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sindrome che coinvolge pazienti con insufficienza cardiaca e frazione di eiezione>50% Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata (ICFEp; in inglese HFpEF: heart failure with preserved ejection fraction) è una sindrome che coinvolge quasi la metà dei pazienti con insufficienza cardiaca. Tale definizione è preferibile a “insufficienza cardiaca diastolica”, poiché le alterazioni che vi si riscontrano non sono limitate alla sola diastole o alla sola sistole[1].
La ICFEp potrebbe essere definita:
Sebbene sia stato riportato che la percentuale di pazienti ospedalizzati per insufficienza cardiaca (IC) con frazione di eiezione (FE) conservata, oscilli fra il 24% e il 55%, non siamo in grado di affermare che tale situazione sia un vantaggio in termini di mortalità: infatti almeno sino ad oggi, gli studi clinici controllati randomizzati non hanno evidenziato differenze significative in confronto allo scompenso cardiaco con disfunzione sistolica prevalente[1][2]
La ICEFp origina da un disturbo del rilasciamento o distensibilità del ventricolo sinistro, che per tale motivo necessita di elevate pressioni di riempimento atriali sinistre onde mantenere un'adeguata gittata cardiaca.
La diastole è quella parte del ciclo cardiaco che inizia con la chiusura della valvola aortica e termina appena prima della chiusura della valvola mitrale, quando le pressioni fra atrio e ventricolo diventano eguali; è divisa in due parti:
Il rilasciamento è un processo attivo[4] che richiede energia ed è sensibile a modifiche del precarico e dal postcarico: un elevato postcarico, come nell'ipertensione arteriosa, può portare ad un aumento delle pressioni di riempimento VS, con rallentamento del tempo di caduta pressoria. Vi è un parametro ecocardiografico che misura la velocità di caduta della pressione nel VS, il τ tau[5][6]
Un τ> di 48 msec è considerato anormale.
Il riempimento passivo del VS è invece dipendente da diversi fattori: dalla "rigità miocardica", dalla dimensione e dalla forma della camera, dagli spessori del muscolo cardiaco e dalla pressione esercitata da ispessimenti del pericardio. In ultimo, la compliance del ventricolo dipende dalla composizione della "matrice extracellulare" e in particolare dalla quantità e qualità del collagene fibrillare, tutto ciò può, infatti, aumentare la rigità della camera[1][7]
La maggior parte delle cause sono piuttosto note: cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa, diabete mellito[8] e ipertrofia cardiaca.
Per quanto riguarda l'ipertrofia cardiaca, studi recenti hanno dimostrato che si può ottenere un miglioramento immediato della funzione diastolica alla rimozione dell'ostacolo pressorio indotto dalla stenosi aortica[9]
Una grande influenza viene riconosciuta all'età avanzata[10] e al sesso femminile[11], che più frequentemente presenterebbe una FE conservata.
Differenze fra insufficienza cardiaca sistolica e insufficienza cardiaca diastolica
Insufficienza cardiaca sistolica | Insufficienza cardiaca diastolica |
---|---|
Cuore dilatato | VS di piccole dimensioni, Ipertrofia VS Concentrica |
Pressione arteriosa bassa o normale | Ipertensione arteriosa sistemica |
Varie età; più comune negli uomini | Più comune nelle donne anziane |
Frazione di eiezione ridotta | Frazione di eiezione normale, o solo lievemente ridotta |
Ritmo di galoppo con terzo tono | Ritmo di galoppo con quarto tono |
All'ecocardiografia: disfunzione sistolica prevalente | All'ecocardiografia: disfunzione diastolica |
Buona risposta alla terapia | Scarsa risposta alla terapia |
Cardiopatia ischemica piuttosto frequente | Cardiopatia ischemica non sempre presente |
Le cardiomiopatie restrittive colpiscono il miocardio e sono caratterizzate dal ridotto volume diastolico, o riempimento restrittivo.
Possono colpire uno o entrambi i ventricoli con funzione sistolica normale o quasi normale[1]. Vengono princincipalmente distinte in primitive e secondarie.
I sintomi dell'insufficienza cardiaca diastolica non si differenziano da quelli dell'insufficienza cardiaca sistolica, in particolare un paziente in fase di compenso può essere del tutto asintomatico. La dispnea, l'affaticamento, la palpitazione e la sincope possono evidenziarsi se presenti aritmie, fra le quali la più frequente è la fibrillazione atriale. Può essere presente il Segno di Kussmaul.
Abbiamo diversi esami di cui possiamo far uso, ma ovviamente ciò che necessita è un esame di screening che possa essere utilizzato con facilità e che ci possa permettere dei controlli ripetuti come l'ecocardiogramma, che è la metodica più idonea e più usata per la valutazione della funzione diastolica. In effetti è fondamentale documentare la presenza di valvulopatia, di condizioni patologiche del pericardio, come il versamento pericardico o il suo ispessimento, calcolare la massa ventricolare e la funzione sistolica: in assenza di alterazioni strutturali rilevabili, la diagnosi di insufficienza diastolica è improbabile.
I parametri eco-derivati sono numerosi e non sempre di facile interpretazione, i più noti sono:
Altre metodiche di imaging vengono utilizzate nello studio della funzione diastolica: Cateterismo cardiaco, Risonanza magnetica nucleare e Tomografia assiale computerizzata. La biopsia endomiocardica viene di solito utilizzata, qualora si sospetti una malattia infiltrativa, come nella Cardiomiopatia restrittiva secondaria.
Nessuna terapia è risultata sicuramente efficace in caso di ICFEp, infatti non vi sono dati significativi provenienti da ampi studi controllati[1][13].
Gli approcci terapeutici sono gli stessi che vengono utilizzati per IC sistolica o per controllare le patologie sottostanti, che hanno portato alla disfunzione diastolica. Per contenere i sintomi da congestione polmonare e da edema periferico vengono utilizzati: diuretici, ACE-inibitori e spironolattone. I β-bloccanti e i Calcio-antagonisti, tipo Verapamil e Diltiazem, rallentando la frequenza permettono di migliorare il riempimento distolico e quindi la gittata cardiaca.
Un discorso a parte con i glicosidi cardiotonici: il loro uso è stato progressivamente ridotto, sia per il loro ristretto indice terapeutico, che per l'inefficacia nel ridurre la mortalità.[14] L'indicazione principale per il loro utilizzo è legata alla capacità di controllare la frequenza cardiaca nella fibrillazione atriale, che è molto mal tollerata nei pazienti con disfunzione diastolica[1].
In generale gli inibitori del sistema RAAS, vengono utilizzati come anti-ipertensivi e per il loro effetto sulla riduzione dell'ipertrofia, come indicato nello studio CHARM che utilizzava il candesartan[15][16]
L'emodialisi viene occasionalmente utilizzata nei casi di insufficienza cardiaca refrattaria.
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