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Ahimaaz ben Paltiel, nella sua cronaca medievale, datò l'origine della comunità ebraica di Oria al 70 d.C., al fine di nobilitarne l'origine[1]. La comunità giunse al suo apogeo nel X secolo[2], quando fu decimata dall'assedio posto alla città da parte di predoni musulmani[3]. La presenza ebraica a Oria fu dunque interrotta sino alla fine del XV secolo, quando un gruppo di famiglie ebree si stabilì in città, esercitando attività di credito[4].
«Sapienti combattivi e vittoriosi nella controversia, maestri tra i cultori della cerbiatta amabile e della gazzella leggiadra»
La fortuna di Oria nel Medioevo, tra VII e X secolo era dovuta soprattutto alla sua sapiente comunità ebraica, tra le più illustri e prestigiose d'Europa[5], con i suoi filosofi, poeti e medici[6]. I maestri ebrei oritani si distinsero nello studio dei midrashim[7] e della Torah ed attraverso la loro elaborazione dottrinale sono precursori degli studi cabalistici[8]. La comunità di Oria nel X secolo si estinse rimanendo fedele al Talmud di Gerusalemme[9].
Il figlio più noto di Oria è Shabbetai Donnolo[10] sapiente commentatore biblico del Libro della Creazione[11], dotto medico aperto al confronto con la cultura cristiana sia di rito romano che greco Donnolo, grazie al suo sapere e alla sua perizia non comune, anticipa l'archiatra, figura tipica del basso medioevo[12] La fama di Donnolo si somma a quella di altri dotti Oritani, prevalentemente payyetanim, tra cui Amittai il Vecchio, Hananeel ben Amittai, Shefatiah ben Amittai, Zevadiah[13] Haimaaz, Amittai ben Shefatiah[14], e il cronista Ahimaaz ben Paltiel, che si dichiara discendente della prestigiosa famiglia ebraica oritana[15]. Della influente comunità ebraica oritana, resta testimonianza solo il Rione Giudea[16]. e la Porta degli Ebrei. La maggior parte degli ebrei furono comunque uccisi nell'assedio o fatti schiavi e deportati in Sicilia e in Tunisia, lo stesso Donnolo fu fatto prigioniero per poi essere riscattato a Taranto grazie al denaro della sua famiglia.[17] Nel sefer Massa'ot di Beniamino di Tudela, difatti, Oria non è citata, a riprova dell'estinzione dell'antica comunità.[18]
Alla fine del XV secolo, un gruppo di famiglie di ebrei si stabilì a Oria, su richiesta dell'universitas, al fine di dotare la città di un efficiente sistema di credito[4]
Nota anche come Porta Taranto perché da qui ci si dirigeva verso la città ionica, è una delle 3 porte della città (una delle quali non più in situ). Alle spalle della porta degli Ebrei, posta in piazza Shabbetai Donnolo, secondo alcuni, si sviluppava il quartiere ebraico[19]. Al centro della volta troviamo uno scudo araldico in pietra il cui stemma non è più visibile, ai lati due stemmi più piccoli raffiguranti gli emblemi della città.
Una necropoli ebraica è stata identificata alla fine degli anni '70 dal prof. Cesare Colafemmina[20]. Dai rinvenimenti epigrafici è probabile l'esistenza di una seconda necropoli ebraica[21] Una stele con epigrafe bilingue in ebraico e in latino è conservata presso la Biblioteca Comunale di Oria, altre fanno parte di collezioni private.
La produzione letteraria di Amittai Il Vecchio ha influenzato il rituale funebre della comunità ebraica brindisina[22] e di un suo componimento resta traccia anche nel rito funebre della comunità ebraica romana[23].
Le più antiche leggende dei Oria sono documentate nella letteratura ebraica e sono collegate alla comunità ebraica di Oria. Una è il golem di Oria[24], un bambino resuscitato dai sapienti ebrei della città nel IX secolo; un'altra, narrata nel XII secolo, è relativa a due Se'Irim rapitrici di infanti. Entrambi gli episodi leggendari sono annotati dal cronista Ahimaaz ben Paltiel[25].
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