Le lingue italo-romanze (anche italoromanze) – o dialetti italo-romanzi, in senso sociolinguistico[1][2] – sono un gruppo linguistico costituito dalle varietà romanze che convivono con l'italiano quale lingua tetto[3][4].

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Lingue italo-romanze
Parlato inBandiera dell'Italia Italia
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Bandiera della Città del Vaticano Città del Vaticano
Bandiera di San Marino San Marino
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Bandiera della Croazia Croazia
Tassonomia
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Codici di classificazione
Glottologital1287 (EN)
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Carta delle lingue d'Italia
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Queste sono spesso descritte come lingue sorelle dell'italiano[5][6][7][8][9], in quanto dialetti romanzi primari, ossia varietà indipendenti e coeve alla lingua italiana, sviluppatesi autonomamente a partire dal latino.[1][4][7][10]

Vanno perciò distinte dagli italiani regionali, che sono le varietà locali della lingua italiana, da cui derivano, e che costituiscono dei dialetti romanzi secondari.[1][6][10]

Classificazione

Nella classificazione proposta da Giovan Battista Pellegrini[11][12][13][14], gli idiomi italoromanzi sarebbero costituiti da quelle «parlate della Penisola e delle Isole che hanno scelto già da tempo, come lingua guida l'italiano»[14]. Secondo la classificazione dei dialetti parlati in Italia proposta dal Pellegrini, come anche riportato da Carla Marcato[15], i dialetti italo-romanzi sarebbero:

Secondo alcuni autori, all'interno dello spazio linguistico italo-romanzo sarebbe comunque possibile distinguere tre diversi livelli concentrici di appartenenza:

Nella classificazione proposta da Glottolog, gli idiomi italoromanzi sarebbero, invece, uno specifico ramo delle lingue italo-dalmate, rappresentato dalle seguenti parlate[25]:

Critiche

Alcuni linguisti si posizionano in maniera critica rispetto al raggruppamento sistematico del Pellegrini, giacché andrebbe «contro i criteri maggioritari di classificazione delle lingue» escludendo dai criteri primari di classificazione la struttura dell'idioma (morfologia, fonetica, sintassi, lessico) e basandosi esclusivamente su criteri culturali e sociolinguistici aventi, quale unico punto di riferimento, la lingua italiana[26].

Nei manuali di linguistica adottati dalle maggiori università italiane, friulano, ladino e sardo non sono abitualmente inclusi nel gruppo italo-romanzo, essendone stata riconosciuta ormai da tempo a livello internazionale la loro individualità ed autonomia nell'ambito delle lingue romanze[27][28][29].

Gerhard Rohlfs non è ugualmente concorde con il Pellegrini nel considerare ladino, friulano e sardo come lingue appartenenti al gruppo italo-romanzo. Per Rohlfs, ladino, friulano e sardo possiedono una individualità strutturale e storica e assumono una posizione autonoma nell'ambito delle lingue romanze. Nella prefazione scritta alla edizione in lingua italiana della sua "Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti" (1969), alla nota n.1, scrive infatti: «La Sardegna resta fuori dalla cornice di questa grammatica, come pure i dialetti del Friuli e delle Dolomiti, appartenenti al gruppo del ladino. Del pari non si sono trattati i dialetti provenzali e franco-provenzali del Piemonte occidentale».

Di pari opinione è Tullio De Mauro che, chiamato dal Parlamento italiano nel 1973 a predisporre una relazione delle comunità etnico-linguistiche da considerare "minoranze linguistiche", include (relazionando per iscritto tale inclusione) ladino, friulano e sardo tra le tredici minoranze linguistiche da lui selezionate[30]; tale relazione è depositata nell'archivio del Parlamento italiano e disponibile al pubblico.

Secondo il glottologo italiano, Graziadio Isaia Ascoli, ladino dolomitico, friulano e sardo sono «varietà linguistiche autonome»; l'Ascoli riconobbe a esse «una grandezza idiomatica a sé stante» e pertanto le ritenne «divergenti dal sistema italiano vero e proprio» e «non peculiari all'Italia»[26].

Note

Bibliografia

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