Pāramitā
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Il termine sanscrito pāramitā (devanāgarī पारमिता) è un sostantivo femminile che indica il "condurre alla riva opposta" o il "raggiungimento della riva opposta" o ancora il "completamento di un percorso", come aggettivo (qui privo del diacritico nella ultima vocale a quindi pāramita) indica quello che è "giunto alla riva opposta" oppure quello che ha "attraversato".
Come sostantivo femminile in termini composti indica la "perfezione in" e, specificatamente nel Buddismo, le "virtù trascendenti" ovvero "non mondane".
Nel buddismo pāramitā indica quelle "virtù" che chi vuole intraprendere il cammino del bodhisattva, e quindi realizzare lo stato di buddha, deve compiutamente sviluppare.
Sempre in ambito buddista il termine è stato differentemente analizzato dalle scuole di tradizione del Canone pāli ovvero dalla scuola del Theravāda, rispetto alle scuole di tradizione dei Canoni cinese e tibetano ovvero dalle scuole del Mahāyāna.
Per la scuola del Theravāda, che utilizza come lingua canonica la pāli, il termine pāli pāramitā deriva dall'aggettivo parama nel significato di "perfetto" o "completo" e quindi utilizza indifferentemente i termini pāramitā o il suo derivato, sempre pāli, pāramī.
Per le scuole del Mahāyāna il termine sanscrito pāramitā sarebbe invece composto da pāram ("oltre") e ita ("andato") indicando quindi lo sviluppo del percorso spirituale.
Le elencazioni delle pāramitā differiscono a seconda dei testi. Generalmente vengono intese come sei o dieci, ma si trovano opere in cui vengono enumerate come cinque o sette.
Charles Hallisey nota come le dottrina delle pāramitā non sia presente nella letteratura buddista più antica[1] e ritiene che la numerazione originaria possa essere quella di sei [2].
In ambito buddista il termine sanscrito pāramitā viene così reso nelle altre lingue asiatiche:
- in cinese: 波羅蜜 bōluómì;
- in giapponese: haramitsu;
- in coreano: 바라밀 baramil o paramil;
- in vietnamita: ba la mật;
- in tibetano: ཕ་རོལ་ཏུ་ཕྱིན་པ་, pha-rol-tu phyin-pa.