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poema latino attribuito a Lattanzio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
De ave phoenice è un'elegia latina sulla mitica fenice, attribuita all'autore cristiano Lattanzio.
De ave phoenice | |
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Mosaico della fenice da Antiochia di Siria (250-300 d.C.) | |
Autore | Lattanzio (?) |
1ª ed. originale | ca. 300 d.C. |
Editio princeps | Roma, Sweynheym e Pannartz, 1468 |
Genere | Elegia |
Lingua originale | Latino |
L'attribuzione a Lattanzio si basa su quanto riportato da due dei tre codici più antichi; poiché questi risalgono però al più presto all'VIII secolo, non è stata universalmente accettata. Ad esempio il fatto che san Girolamo non citi il poema elencando le opere di Lattanzio nel De viris illustribus è stato addotto quale argomento contro la paternità lattanziana.
L'attribuzione fu a lungo controversa anche perché il poema non contiene espliciti riferimenti al Cristianesimo.[1] La spiegazione tradizionale di questa apparente contraddizione era che Lattanzio avrebbe composto l'elegia prima della sua conversione, che fu in età alquanto matura, collocandone così la composizione attorno all'anno 300. Secondo altri critici, tuttavia, il componimento sarebbe effettivamente di Lattanzio oltre che cristiano, ma in forma volutamente celata: si tratterebbe di una reinterpretazione della mitica fenice come allegoria della risurrezione di Gesù.
Già appena un secolo dopo, Claudiano (poeta di fede pagana e non cristiana) compose un poema di analogo argomento, chiaramente debitore a questo carme.
Sul finire del VI secolo, Gregorio di Tours lo citò e attribuì esplicitamente a Lattanzio nel De cursu stellarum ratio.
Più in generale, il poema ricopre una certa importanza quale uno dei primi esempi a noi noti di poesia cristiana in lingua latina.
L'editio princeps si ebbe a Roma nel 1468, all'interno della cosiddetta editio Romana delle opere di Lattanzio da parte di Sweynheym e Pannartz, ristampa ampliata della loro edizione sublacense del 1465, la quale a sua volta era stata uno dei primi libri stampati in Italia.
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