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pittore italiano del XVI secolo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma (Vercelli, 1477 – Siena, 15 febbraio 1549), è stato un pittore italiano del Rinascimento.
Nato a Vercelli (secondo taluni a Siena o a Vergelle[1]) nel 1477 dal calzolaio Giacomo Bazzi, originario forse di Biandrate[2], e da Angela da Bergamo, a soli tredici anni iniziò il suo praticantato, nella sua città, presso la bottega del pittore Giovanni Martino Spanzotti. Successivamente, nel 1498, si trasferì dapprima a Milano e quindi a Siena, nel 1501. Siena divenne la sua residenza più o meno stabile, ma fu operativo anche a Roma.
La sua presenza a Roma è documentata nel 1508, quando il papa Giulio II gli commissionò le decorazioni del soffitto della Stanza della Segnatura in Vaticano. Nell'affresco La scuola di Atene, (1509-1511), il Sodoma stesso è raffigurato vicino a Raffaello.[3]
Nella villa Farnesina, a Roma, è conservato un suo affresco con le Nozze di Alessandro e Rossane, dipinto per il banchiere senese Agostino Chigi. L'affresco è ispirato a un'opera greca perduta, un quadro del pittore Aezione (IV secolo a.C.), descritto nel II secolo dallo scrittore greco Luciano di Samosata.
Sodoma si sposò in gioventù, ma presto si separò da sua moglie. Una sua figlia sposò Bartolomeo Neroni, detto anche Riccio Sanese o Maestro Riccio, uno dei suoi principali allievi.
Al 1515 risale un suo autoritratto come Giuda nell'affresco staccato nella chiesa di San Bartolomeo a S. Monte Oliveto a Firenze.[senza fonte]
Il curioso soprannome, con cui egli stesso talvolta si firmava e attestato dal 1512, deriverebbe, stando a Giorgio Vasari, proprio dai costumi sessuali del pittore; è stato anche affermato che il nome sia stato il risultato di uno scherzo e che Bazzi sembra averlo portato con orgoglio[4]. C'è anche chi pensa che il soprannome non avesse nulla a che fare con il significato di sodomia, ma fosse la spiritosa toscanizzazione di un intercalare del pittore in lingua piemontese («sű, 'nduma!» = orsù, andiamo!), usato ancora oggi per esortare a sbrigarsi; da cui il motto: «val pusè 'n andà che cent anduma (= 'nduma)» = vale di più un andare che cento «andiamo».[2]
La figura artistica del Sodoma costituisce una sorta di ponte tra tardo rinascimento e manierismo; a Siena in particolare la sua importanza fu notevole nell'imprimere le linee generali al successivo manierismo senese.
Tra coloro che si occuparono della figura del Sodoma emerge Luigi Bruzza[5].
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