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nozione della dottrina buddhista mahayana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La nozione del Buddha eterno (lingua cinese 本佛 běnfó; lingua giapponese honbutsu; lingua coreana 본불 bonbul o ponbul; lingua vietnamita bản phật) è una dottrina buddista mahāyāna presentata per la prima volta nel XVI capitolo del Sutra del Loto e ripresa, successivamente, anche nel Mahāyāna Mahāparinirvāṇasūtra.
Nel XVI capitolo del Sutra del Loto, il Buddha Śākyamuni interrogato dal bodhisattva Maitreya durante l'assemblea sul Gṛdhrakūṭaparvata sostiene che egli da sempre ha raggiunto l'illuminazione e da sempre si attiva nelle pratiche bodhisattviche affinché gli esseri senzienti si possano salvare raggiungendo la bodhi.
«I deva, gli uomini e gli asura di ogni mondo credono che il Buddha Śākyamuni dopo essersi allontanato dal clan degli Śākya, si sia seduto sull'eccelso e sublime seggio del risveglio nei pressi della città di Gayā. Ma non è così accaduto. Figli nobili, sono in realtà trascorsi innumerevoli, infiniti, centinaia di migliaia di miriadi di milioni di nayuta di kalpa da quando ho conseguito lo stato di Buddha.»
Michio T. Shinozaki [1] evidenzia come tale dottrina sia strettamente correlata a quella del Trikāya identificando nel Buddha Śākyamuni:
Ne consegue che il Buddha storico Śākyamuni (nirmāṇakāya) identificandosi con la sua dottrina eterna (dharmakāya) diviene:
«Il Buddha Śākyamuni eterno possiede le caratteristiche del saṃbhogakāya, è sia universale che concreto. Il Buddha Śākyamuni eterno non si limita ad essere meramente il dharmakāya. Piuttosto, è puramente infinito ma ha il sapore di una durata della vita finita.»
Il Buddha Śākyamuni eterno non va in alcun modo confuso con il Dio delle religioni monoteistiche [2] esso è la manifestazione del Dharma e quindi non implica un'eternità che non muta mai quanto piuttosto una durata eternamente dinamica. Tale dinamismo fa sì che il Buddha Śākyamuni eterno si riveli nella continua pratica dei bodhisattva.
«È attraverso l'impegnarsi continuamente in pratiche bodhisattviche in questo mondo reale che la vita perenne o immortale acquista vigore.»
Secondo Bunsaku Kurata e Yoshiro Tamura:
«Si possono offrire tre spiegazioni della concezione di Śākyamuni come Buddha eterno. La prima consiste nell’unificazione dei vari Buddha. La storia della venerazione buddista indica che i seguaci di Śākyamuni adoravano le sue reliquie e, soffrendo per la sua scomparsa da questo mondo, gradualmente ricercarono altri Buddha come sostituti di Śākyamuni. Così, comparvero altri Buddha. Il Sutra del Loto fu concepito per unificare i vari Buddha e le varie leggi, e il sutra presenta lo Śākyamuni eterno come il Buddha unificante. Nel Sutra del Loto viene spiegato che i diversi Buddha sono emanazioni dello Śākyamuni eterno e che saranno uniti nel Buddha eterno. La seconda risiede nel fatto che l’eterna esistenza è vista ovunque esista la verità unificante. In altre parole, questo significa che la Mistica Legge come Veicolo-unico, la legge unificante dell’universo, non è una mera legge di natura, ma un’entità personale e viva che riguarda la vita e i viventi. Terza, il palpito dell’eterna esistenza è percepito attraverso la pratica nel mondo reale. La vita dello Śākyamuni storico indica questo in maniera precisa. Infatti, "Rivelazione della vita [eterna] del Tathāgata" spiega che il Buddha eterno, Śākyamuni, si impegnò in un’illimitata pratica da bodhisattva.»
«In altre parole, il Buddha Storico è la forma umana nella quale il Buddha Eterno apparve in India, e le attività di questo Buddha Storico furono quelle di un bodhisattva. Non solo il Buddha Storico, ma anche il Buddha Eterno continua a seguire la via del bodhisattva.»
L'eternità del Buddha, in questa dottrina, non è quiete perenne ma eterna attività bodhisattvica frutto della profonda compassione del Buddha nei confronti degli esseri senzienti.
«Dal punto di vista dell'esperienza religiosa, durante questa vita e nel corso della pratica del bodhisattva, si può essere ispirati dal dinamismo della vita eterna. In altre parole, durante la pratica del bodhisattva tutti gli esseri umani sono essenzialmente la stessa cosa e hanno vita uguale alla vita del Buddha Eterno.»
Quindi se già nel Buddismo dei Nikāya e in quello Mahāyāna si trova espresso il principio dell'unità della persona illuminata (il Buddha) e del Dharma:
«E a che ti serve, Vakkali, la vista di questo corpo vile? Chi vede il Dharma, Vakkali, vede me; chi vede me vede il Dharma; in verità, Vakkali, vedendo il Dharma si vede me; vedendo me si vede il Dharma»
tale principio di unità (in lingua giapponese 人法一箇 ninpō-ikka) viene riaffermato allo stesso modo con riferimento al Sutra del Loto, ovvero che la persona e il Dharma si fondono nell'illuminazione, essendo il Dharma sia fondamento dell'Universo sia fondamento dell'essere umano.
I due Buddha (Śākyamuni e Prabhūtaratna) presenti insieme nell'XI capitolo del Sutra del Loto rappresentano l'unità dell'aspetto soggettivo e dell'aspetto oggettivo della "mistica Legge" (Dharma): "Legge" “incarnata” nel Buddha e Buddha “incarnato” nella (e quindi “configurante” la) "Legge" quindi Dharma incarnato nel Buddha e Buddha “indharmato” nel Dharma e, come tale, Buddha eterno.
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