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psicologo e filosofo austriaco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Paul Watzlawick (Villach, 25 luglio 1921 – Palo Alto, 31 marzo 2007) è stato uno psicologo e filosofo austriaco naturalizzato statunitense, eminente esponente della statunitense Scuola di Palo Alto, nonché seguace del costruttivismo, derivante dal pensiero relativista del costruttivismo filosofico. Inizialmente di formazione psicoanalitica junghiana, successivamente fu tra i fondatori e tra i più importanti esponenti dell'approccio sistemico. Lavorò a lungo al Mental Research Institute.
«The belief that one's own view of reality is the only reality is the most dangerous of all delusions»
«La credenza che la realtà che ognuno vede sia l'unica realtà è la più pericolosa delle illusioni»
Figlio di un direttore di banca, nacque nel 1921 a Villach, in Austria, dove si diplomò nel 1939. Nel 1949 conseguì la laurea in Lingue e letterature straniere all'Università "Ca' Foscari" di Venezia con una tesi su Dostoevskij; l'anno seguente frequentò l'Istituto Carl Gustav Jung di Psicologia analitica a Zurigo, dove nel 1954 conseguì il diploma di analista.
Coltivando un appassionante interesse per la filosofia orientale e buddhista (in particolare per la filosofia Zen[2]), Paul decise di partire per l'India, rimanendovi per un intero anno. Pur senza intaccare il fermo rigore scientifico ed espositivo, le idee e le concezioni filosofiche di quelle culture permearono sottilmente nelle opere più mature di Watzlawick, che fece ricorso occasionale a kōan o a concetti filosofici buddhisti per meglio spiegare alcuni passaggi delle sue teorizzazioni.
Tornato in Occidente si recò in America, dove nel 1957 cominciò ad insegnare alla Temple University di Philadelphia e all'Università di El Salvador, presso la cattedra di Psicoterapia. Fu nel 1960 che si stabilì a Philadelphia per studiare l'approccio terapeutico di John Rosen, presso l'Istituto di Analisi Diretta. In occasione di una conferenza sulla Teoria della Comunicazione ebbe l'opportunità di conoscere Don D. Jackson durante l'esposizione del suo nuovo approccio alla terapia familiare. Fondatore del Mental Research Institute (MRI) e vincitore di diversi premi, Jackson era considerato uno dei migliori psichiatri americani[3][4], anche per l'importante contributo che insieme a Gregory Bateson, John Weakland e Jay Haley aveva dato alla comprensione della patogenesi della schizofrenia, con il concetto di doppio legame. Watzlawick colse dunque l'occasione per chiedergli il permesso di recarsi a Palo Alto, in California, per studiare i metodi e le ricerche del gruppo. L'MRI e la Scuola non disponevano dei fondi per sostenere il lavoro di nuovi studenti[5], ma Jackson rispose che Paul si sarebbe potuto recare da loro in qualsiasi momento senza aspettarsi dei fondi. Fu così che Watzlawick guidò attraverso gli Stati Uniti per recarsi fino a Palo Alto e, dopo un periodo di studi di tre mesi, nel 1961 ottenne il ruolo di ricercatore associato al Mental Research Institute, dove lavorò con il gruppo di Gregory Bateson e Don D. Jackson dedicandosi allo studio della pragmatica della comunicazione umana[5][6]. Di lì a poco pubblicò alcuni scritti inerenti ai rapporti tra comunicazione e interazione, tra cui A Review of the Double Bind Theory (1963), dove analizzava tutti i più importanti contributi americani ed europei al concetto di doppio legame cinque anni dopo la sua teorizzazione, e An Anthology of Human Communication (1964), in cui trattò alcuni punti fondamentali della comunicazione umana ripresi più avanti nella sua opera principale. Se già la formazione junghiana aveva allontanato Paul da una posizione deterministica tipica della psicoanalisi più ortodossa, il suo trasferimento a Palo Alto segnò l'abbandono di una concezione individualistica del comportamento umano, per un approccio interazionale basato sullo studio della comunicazione.
Nel 1967, assieme a J.H. Beavin e D.D. Jackson, pubblicò una pietra miliare della psicologia mondiale: "Pragmatica della comunicazione umana"[7][8][9]. Watzlawick era ormai fortemente convinto che l'esistenza umana avesse sempre e comunque un aspetto relazionale e contestuale e, con uno stile chiaro e concreto dei processi mentali, cominciò a spiegare i percorsi che portano l'individuo a costruire la propria realtà[5]. Nello stesso anno, Jackson creò il "Progetto di Terapia Breve" del MRI sotto la direzione di Richard Fish. Assieme a prestigiosi nomi quali Arthur Bodin, Jay Haley, John Weakland, Virginia Satir e Jules Riskin, Paul Watzlawick fece parte dei membri originari del progetto[6] e fu membro fondatore del Centro di Terapia Breve[5], pubblicando nel 1974 Change. Sulla formazione e la soluzione dei problemi (assieme a Fisch e Weakland) e nel 1977 Il linguaggio del cambiamento, dove illustrò il proprio approccio clinico e terapeutico. Queste opere risentono fortemente dell'influenza di Milton Erickson, medico di Phoenix destinato a diventare il rivisitatore dell'ipnoterapia moderna, che da un ventennio era stato avvicinato dal gruppo di Palo Alto per studiarne le originali tecniche di intervento. A partire da questi studi, anche grazie ad autori quali Jay Haley, Ernerst Rossi, John Weakland e successivamente Paul Watzlawick, fu costituito il background di quel metodo psicoterapeutico conosciuto come approccio strategico[5][6].
Abile didatta, nel 1976 Paul divenne professore associato del Dipartimento di Psichiatria e Scienza del Comportamento all'Università di Stanford[10][11]. L'ottica dei suoi insegnamenti era quella di una comprensione non patologizzante del comportamento umano, lontana dalle premesse di base della psichiatria dell'epoca. L'accostamento alle idee costruttiviste fu dunque una naturale conseguenza del suo pensiero e nel 1978 decise di invitare il cibernetico e costruttivista radicale Heinz von Foerster come principale oratore a un convegno dell'MRI, portando su di lui l'attenzione della comunità dei terapeuti familiari. Fu un modo per porre una base epistemologica costruttivista alla terapia breve[6], consolidata negli anni successivi collaborando con autori quali Jon Elster, Ernst von Glasersfeld, David Rosenhan e Francisco Varela, e con opere quali "La realtà della realtà" (1976) e "La realtà inventata" (1981).
Continuando il suo spirito di ricercatore e didatta, esercitò anche la professione di psicologo clinico in California dal 1969 al 1998, anno in cui smise di vedere pazienti[9].
Vittima fin dai primi anni '90 di complicanze dovute alla malattia di Alzheimer, si ritirò dall'MRI sul finire del 2006 in seguito a un aggravamento e morì nella sua abitazione di Palo Alto il 31 marzo 2007 in pace e senza soffrire, dopo una piacevole serata passata con la moglie Vera ascoltando musica italiana. Secondo le sue volontà, il suo corpo è stato donato alla scienza per fini di ricerca. Oltre alla moglie ha lasciato le figliastre Yvonne di Morgan Hill e Joanne di Kansas City, nonché la sorella Maria Wünsch ancora residente a Villach, e il nipote Harold[8][9][11].
Conoscitore di sette lingue e dotato di un piacevole senso dell'umorismo, Watzlawick non si abbassò mai a toni sgradevoli e inopportuni, venendo ricordato come un uomo di "un'eleganza oltre il tempo" e dai modi gentili e generosi[5]. Fu sua la celebre battuta sul DSM III che, con l'eliminazione dell'omosessualità dai disturbi psichiatrici in seguito alle forti pressioni sociali e scientifiche dell'epoca, aveva fatto sì che milioni di persone nel mondo fossero state "curate" con un tratto di penna[12]: con essa Watzlawick sottolineò l'inaffidabilità e la pericolosità di forme di etichettamento e classificazione, in special modo nell'ambito psichiatrico (qualcosa di simile è avvenuto con gli ultimi DSM, il IV e il V, per l'isteria). Massimo studioso della pragmatica della comunicazione umana, delle teorie del cambiamento e del costruttivismo radicale, nonché figura di spicco dell'approccio sistemico e della terapia breve, ha scritto circa una ventina di libri e oltre centocinquanta tra articoli e saggi, tradotti in più di ottanta lingue, diffondendo nel mondo l'approccio allo studio della comunicazione e dei problemi umani della Scuola di Palo Alto.[8][9].
Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti in Europa e in America[9], tra cui la Outstanding Teacher Award della Psychiatric Residency Class dell'Università di Stanford nel 1981, le lauree honoris causa alle Università di Liegi e Bordeaux nel 1992, la Medal for Meritorious Service di Vienna nel 1990 e l'Honorary Medal di Carinthia nel 1993.
Autori come Heinz von Foerster, Mara Selvini Palazzoli e Giorgio Nardone hanno riconosciuto il tributo dovuto a Watzlawick, sia come fonte di ispirazione che come diffusore dei loro nomi e idee[9]. In Italia, Giorgio Nardone si è ispirato all'approccio di Watzlawick per l'elaborazione di alcuni assunti della terapia breve strategica, fondando con lui il Centro di Terapia Strategica di Arezzo.
Watzlawick portò numerosi contributi allo studio della mente. Sebbene sia ricordato soprattutto per essere l'autore principale di "Pragmatica della comunicazione umana", pietra miliare della psicologia che si occupa dell'influenza della comunicazione sul comportamento e che, accanto agli studi di Bateson e del gruppo di Palo Alto, introduce l'approccio sistemico alla psicologia, sono stati fondamentali i suoi contributi più diretti alla psicoterapia, con libri come "Change. La formazione e la soluzione dei problemi" e "Il linguaggio del cambiamento. Elementi di comunicazione terapeutica". Inoltre, con "La realtà inventata" riunisce una serie di autori che, con i loro scritti, portano decisivi contributi alla teoria costruttivista.
Nel 1967 Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin e Don D. Jackson, pubblicano "Pragmatics of Human Communication. A Study of Interactional Patterns, Pathologies, and Paradoxes", che riporta gli studi condotti al MRI sugli effetti pragmatici che la comunicazione umana ha sui modelli interazionali e sulle patologie, con anche una disamina del ruolo dei paradossi comunicativi.
"Due tesi sono centrali in questo libro: 1) il comportamento patologico (nevrosi, psicosi, e in genere le psicopatologie) non esiste nell'individuo isolato ma è soltanto un tipo di interazione patologica tra individui; 2) è possibile, studiando la comunicazione, individuare delle 'patologie' della comunicazione e dimostrare che sono esse a produrre le interazioni patologiche".[13]
Gli autori aprono il testo con due capitoli tesi a sistematizzare le conoscenze relative alla teoria della comunicazione. La conclusione del primo pone degli importanti presupposti teorici:
I presupposti teorici elencati nel primo capitolo del libro aprono la strada a quelli che, ancora attualmente, vengono considerati i fondamentali assiomi della comunicazione umana:
Concetto chiave di questo libro è quello di "tentata soluzione", che raggruppa tutti gli sforzi effettuati per risolvere un problema che in realtà non fanno altro che mantenerlo o crearne uno ex novo.
Qui vengono analizzati gli elementi di comunicazione terapeutica, intesa come "un approccio terapeutico che si incentra sul linguaggio e sulle sue possibilità di costruire relazione e persuasione nei confronti del paziente".
In questo libro verranno dati importanti contributi alla teoria costruttivista.
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