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applicazione delle tecniche di marketing a uno specifico prodotto, linea di prodotto o marca (brand) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La gestione del marchio (spesso indicata con la locuzione inglese brand management o branding) è l'applicazione delle tecniche di marketing a uno specifico prodotto, linea di prodotto o marca (brand). Lo scopo è aumentare il valore percepito da un consumatore rispetto a un prodotto, aumentando di riflesso il patrimonio di marca. Gli operatori del marketing vedono nella marca la "promessa" implicita di qualità che il cliente si aspetta dal prodotto, determinandone così l'acquisto nel futuro.
L'attività di gestione del marchio si occupa soprattutto dell'assemblaggio e del mantenimento di un mix di valori, sia tangibili che intangibili, che siano rilevanti per i consumatori e che distinguano significativamente e in maniera appropriata la marca di un produttore da quella di un altro.
Si considera che la gestione del marchio sia una disciplina nata alla Procter & Gamble come risultato di un famoso promemoria di Neil H. McElroy.
Sono definite marche di primo piano quelle che si adattano particolarmente bene all'ambiente e che perciò sopravvivono e prosperano[1]. Esse possono riguardare sia merci che servizi, riportando in modo generico il nome dell'impresa oppure essendo correlate ad uno specifico prodotto. L'elemento che le accomuna è quello di riguardare prodotti con prezzi competitivi, i quali offrono ai consumatori un buon livello qualitativo. In questo modo la marca funge da credibile forma di garanzia, permettendo al consumatore l'identificazione di prodotti in grado di offrire un sicuro valore aggiunto.
Una giusta gestione del marchio genera un aumento delle vendite, rendendo il prodotto più appetibile rispetto a quelli della concorrenza. Il patrimonio di marca è determinato dall'extra profitto che genera per l'impresa grazie all'utilizzo del marchio.
La storia della creazione e dello sfruttamento delle marche commerciali può essere ricostruita risalendo nel tempo fino a molti secoli prima che il termine venisse usato nel suo moderno significato: già ai tempi dei Greci e dei Romani esistevano diversi modi per promuovere merci e manufatti. Solitamente, venivano redatti degli annunci con lo scopo di informare il pubblico sul fatto che un certo individuo, abitante in un certo luogo, fosse esperto nella fabbricazione delle scarpe, oppure che un altro individuo, di cui veniva comunicato l'indirizzo, fosse uno scrivano. I Greci si avvalevano anche dei banditori, per annunciare l'arrivo di navi con carichi particolari.
Grande parte delle prime forme di marketing e di pubblicità erano dunque strutturate su base strettamente personale, e mettevano sullo stesso piano d'importanza il nome di un individuo e il prodotto o servizio da questi offerto. Lo sviluppo moderno di questo fenomeno può essere rinvenuto nell'apposizione del nome del negoziante sull'entrata del proprio negozio. Nei tempi antichi i negozi furono rapidi nell'escogitare un buon metodo per far propaganda alle proprie merci: l'uso di figure. Nell'antica Roma, le macellerie esponevano un'insegna raffigurante una fila di prosciutti, mentre i calzolai esponevano un'insegna con uno stivale e le latterie si facevano riconoscere attraverso il disegno abbozzato di una mucca[2].
Nell'epoca classica tutto ciò era indispensabile perché la quasi totalità degli acquirenti potenziali era analfabeta, e sarebbe stata in grado di riconoscere un particolare prodotto solo attraverso le figure. L'avvento di un'era più sofisticata e caratterizzata da un minore tasso di analfabetismo ha condotto ad oggi ad una promozione più ingegnosa, che accompagna il nome di un prodotto e attira l'attenzione del pubblico su di esso, anche grazie all'uso di sofisticati simbolismi in grado di richiamare alla mente una certa marca. Esempi sono la conchiglia (in inglese shell) nel logotipo della Shell, o il nido con gli uccelli (in inglese "nest") come contrassegno dei prodotti Nestlé.
La creazione di marche commerciali in maniera moderna, attraverso l'uso di nomi particolari e non generici, ha le proprie origini nel diciannovesimo secolo. La rivoluzione industriale e il conseguente sviluppo delle tecniche della pubblicità e del marketing resero di primaria importanza la scelta di attribuire il nome a un prodotto. La rapida crescita della popolazione in Europa come negli Stati Uniti, l'estensione delle ferrovie e la costruzione di nuove fabbriche originarono un'intensa domanda per tutta una serie di nuovi prodotti, a partire da quelli di uso domestico, per arrivare fino agli apparecchi elettrici e meccanici. Ciò sfociò nell'esigenza, per produttori e venditori, di scegliere una marca che fosse efficace sotto diversi punti di vista: facile da ricordare e da pronunciare, originale e in molti casi direttamente o indirettamente descrittiva del prodotto cui si riferiva.
La necessità di scegliere una marca che possa essere efficace a livello sia nazionale che internazionale è ritenuta di massima importanza per tutte le imprese, fin dai primordi.
Un marchio di successo ha le seguenti caratteristiche:
Esistono diversi tipi di marchi, ciascuno dotato di caratteristiche molto diverse.
I prodotti di largo consumo, reperibili nella grande distribuzione organizzata, non usano praticamente mai corporate brands: questi sono impiegati in settori dove i prodotti sono poco o per nulla diversificati, rendendo così sufficiente l'utilizzo del marchio aziendale (si pensi ai distributori di carburante: Agip, Erg...).
Al contrario, nei supermercati, se si escludono corporate brands come Coca-Cola o Pepsi, è più facile trovare furtive brands. La birra Kronenbourg, ad es., è un brand furtive mono: mono perché identifica solo quel bene, furtive perché il marchio dell'azienda proprietaria appare solamente in ridottissime dimensioni sul retro della bottiglia.
Esempi di brand furtive family sono invece i prodotti Findus, un ampio portafoglio di prodotti, sulle cui confezioni non si trova però il logo Unilever.
In primo luogo, un produttore può decidere di vendere senza marca, nel caso di prodotti generici (come il sale), oppure applicare un marchio.
In questo secondo caso, le tre strategie fondamentali riguardano l'utilizzo di:
In secondo luogo, è compito del gestore del marchio decidere quale strategia seguire, a seconda del rapporto tra la marca (nuova o preesistente) e la categoria del prodotto (nuova o preesistente).
Le strategie di marca sono:
In terzo luogo è necessario definire la struttura che organizza il portfolio dei brand detenuti dall'Impresa, stabilendone i ruoli e le relazioni reciproche sulla base delle esigenze competitive di medio e lungo termine. Un'architettura di marca efficace e armonica rende più cristallina l'offerta e favorisce sinergie tra i marchi gestiti. Esistono 3 tipi fondamentali di architettura di marca:
Il processo di gestione del marchio è caratterizzato dalle seguenti componenti:
I marchi con un'eredità non sono semplicemente associati a organizzazioni antiquate; anzi, esaltano attivamente i valori e si posizionano in relazione alla loro eredità.[3] I marchi offrono molteplici vantaggi alle organizzazioni a vari livelli di mercato, riflettendo l'intero processo esperienziale offerto ai consumatori. Nel caso delle organizzazioni di volontariato, se possono sbloccare il loro patrimonio di marca e ciò migliorerà l'impegno dei volontari, nella misura in cui le organizzazioni "con una lunga storia, valori fondamentali, risultati positivi e uso di simboli possiedono, consapevolmente o meno, un vantaggio intrinseco in un panorama sempre più competitivo». Nel contesto del turismo le nozioni preconcette di brand heritage stimolano l'accresciuta esperienza di autenticità esistenziale, aumentando la soddisfazione per l'esperienza del visitatore. Per i beni di consumo la comunicazione della continuità della promessa di marca può aumentare l'autenticità della marca percepita.[4]
Le norme ISO relative al branding sviluppate dal Comitato ISO/TC289 sono:
Altre due Norme ISO sono in fase di sviluppo da parte di ISO/TC289:
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