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lavoratrice stagionale delle risaie Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La mondina (dal verbo "mondare", pulire) era una lavoratrice stagionale nelle risaie.
Il lavoro si svolgeva durante il periodo di allagamento dei campi (fine aprile-inizio giugno) per proteggere le delicate piantine del riso dallo sbalzo termico tra il giorno e la notte, durante le prime fasi del loro sviluppo; consisteva nel trapianto in risaia delle piantine (trapiantè, in piemontese) e nella monda (mundè).
Il lavoro della monda, molto diffuso nell'Italia settentrionale tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX secolo, consisteva nello stare per intere giornate con l'acqua fino alle ginocchia a piedi nudi e con la schiena curva per togliere le erbacce infestanti che crescevano nelle risaie e che disturbavano la crescita delle piantine di riso.
Si trattava di un lavoro molto faticoso, praticato da persone di bassa estrazione sociale (soprattutto donne), provenienti in genere dall'Emilia-Romagna, dal Veneto e dalla Lombardia, che prestavano la propria opera nelle risaie delle province di Vercelli, Novara e Pavia. Nelle risaie di Molinella si ebbero le prime proteste di mondine per l'ottenimento di migliori condizioni di vita.
Il numero massimo di mondine presenti nelle risaie del novarese raggiunse circa i 25.000 nel periodo di massimo impiego, ma già alla fine degli anni sessanta, «in seguito al processo di modernizzazione dell'agricoltura, si ridusse a 2 mila, per lo più meridionali».[1] Nel corsivo di Fortebraccio su l'Unità di giovedì 12 giugno 1969, erano riportate alcune frasi da La Stampa che davano un quadro della nuova situazione: «Quasi tutte sono al loro secondo anno di Monda e, hanno tenuto a sottolinearlo, lo fanno volentieri. "Con un mese di lavoro ci portiamo a casa dalle cento alle centoventimila lire che, per noi nel Meridione, non sono poche" ».[2]
L'abbigliamento consisteva in:
Oggi il ruolo delle mondine viene svolto dai diserbanti.
Le condizioni di lavoro erano pessime: l'orario era pesante e la retribuzione delle donne era molto inferiore a quella degli uomini. Questo fece crescere il malcontento che, nei primi del '900, sfociò in agitazioni e tumulti. La principale rivendicazione, ben riassunta dalla canzone Se otto ore vi sembran poche, mirava a limitare ad otto ore la giornata lavorativa e riuscì ad ottenere alcuni risultati tra il 1906 e il 1909, quando interi Comuni del vercellese approvarono regolamenti che accoglievano le richieste. Inoltre, le mondine rischiavano numerose malattie a causa delle zanzare e delle sanguisughe, che infestavano le risaie.
Questo lavoro ha colpito l'immaginario popolare e ha ispirato molti canti popolari, oltre che opere letterarie e cinematografiche (come Riso amaro di Giuseppe De Santis del 1949 e La risaia di Raffaello Matarazzo del 1956).
«Saluteremo il signor padrone
per il male che ci ha fatto
che ci ha sempre maltrattato
fino all'ultimo momen'
Saluteremo il signor padrone
con la so' risera neta
pochi soldi in la cassetta
e i debit da pagar...»
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