La difesa della razza
Giornale italiano diffuso dal 1938-1943, organo di diffusione del razzismo sotto il regime fascista / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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La difesa della razza fu un quindicinale italiano diretto fin dal primo numero (5 agosto 1938) da Telesio Interlandi e venne stampato, con cadenza regolare, fino al 1943 (l'ultimo numero, il 117º, risulta uscito il 20 giugno 1943) dalla casa editrice Tumminelli di Roma.[2][3] Esso fu il principale strumento antisemita del regime fascista, destinato a promuovere le leggi razziali fasciste.[4][5]
La difesa della razza | |
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Stato | Italia |
Lingua | Italiano |
Periodicità | Quindicinale |
Genere | Politica, razzismo, antisemitismo, imperialismo, pseudoscienza, fascismo |
Formato | Rivista |
Fondatore | Benito Mussolini |
Fondazione | 5 agosto 1938 |
Chiusura | 20 giugno 1943 |
Sede | Palazzo Wedekind, Roma[1] |
Editore | Editrice Tumminelli |
Tiratura | 140 000–20 000 |
Record vendite | 85 000 (1938) |
Direttore | Telesio Interlandi |
Redattore capo | Giorgio Almirante (segretario di redazione) |
La difesa della razza è stata la rivista più famosa del filone del razzismo fascista, sotto il controllo del Ministero della cultura popolare, con il preciso scopo di elaborare e di divulgare una dottrina "scientifica" della razza che giustificasse agli occhi dell’opinione pubblica italiana la politica coloniale e, soprattutto, l'antisemitismo di stato. L'obiettivo era di persuadere gli italiani che il colonialismo, l'eugenetica, il divieto dei matrimoni misti e le leggi razziali fossero scelte politiche legittimate dalle leggi di Natura.[6]
L'anno era indicato solo secondo l'Era fascista e anche la numerazione delle annate seguiva lo stesso sistema (ad esempio il primo numero dell'anno II fu quello del 5 novembre 1938).[3] Nel corso degli anni le pagine della rivista diminuirono progressivamente a causa della mancanza di utili derivanti dalla vendita del periodico: il rotocalco raggiunse un numero massimo di sessantaquattro pagine (nei numeri destinati agli approfondimenti) e uno minimo di quattro nel numero del 5 aprile 1943, consegnato alle stampe incompleto (se si considera la numerazione delle pagine interne avrebbe dovuto raggiungere almeno la ventina di pagine).[7][8][9]