Federico Ferrario probabilmente milanese di nascita, studiò alla bottega del pittore, più portato all'affresco che alla pittura su cavalletto, Pietro Maggi. Risulta che fosse sposato forse con una parente del suo maestro: Margherita Maggi, ma che era sicuramente morta nel 1788. Dal matrimonio nacque un solo figlio: Carlo, che seguì i lavori del padre. Alla bottega del Maggi si specializzò nella stesura della pittura a fresco.[1]
Dell'artista non si conoscono opere giovani, ma è documentato dal 1750. Il primo documento risale al 1752, ed è un piccolo lavoro per la chiesa di San Filippo a Lodi.[2] Per aver maggior possibilità lavorativa l'artista oltre ad aver lavorato a Milano con gli affreschi per la chiesa di Sant'Alessandro si allontanò e si spostò in molte zone della Lombardia.
Molte sue opere sono conservate nelle città di Pavia, a Monza, al Sacro Monte di Orta, a Cremona, a Piacenza, ma soprattutto nella bergamasca, dove nel Settecento si intraprese un grande lavoro di ammodernamento di edifici di culto in stile neoclassico: con la necessità di nuovi decori era possibile trovare molte committenze. Furono gli anni dopo il 1760 che si intensificò la sua presenza a Bergamo dove lavorò con il quadraturista Bernardo Brignoli per molte delle sue opere.[2]
Pur avendo imparato a scuola del Maggi con discendenza della scuola milese grazie alla sua collaborazione con altri artisti e con gli studi del duomo di Monza poté ottenere uno stile più libero senza mai arrivare però allo stile rococò rimanendo sempre dai tratti conservatori. Gli anni trascorsi a Bergamo lo avvicinarono all'arte di Vincenzo Angelo Orelli e all'arte veneziana, rilevabile nelle opere successive i primi anni.
Nel 1790 fu nominato direttore dell'Accademia Ambrosiana, con Gian Antonio Cucchi, e Antonio De Giorgi, dove risulta che firmò richieste di sussidi per l'accademia stessa. Da quella data pare che non realizzò più dipinti. Morì nella sua casa a Milano.
Molti furono i lavori eseguiti dall'artista di cui alcuni sono andati perduti, particolarmente per il territorio di Bergamo, se ne citano solo alcuni:[3]
Storie e gloria di san Benedetto della cappella omonima dell'Abbazia di Chiaravalle, 1754;
Storie di Sant'Alessandro volta della navata della Basilica di Sant'Alessandro in Colonna, e della cupola, presbiterio e medaglione nella sagrestia, 1780;