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figura antropomorfa immaginaria della mitologia ebraica Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il golem (in ebraico גולם?, ḡwlm) è una figura antropomorfa immaginaria della mitologia ebraica, menzionata nella Cabala ebraica e appartenente anche al folclore medievale.[1]
Il termine deriva probabilmente dalla parola ebraica gōlem, che significa "materia grezza", o "embrione",[1] presente nel Tanakh (Salmo 139,16[2]) per indicare la «massa ancora priva di forma», che gli ebrei accomunano ad Adamo prima che allo stesso fosse infusa la nephesh, lo spirito vitale. In ebraico moderno golem significa anche robot.
Il Golem è un gigante d'argilla che non possiede intelligenza né altre facoltà intellettive, ma possiede una forza disumana ed è in tutto e per tutto, un gigante.
Secondo la leggenda, chi viene a conoscenza della cabala, e in particolare dei poteri legati ai nomi di Dio, può fabbricare un golem, un gigante di argilla forte e ubbidiente, che può essere usato come servo, impiegato per svolgere lavori pesanti e come difensore del popolo ebraico dai suoi persecutori. Può essere evocato pronunciando una combinazione di lettere alfabetiche.[1]
Si dice che il Golem sia stato formato attraverso il testo Sefer Yetzirah: esso risale alla sapienza di Avraham e si distingue per l'esegesi sui segreti dell'alfabeto ebraico, delle sĕfirōt nel legame con l'anatomia del corpo umano, con i pianeti e con mesi, giorni e segni zodiacali: queste tre figure - l'uomo, il mondo e l'anno - rappresentano tre testimoni completi. Il maestro che voleva formare un golem, così si racconta, si serviva delle lettere ebraiche.
Il golem era dotato di una straordinaria forza e resistenza ed eseguiva alla lettera gli ordini del suo creatore di cui diventava una specie di schiavo, tuttavia era incapace di pensare, di parlare e di provare qualsiasi tipo di emozione perché era privo di un'anima e nessuna magia fatta dall'uomo sarebbe stata in grado di fornirgliela.
Nell'opera di Ahimaaz ben Paltiel, cronista medievale del XII secolo, si narra che nel IX secolo un rabbino, Ahron di Baghdad, scopre un golem a Benevento, un ragazzo a cui era stata donata la vita eterna per mezzo di una pergamena. Sempre alla fine del IX secolo, secondo la cronaca di Ahimaaz, nella città di Oria risiedevano dei sapienti ebrei capaci di creare golem, i quali smisero di praticare questa attività dopo una divina ammonizione.
Si narra che nel XVI secolo un sapiente europeo, il rabbino Jehuda Löw ben Bezalel di Praga, cominciò a creare golem per sfruttarli come suoi servi, plasmandoli nell'argilla e risvegliandoli scrivendo sulla loro fronte la parola "verità" (in ebraico אמת?, mṯ). C'era però un inconveniente: i golem così creati diventavano sempre più grandi, finché era impossibile servirsene.
Il mago decideva di tanto in tanto di disfarsi dei golem più grandi, trasformando la parola sulla loro fronte in "morto" (in ebraico מת [met]); ma un giorno perse il controllo di un gigante, che cominciò a distruggere tutto ciò che incontrava. Il golem, non come deità ma come una sorta di angelo, la cui natura nella Qabbalah è segreta, però creato dal maestro in grado di unirne il potere spirituale alla Volontà di Dio, si racconta operasse anche per la difesa di alcune comunità ebraiche dell'Europa orientale. Ripreso il controllo della situazione, il mago decise di smettere di servirsi dei golem che nascose nella soffitta della Sinagoga Vecchia-Nuova, nel cuore del vecchio quartiere ebraico, dove, secondo la leggenda, si troverebbero ancora oggi.
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