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malattia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Le filariasi linfatiche o filariosi linfatiche sono malattie parassitarie causate da nematodi della famiglia delle Filariidae (detti "filarie"). Si distinguono dalle altre filariasi per la localizzazione delle forme adulte a livello dei vasi linfatici, dove esercitano la loro azione patogena provocando ipertrofia dei tessuti sottocutanei (elefantiasi).
Le filariasi linfatiche, nell'uomo, sono causate da 3 specie: Wuchereria bancrofti (filariasi bancroftiane o di Bancroft) e Brugia spp. (Brugia malayi e Brugia timori, filariasi brugiane).
Le femmine adulte di W. bancrofti misurano da 80 a 100mm in lunghezza e da 0.24 a 0.30mm in diametro. I maschi adulti misurano 40mm in lunghezza e 0.1mm in diametro. Le microfilarie misurano da 244 a 296 µm in lunghezza e da 7.5 a 10 µm in diametro.
Le forme adulte sono simili a quelle di Wuchereria bancrofti, ma sono più piccole. Le femmine adulte misurano da 43 a 55mm in lunghezza e da 130 a 170 µm in diametro. I maschi adulti misurano 13 a 23mm in lunghezza e da 70 a 80 µm in diametro. Le microfilarie misurano da 177 a 230 µm in lunghezza e da 5 a 7 µm in diametro.
Le filariasi linfatiche interessano più di 90 milioni di individui in tutto il mondo, in tutte le zone tropicali e subtropicali.
Wuchereria bancrofti si può trovare ovunque ai Tropici, tra i 42° di latitudine N e 23° di latitudine S, endemica in regioni umide e piovose per la maggior parte dell'anno. La fascia tropicale e subtropicale è stato divisa in 7 zone geografiche a seconda delle zanzare vettore di W.bancrofti che vi prevalgono.
Brugia malayi si trova in Cina, nel Sud dell'India e nel Sud-Est Asiatico; Brugia timori si trova su alcune isole indonesiane (es. Timor).
W. bancrofti è responsabile del 90% delle filariosi linfatiche[1][2]. La Brugia malayi causa la maggior parte dei casi rimanenti, mentre la Brugia timori è una causa rara[3]. Poiché la filariosi linfatica richiede punture di zanzara ripetute per diversi mesi o anni, la diffusione dell'infezione dovuta al turismo è bassa. Zanzare vettori W. bancrofti preferiscono il sangue umano; l'uomo sembra essere l'unico animale naturalmente infettato da W. bancrofti. Ospite del serbatoio sconosciuto.
In Sud America, quattro Paesi endemici stanno lavorando sulla filariosi linfatica, tra cui Brasile, Repubblica Dominicana, Guyana e Haiti[4][5]. In America Latina, la diffusione della filariosi linfatica avviene attraverso la W. brancrofti, gli unici antropodi presenti nella regione, culex quinquefasciatus[6][7][8]. Il tasso di sviluppo esponenziale nelle Americhe viene combattuto attraverso lo sviluppo del programma MDA. Il programma MDA, un programma di somministrazione di farmaci in tre fasi, ha portato a una riduzione del 67% della necessità di un programma di somministrazione di farmaci. Il Brasile ha preso di mira la crescente endemia prescrivendo farmaci DEC nell'ambito del programma MDA alle comunità più colpite dalla malattia. Il Brasile ha fatto del suo meglio per fornire cure mediche, fornendo annualmente questi farmaci, oltre a offrire assistenza post-ospedaliera, mostrando ai familiari come trattare la malattia, creando posti di lavoro e creando una rete sociale per integrare i pazienti nella società[9]. La Repubblica Dominicana ha somministrato 5 corsi di DEC all'anno per cinque anni, dal 2002 al 2007. Dopo l'azione decisiva iniziale, il Dominican ha introdotto altri tre corsi di MDA. Anche la Guyana ha utilizzato farmaci DEC per concentrarsi sulla prevenzione della diffusione della malattia, utilizzando sale arricchito di DEC dal 2003 al 2007 e passando infine a MDA con DEC dal 2014 ad oggi[10][11].
Le filarie hanno una fase di sviluppo nell'ospite definitivo vertebrato (l'uomo) e una fase nel vettore artropode (la zanzara). Brugia malayi può essere trasmessa anche a gatti e scimmie. Attraverso la ferita della puntura, durante il pasto ematico, la zanzara infetta introduce nell'organismo dell'ospite definitivo le larve di filaria al III stadio. Le larve diventano adulte e raggiungono i vasi linfatici. Gli adulti producono microfilarie (dopo 9 mesi W.bancrofti e dopo 3 mesi Brugia spp.) con un ritmo circadiano. Le microfilarie migrano nei vasi sanguigni (solo W.bancrofti) e nei vasi linfatici, per essere ingeriti dalle zanzare durante un nuovo pasto ematico (vivono nel sangue per poco meno di un anno). Dopo essere state ingerite, perdono il loro rivestimento e alcune di esse si fanno strada attraverso la parete del proventricolo e della porzione cardiaca del tubo digerente della zanzara, raggiungendo i muscoli toracici. Qui le microfilarie si sviluppano in larve al I stadio, poi al II stadio, finché raggiungono la condizione di larve al III stadio, potenzialmente infettanti. Le larve migrano verso la proboscide della zanzara pronte a infestare l'ospite definitivo al successivo pasto ematico.
Nel 1879 sir Patrick Manson scoprì il fenomeno della periodicità della concentrazione delle microfilarie nel sangue periferico dell'organismo ospite, la quale varia con ritmo circadiano ed è maggiore in corrispondenza delle ore nelle quali le zanzare vettore sono solite pungere. Questo adattamento ha consentito l'aumento delle probabilità del completamento del ciclo vitale. La periodicità varia a seconda delle abitudini delle zanzare vettore.
Nella maggior parte delle zone geografiche, la periodicità di W.bancrofti e B.malayi è notturna, con picco a mezzanotte e parassitemia quasi nulla a mezzogiorno. Esistono ceppi di W.bancrofti e di B.malayi che mostrano una "sub-periodicità", sia notturna (entrambi), sia diurna (solo W.bancrofti): le microfilarie sono sempre presenti in circolo, ma a concentrazioni più alte nel momento di "sub-periodicità". La periodicità è sostanzialmente influenzata dai ritmi circadiani dell'ospite, perché scompare nei lavoratori notturni che dormono di giorno. Nel 1912, Manson-Bahr, alle isole Figi, scoprì ceppi "sub-periodici" diurni di W.bancrofti, tipici delle isole dell'Oceano Pacifico.
Le microfilarie sono patogene anche per il vettore: la loro presenza ne accorcia la vita media e la vitalità.
Per la patogenesi è molto importante la continua re-infestazione per mezzo delle punture di zanzara ripetute nel tempo, che mantengono la parassitosi. Il danno ai vasi linfatici sembra mediato sia dalla risposta infiammatoria dell'ospite contro il verme adulto che ivi risiede, sia dall'azione locale meccanica diretta del parassita o delle sostanze da esso prodotte. La risposta infiammatoria porterebbe alla formazione di tessuto granulomatoso attorno al verme adulto, con ostruzione del flusso linfatico. Il parassita stesso, liberando sostanze da esso prodotte, indurrebbe la proliferazione dell'endotelio dei vasi linfatici e la loro dilatazione, con formazione di circoli collaterali; tuttavia è preponderante il ruolo patogenetico delle sovrinfezioni batteriche ricorrenti. Dal punto di vista anatomo-patologico si distinguono successivi gradi di danno al sistema linfatico
Solitamente l'infezione viene acquisita durante l'infanzia e le manifestazioni cliniche possono evidenziarsi solo dopo anni, in modo acuto, o più spesso lentamente, in maniera subdola, anche a seguito di continue nuove infestazioni.
È caratterizzata dalla comparsa di segni e sintomi aspecifici (malessere, prostrazione, febbre con brividi e sudorazione, cefalea) e di altri più specifici. Nella prima fase le manifestazioni cliniche sono reversibili, ma possono ricorrere anche più volte all'anno. Manifestazioni di tipo allergico possono comparire un mese dopo l'infestazione.
L'elefantiasi colpisce gli arti, solitamente quelli inferiori, e i genitali. L'elefantiasi del pene in genere è associata a quella scrotale e può dare quadri mostruosi e invalidanti, con stenosi del meato urinario esterno e conseguenti fistole e stravasi urinari. La cute del pene si può retrarre facendo scomparire il pene nello scroto. Si può avere il cosiddetto “inguine penzolante” ("hanging groin") per la formazione di grandi e pesanti formazioni linfonodali (adenolinfocele) che deformano l'inguine. Nella donna può colpire le mammelle e la vulva, ma è solitamente meno invalidante.
Le filariasi da Brugia spp. ("brugiane") a differenza di quelle da W.bancrofti ("bancroftiane") coinvolgono più raramente i genitali e non provocano chiluria. L'elefantiasi "brugiana" è meno invalidante ed è solitamente confinata sotto al ginocchio.
Nelle infestazioni attive l'ipereosinofilia è sempre importante e si può avere anche un aumento significativo delle immunoglobuline E (IgE).
La diagnosi microbiologica si basa sulla dimostrazione della presenza delle microfilarie nel sangue periferico, nelle urine, nel fluido dell'idrocele o in un pezzo bioptico. Per il prelievo bisogna considerare la periodicità delle microfilarie che può variare a seconda dei ceppi di W.bancrofti, B.malayi, e B.timori: se la periodicità è notturna il migliore momento per il prelievo è tra le ore 22:00 e le ore 4:00. La microfilariemia nei ceppi sub-periodici è maggiore nel pomeriggio, ma le microfilarie si trovano sempre. La microfilaremia può essere stimolata (test di provocazione) con la somministrazione di una dose di DEC di 1–2 mg/kg. Il sangue capillare prelevato con la puntura di un polpastrello si esamina direttamente su vetrino, dopo colorazione. È possibile incontrare vermi adulti o forme larvali in linfonodi o in altri pezzi bioptici.
La diagnosi di elefantiasi è clinica e non necessita di conferma radiografica. Alla radiografia le ossa lunghe possono mostrare un ispessimento ondulato della corticale per formazione periostale di nuovo tessuto osseo, in risposta al linfedema e all'ostruzione del circolo venoso. Tuttavia non va esclusa la possibilità di complicazioni osteomielitiche, soprattutto negli stadi avanzati di elefantiasi. La sedentarietà alla quale sono spesso costretti gli individui affetti da elefantiasi può provocare osteoporosi focale agli arti inferiori (osteodistrofia di Sudeck).
La linfangiografia tradizionale impiega mezzi di contrasto oleosi che vengono iniettati dai piedi, in vasi collettori individuati e preparati precedentemente da un chirurgo. Il mezzo di contrasto mette in evidenza all'esame radiografico il decorso dei vasi linfatici, che quando sono patologici, sono dilatati, tortuosi e, quando sono interrotti, hanno circoli collaterali.
La linfoscintigrafia impiega radiofarmaci che vengono iniettati per via sottocutanea, nel territorio che è drenato dai vasi linfatici che si vuole studiare: il radioisotopo impiegato è il 99mTc-solfuro. L'esame è più facile da eseguire, meno invasivo, meno pericoloso e fornisce un'immagine anatomo-funzionale più accurata, ma costa molto di più della linfangiografia tradizionale. Spesso il risultato non è correlato alla presentazione clinica della malattia: il linfoscintigramma spesso mostra reperti più anomali in distretti corporei apparentemente meno "malati". Un ampio gruppo di pazienti con microfilariemia, ma asintomatici mostrano un importante aumento del flusso linfatico inguinale, dagli arti inferiori.
Gli studi ecografici sono stati condotti principalmente sulla filariasi bancroftiana: gli studi sulle forme brugiane sono scarsi e molto poco è noto.
L'ecografia può evidenziare le filarie adulte nei principali vasi linfatici superficiali inguinali, dell'area scrotale nei maschi e dell'area mammaria e nei linfonodi ascellari nelle femmine, consentendo la diagnosi precoce di infestazione e di malattia, soprattutto nei casi pediatrici. L'esame ecografico consente una diagnosi agevole di idrocele, il cui quadro ecografico è comune a tutte le eziologie: si ha una raccolta liquida nella cavità vaginale del testicolo, mono- o bilaterale, che appare del tutto anecogena, ma che può avere echi di bassa intensità, nel caso in cui il versamento abbia un contenuto corpuscolato; contemporaneamente si ha lo spostamento posteriore del testicolo. L'ecografia può dimostrare la tortuosità dei vasi linfatici scrotali, con dilatazioni fino a 15mm di calibro. Si può anche dimostrare la presenza al loro interno delle forme adulte di filaria, come immagini iperecogene lineari con i loro caratteristici movimenti "danzanti" ("twirling"); la presenza delle macrofilarie nei linfatici esaminati si può confermare chirurgicamente. L'esame ecografico permette la diagnosi e la stadiazione della filariasi e può fare da guida a un'eventuale rimozione chirurgica dei vermi adulti. Individui asintomatici possono albergare microfilarie in circolo nonostante l'assenza di segni clinici. L'esame ecografico può già in questo stadio evidenziare i movimenti delle filarie adulte in vasi linfatici dilatati. L'ecografia è impiegabile anche nello studio della mammella adulta. La filariasi mammaria si può presentare con noduli solitari; è possibile una diagnosi con prelievo citologico dalla lesione tramite puntura ecoguidata e aspirazione: il reperto di linfoadenite da microfilarie può evitare un intervento chirurgico più impegnativo.
Le filariasi sono raramente fatali, ma possono provocare un'importante invalidità a chi ne è affetto, con gravi ripercussioni di tipo sociale ed economico. Dopo la lebbra, nel mondo, sono la seconda causa di invalidità permanente o a lungo-termine. I casi fatali sono da ricondurre a eventuali complicanze settiche sistemiche.
Il farmaco antiparassitario più comunemente impiegato è il citrato di Di-etil-Carbamazina (DEC): è un agente che uccide le microfilarie (microfilaricida) di W.bancrofti, B.malayi e B.timori, con qualche azione anche sulle forme adulte. Non se ne conosce il preciso meccanismo d'azione: agisce paralizzando le microfilarie, favorendone l'eliminazione da parte del sistema immunitario dell'ospite. Il trattamento prevede diversi schemi, ma la dose comunemente somministrata è sempre di 6 mg/kg/die, per os.
Per i primi 3 giorni del trattamento si consiglia l'impiego di dosi più basse (2–3 mg/kg/die) per minimizzare il rischio di effetti collaterali: la distruzione massiva delle microfilarie può provocare manifestazioni allergiche, già qualche ora dopo l'inizio del trattamento (più spesso nelle filariasi brugiane).
Le reazioni avverse di tipo sistemico consistono in febbre, cefalea, capogiri, dolori muscolari e articolari, anoressia, malessere e nausea: l'importanza del quadro clinico è direttamente proporzionale alla carica parassitaria. Le reazioni avverse di tipo locale, più tardive rispetto a quelle sistemiche, consistono in un temporaneo peggioramento del linfedema, in linfoadeniti, in funicolo-epididimiti e in peggioramento dell'idrocele. La terapia con DEC può avere effetti curativi anche su altre elmintiasi misconosciute ed eventualmente compresenti (es. ascaridosi) che si manifestano con l'eliminazione di vermi adulti. La somministrazione di DEC deve essere fatta con molta cautela nelle zone endemiche per oncocercosi e loiasi, per il rischio di gravi reazioni avverse (reazione di Mazzotti: comparsa di prurito, linfoadenite, esantema, febbre, ipotensione, shock).
È stato proposto con successo l'impiego dell'ivermectina (IVM), da sola o in associazione con la DEC. L'ivermectina è un potente microfilaricida, (ma non macrofilaricida) di W.bancrofti. Il farmaco agisce come agonista sui recettori GABAergici, potenziando i segnali inibitori ai motoneuroni dei parassiti, paralizzandoli. L'ivermectina non passa la barriera emato-encefalica, pertanto non è paralizzante per l'uomo. Il trattamento prevede la somministrazione per os di 150-200 µg/kg in singola dose, ripetibile dopo 2-3 mesi, oppure 400 µg/kg una volta all'anno. È possibile anche l'associazione con DEC: DEC 6 mg/kg + IVM 400 µg/kg una volta all'anno. L'impiego di ivermectina non è consigliato nei bimbi di età inferiore ai 5 anni o di peso corporeo inferiore ai 15 kg.
Viene impiegato anche l'albendazolo, alla dose di 400 mg/die per 3 settimane, ma con risultati meno soddisfacenti.
Il linfedema cronico si controlla con il riposo a letto con gli arti affetti sollevati e con bendaggio compressivo. La terapia antiifiammatoria steroidea riduce l'edema e la flogosi dei tessuti linfedematosi.
Recentemente è stato scoperto che anche Wuchereria bancrofti e Brugia malayi, come Onchocerca volvulus, albergano, come simbionti, batteri del genere Wolbachia, che, se eliminati, rendono il nematode sterile o ne determinano la morte[12].
Gli idroceli importanti e l'elefantiasi scrotale possono essere trattati con escissione chirurgica. La chirurgia plastica può correggere l'elefantiasi degli arti ma spesso con scarso successo e con necessità di numerose sedute di innesti cutanei.
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