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La peste suina africana detta anche ASF, sigla dell'inglese African swine fever, è una malattia infettiva altamente contagiosa in veterinaria. Coinvolge suini, cinghiali e suidi selvatici europei ed è causata dal virus della peste suina africana, unico rappresentante della famiglia Asfarviridae. Non è una patologia zoonosica.
Peste suina africana | |
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Specialità | infettivologia |
Eziologia | infezione |
Classificazione e risorse esterne (EN) | |
MeSH | D000357 |
Il primo scoppio di un'epidemia da peste suina africana è stato riconosciuto retrospettivamente quale quello del 1907, solo dopo che ASF fu descritta in Kenya nel 1921.[1] La malattia fu confinata all'Africa fino al 1957, quando fu segnalata a Lisbona, in Portogallo. Una epidemia successiva si ebbe in Portogallo nel 1960. Successivamente a queste introduzioni iniziali, la malattia si radicò nella penisola iberica e scoppi sporadici si verificarono poi in Francia, Belgio e altri Stati Europei durante gli anni '80. Sia la Spagna che il Portogallo si sono organizzati per eradicare la malattia intorno al '95 per mezzo della politica di macellazione.[2]
Nel 1971 si ebbe uno scoppio della malattia a Cuba, che si concluse con la macellazione di 500.000 maiali per prevenire una epidemia nazionale. Il focolaio fu etichettato come il "più allarmante evento" del 1971 dalla FAO.
Sei anni dopo questo evento il giornale Newsday, citando fonti anonime,[3][4] affermò che, con almeno il tacito supporto degli ufficiali della CIA, le cooperative legate ai terroristi anti-Castro avevano introdotto presumibilmente il virus della peste suina africana a Cuba sei settimane prima dello scoppio dell'epidemia del 1971, con lo scopo di destabilizzare l'economia cubana e incoraggiare l'opposizione interna a Fidel Castro. Il virus fu presumibilmente consegnato ai terroristi da una base dell'esercito nei pressi del Canale di Panama per mano di un ignoto emissario dell'intelligence americana.[5][6]
ASFV attraversò l'Oceano atlantico e un focolaio fu segnalato su alcune isole caraibiche, inclusa la Repubblica Dominicana. I focolai principali di ASF in Africa furono regolarmente segnalati alla OIE (precedentemente chiamata L'office international des épizooties).
Al di fuori dell'Africa, un focolaio si è verificato all'inizio del 2007 in Georgia e, successivamente si diffuse all'Armenia, all'Azerbaigian, all'Iran, alla Russia e alla Bielorussia, incrementando la preoccupazione che ASFV potesse espandersi in territori più lontani e comportando effetti dannosi all'industria suinicola.[2][7][8] La peste suina africana è diventata 'endemica' nella Federazione Russa da quando si è diffusa nel Nord del Caucaso 'nel Novembre 2007, più probabilmente per movimenti di cinghiali selvatici infetti dalla Georgia alla Cecenia', secondo un rapporto del 2013 dalla FAO[9]. Il rapporto mostrava come la malattia si sia diffusa al nord dal Caucaso alle altre parti della Nazione dove le produzioni suinicole erano più concentrate, il Circondario federale centrale (casa del 28,8% dei suini Russi) e il circondario federale del Volga (con il 25,4% delle mandrie nazionali) e a nord-ovest verso l'Ucraina, la Bielorussia, la Polonia e i Paesi Baltici. In Russia, ancora secondo il rapporto, la malattia è 'sulla strada per diventare endemica nell'Oblast di Tver' (circa 106 km a nord di Mosca—e circa 500 km a est del vicino litorale della Russia sul Baltico. Tra i vettori dell'espansione in Russia del virus c'era la distribuzione dei 'prodotti dei suini infetti' fuori dalle aree colpite (in quarantena e con blocchi commerciali), attraversando grandi distanze (migliaia di chilometri). I compratori all'ingrosso, i fornitori di cibo militare in particolare, sono stati implicati molte volte nella distribuzione illegale della carne contaminata. "erano i vettori della diffusione del virus", ha detto il rapporto della FAO, e l'evidenza di ciò erano "i ripetuti scoppi di focolai nell'Oblast' di Leningrado". Il rapporto avvisava che "gli Stati immediatamente confinanti con la Federazione Russa, particolarmente l'Ucraina, la Moldavia, il Kazakistan e la Lettonia, sono i più vulnerabili all'introduzione [della peste suina Africana] e l'insediamento endemico, in gran parte perché la biosicurezza del loro settore suinicolo è prevalentemente scarsa. Prevenire la diffusione [della peste suina africana] in Ucraina è particolarmente necessario per l'intero settore produttivo dei suini in Europa. Dati i preoccupanti sviluppi nella Federazione Russa, gli Stati europei devono mantenere un alto livello di allerta. Devono essere pronti per prevenire e reagire effettivamente all'introduzione [della peste suina Africana] nei loro territori per molti anni a venire"...per bloccare la diffusione del virus, "lo scenario corrente nella Federazione Russa suggerisce che [la prevenzione] dovrebbe essere particolarmente enfatizzato al livello spesso informale dell'allevamento casalingo, e non dovrebbe includere soltanto gli allevatori, ma tutti coloro che fanno parte della catena economica - i macellai, gli intermediari, i mattatoi, ecc...dovrebbero essere consapevoli di come prevenire e riconoscere la malattia e dovrebbero comprendere l'importanza della segnalazione dei focolai alle autorità nazionali...è particolarmente importante che le zone indenni [dalla peste suina Africana] rimangono indenni prevenendo la [re]introduzione della malattia e rispondendo rapidamente quando si verifica".
La PSA sta interessando Cina, Mongolia, Corea del Nord, Corea del Sud, Vietnam, Laos, Cambogia, Birmania, India, Bhutan, Nepal, Bangladesh, Filippine, Malaysia, Singapore, Indonesia, Timor Est, Papua Nuova Guinea, in diverse aree dell’Estremo Oriente. Al momento in Mongolia, Cambogia e Birmania i focolai risultano risolti[22][22][37][39][40]
La comparsa di ASF al di fuori dell'Africa quasi in contemporanea con la comparsa dell'AIDS ha fatto sorgere interesse sulle possibili correlazioni tra le due e nel 1986 è apparso un report sul The Lancet che supportava questa teoria.[41] Comunque, la realizzazione che il virus dell'immunodeficienza umana (HIV) causa l'AIDS ha screditato ogni potenziale connessione con ASF.
Nella forma acuta della malattia, dovuta alle sollecitazioni dell'alta virulenza, i suini possono avere febbre alta, non mostrare altri sintomi evidenti nei primi giorni.[42] Poi gradualmente perdono l'appetito e vanno in depressione. Nei Large White, le estremità diventano viola-bluastre e le petecchie emorragiche diventano evidenti a livello della cute di orecchie e addome. I gruppi di suini infetti giacciono raggomitolati vicini, con dispnea e talvolta tosse. Se forzati ad alzarsi, hanno equilibrio instabile. In pochi giorni dall'infezione entrano in stato comatoso e muoiono. Nelle gestanti si verificano aborti spontanei. Nelle infezioni più miti i suini colpiti perdono peso e sviluppano polmonite, ulcere cutanee e tumefazioni articolari.[43]
I sintomi clinici delle infezioni da ASFV sono molto simili a quelli del virus della peste suina classica e le due malattie devono essere spesso distinte con la diagnosi di laboratorio. Essa si realizza di solito cercando gli anticorpi sierici specifici con tecnica ELISA o con l'isolamento diretto del virus da sangue, linfonodi o milza del suino infetto.[43]
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