterio dell'apocalisse"[65]. Il 1º novembre si festeggia il World Vegan Day (giornata vegana mondiale) per celebrare la fondazione della prima vegan society, e l'intero mese di novembre è stato scelto come World Vegan Month (mese vegano mondiale)[66].
Le diete vegetaliane sono dei modelli nutrizionali che escludono dall'alimentazione la carne di qualsiasi animale e tutti i prodotti di origine animale. Oltre alla dieta vegana, basata su: cereali, legumi, verdura, frutta e semi; sono diete vegetaliane anche altre diete che, sebbene differiscano sostanzialmente dalla dieta vegana sia nei principi alimentari, sia nel tipo di alimenti consumati, non comprendono il consumo di alcun ingrediente di origine animale. Fra di esse vi sono quelle praticate, ad esempio, nel crudismo vegetaliano, nel fruttarismo o nell'ehretismo.[67]
Uno studio del 2018 condotto dall'università di Oxford dimostrerebbe che la dieta vegana sia molto meno negativa per l'ambiente rispetto a quella onnivora in fatto di consumo di risorse ed effetto serra[68][69][70].
Nella seconda metà del Novecento il consumo globale di carne è aumentato di cinque volte, passando da 45 milioni di tonnellate all'anno nel 1950 a 233 milioni nel 2000[71][72]. Il notevole incremento del consumo di carne e dei cibi animali in generale ha determinato una crescita improvvisa della produzione zootecnica e, conseguentemente, un considerevole aumento del numero di animali allevati[73], che secondo i dati FAO e del World Watch Institute è incompatibile con i ritmi naturali terrestri, visto l'impatto sulla vita terrestre stessa, e ha inciso profondamente sull'equilibrio ambientale. Nel 2006 la FAO ha pubblicato Livestock's Long Shadow, un report scientifico in cui viene approfonditamente valutato l'impatto globale del settore zootecnico sull'ambiente. Nel 2015 si è misurato l'impatto del settore della produzione di cibo da animali che raggiunge il 51% dell'emissione di diossido di carbonio[63][74].
In una ricerca pubblicata su Elementa, un team di scienziati della Tufts University ha affermato che la dieta più sostenibile non è quella vegana ma quella vegetariana[75][76].
Lo studio afferma che a parità di calorie si causano più danni all'ambiente nel produrre cibi vegani che per produrre alcuni tipi di carne. Inoltre certi terreni rimarrebbero inutilizzati poiché non tutti sono coltivabili e sono quindi usati per pastorizia e allevamento[77].
Un altro studio pubblicato sulla rivista Environment Systems and Decisions conferma che la coltivazione di certi cibi per dieta vegana consuma più risorse rispetto a quella onnivora[78].
Anche The Guardian ha sostenuto che la dieta vegana non sia meno impattante per l'ambiente[79].
Alcuni studi hanno simulato la totale conversione della popolazione mondiale al veganesimo e hanno sostenuto che ciò porterebbe minori rischi per l'ambiente ma aumenterebbe la disoccupazione di alcuni paesi e i problemi di salute a coloro che non possono (per motivi medici) sottoporsi alla dieta vegana[80][81].
Esiste un dibattito riguardo al minor consumo di acqua per produrre cibi vegani rispetto a cibi onnivori. Un dato molto dibattuto per esempio riguarda la tesi secondo la quale un chilo di carne viene prodotto consumando circa 15 000 litri d’acqua, con cui si potrebbero invece coltivare molti chili di cibo vegano[82][83][84], mentre altri smentiscono[85][86][87].
Da una prospettiva di sociologia delle religioni è possibile intravedere nel veganismo contemporaneo alcuni tratti caratteristici delle cosiddette "religioni implicite"[88], in particolare qualora esso sia oggetto di un investimento personale che coinvolga profondamente e ampiamente l'identità personale. L'attenzione scrupolosa ed eticamente connotata per il rispetto e la salvaguardia della vita animale può allora assumere aspetti ritualistici e quasi sacrali[89]. La dimensione religiosa del veganismo emerge anche dalla sua forte carica idealistica, che traspare nel desiderio e nel tentativo di cambiare il mondo, l'economia e la società ad immagine dei valori cui il movimento aderisce[89]. Nonostante la sua lontananza dalla tradizionale idea di fenomeno religioso, il veganismo lascia dunque trasparire una sorta di “enfasi protoreligiosa”[90][91]. Lo stesso si può dire, più in generale, per quanto riguarda i movimenti animalisti, che possono talvolta assolvere funzioni tipiche delle religioni[92].
Uno studio che ha indagato la rappresentazione del veganismo sulla stampa italiana, ha osservato come la connotazione religiosa del veganismo, dipinta come "integralista", possa talvolta assumere funzioni stigmatizzanti nel discorso pubblico relativo a questo stile di vita[93].
Nel gennaio 2020 anche una corte britannica, nell'accogliere il ricorso di un dipendente licenziato perché vegano, ha riconosciuto che il veganesimo è del tutto paragonabile a una religione o a un credo filosofico[94].
La Academy of Nutrition and Dietetics (ex American Dietetic Association) ha dichiarato nel 2009 che una dieta vegetariana o vegana è adeguata a tutte le età e può contribuire ad un buono stato di salute, a patto che sia correttamente pianificata, e in alcuni casi opportunamente integrata[95]. Infatti, escludere la carne e, in generale, i prodotti di derivazione animale, significa eliminare dalla dieta i prodotti alimentari più ricchi di proteine dal momento che l’organismo umano ha due vincoli legati alle proteine che non possono essere violati, ovvero il fabbisogno di amminoacidi essenziali[96] giornaliero e il fabbisogno proteico totale giornaliero[97]. Ogni parte dei vegetali contiene proteine ma queste si concentrano in quantità significative solo nei semi, e inoltre solo pochissimi vegetali, tra questi la quinoa, hanno tutti gli amminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni. Pertanto la dieta vegana deve comprendere una quantità adeguata di legumi, cereali e frutta secca, per soddisfare il fabbisogno proteico.
La dieta vegana, se non applicata adeguatamente e in alcuni casi pianificata da un nutrizionista, può portare a deficit o riduzione nell'assorbimento di nutrienti essenziali, tra cui acidi grassi, minerali e vitamine, con particolare riguardo verso la vitamina B12. Come evidenziato da uno studio retrospettivo del 2013, che analizzava i dati di ulteriori 18 studi scientifici, la carenza di vitamina B12 tra i vegani è alquanto diffusa in ogni fascia di età, gruppo sociale e luogo di residenza[98][99], per cui sono consigliate la regolare integrazione[100][101] e gli esami clinici periodici per monitorare i livelli della vitamina B12 nel sangue[102]. Molti vegani ritengono che alcuni integratori alimentari vegetali, come la spirulina, siano utili non solo per compensare deficit di minerali ma anche della vitamina B12. In realtà l'apporto della vitamina è in forma molecolare non biologicamente utile; pertanto, fonti affidabili di vitamina B12 sono gli integratori farmaceutici ricavati da biosintesi industriale. Recenti studi sono stati volti per trovare alimenti con disponibilità di vitamina B12 e uno studio del 2014 rileva come l'alga Nori apporti vitamina B12 biodisponibile agli umani potendo essere utile a prevenire la carenza nella popolazione vegana[103].
Anche le altre carenze di nutrienti, particolarmente rischiose soprattutto nel periodo pediatrico, possono portare potenzialmente a malnutrizione[104], oltre a maggiori rischi alla salute per talune patologie[105].
Uno studio della Oxford University pubblicato sulla rivista scientifica British Medical Journal afferma che la dieta vegana e vegetariana diminuisce l'insorgenza di ischemia cardiaca, mentre sarebbe lievemente correlata all'aumento del rischio di ictus[106].
Diverse pubblicazioni degli ultimi anni hanno cercato di determinare in che modo la dieta vegana abbia un impatto in alcune patologie come cancro, malattie cardiache e diabete. Viene riportato una minore incidenza e mortalità per cardiopatia ischemica (-25%) e incidenza di cancro (-15%)[107]; effetti positivi sono stati riscontrati anche nella prevenzione e trattamento del diabete di tipo 2[108].
Naturalmente molte persone hanno delle riserve sulla fattibilità del regime alimentare vegano in gravidanza, ma studi scientifici emergenti evidenziano come possa essere considerata salubre, purché si abbia una forte consapevolezza della necessità di equilibrare la dieta con i micronutrienti necessari.[109][110]
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