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Anselmo I di Savona (? – 998) è stato un nobile franco, marchese di Savona e del Monferrato, attraverso di lui discendono le linee Del Vasto e Del Bosco.
Anselmo di Savona | |
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Marchese di Savona | |
In carica | ~983 – 998 |
Predecessore | Aleramo del Monferrato |
Successore | Anselmo II di Savona |
Marchese del Monferrato | |
In carica | ~983 – 998 |
Predecessore | Aleramo del Monferrato |
Successore | Guglielmo III del Monferrato |
Morte | 998 |
Dinastia | Aleramici |
Padre | Aleramo del Monferrato |
Madre | N.N. |
Consorte | Gisla di Milano |
Figli | Oberto Anselmo Ugo Ermengarda |
Religione | Cattolicesimo |
Figlio secondogenito di Aleramo (il maggiore Guglielmo muore senza discendenza prima dal padre) e della prima moglie (chiamata Adelasia dalla tradizione). Compare nell'atto di donazione al monastero di Grazzano[1] e nell'atto di fondazione dell'abbazia di San Quintino di Spigno firmata a Visone[2].
Sposò Gisla di Milano, figlia del marchese Adalberto I di Milano e Genova, a sua volta figlio di Oberto I, capostipite degli Obertenghi, una delle tre grande dinastie marchionali della Liguria, insieme agli Arduinici e agli Aleramici.[1]
Egli, al contrario, in un periodo successivo, del fratello Ottone, è indicato come marchese. Egli risulta, sulla base dei documenti del placito del 983, presente alla corte imperiale di Ravenna; in questa occasione, è indicato come marchese (forse succeduto al padre o in procinto di farlo). Egli rimase fedele a Ottone III alla morte del padre del suddetto nello stesso anno del placito. Il reggente del bambino era Adelaide, che già aveva favorito l'ascesa di Aleramo.[1]
Sembra dunque che Anselmo riuscì a mantenere alta la considerazione imperiale sulla propria stirpe; nonostante ciò, alcuni storici, sulla base degli atti di fondazione del monastero di San Quintino di Spigno del 4 maggio 991, ritengono che Anselmo non riuscì a conservare il favore ottoniano: in essi infatti la moglie di Anselmo, Gisla, risulta sotto la protezione del conte di Acqui Gaidaldo e l'atto stesso risulta siglato nel castello di Visone, vicino ad Acqui; Acqui risultava appartenente, all'epoca di Aleramo, alla marca aleramica, mentre con Anselmo sembra che essa era stata sottratta a loro, sottrazione interpretata da alcuni studiosi come appunto una perdita del favore imperiale. Altri studiosi invece interpretano la figura di Gaidaldo come un conte investito dagli Aleramici e la scelta di Visone come un tentativo di sottrarre il nascente monastero dall'influenza del vescovo di Acqui, affidandolo alle cure pastorali del vescovo di Savona (già il monastero di Grazzano, fondato dal padre, era stato affidato al vescovo di Torino, sottraendolo a quello di Vercelli). Essi dunque non persero il favore imperiale[1].
Nell'atto di fondazione del monastero del già citato monastero di San Quintino di Spigno Anselmo risulta cofondatore assieme alla moglie Gisla e ai nipoti a memoria del fratello minore Ottone, risultante all'epoca già deceduto.[1]
Anselmo I di Savona e Gisla di Milano (figlia di Adalberto I) ebbero:
Un tempo si pensava che vi fosse un quarto figlio, che a sua volta generò due figli, divenuti poi vescovi. Oggi questa informazione non è ritenuta credibile.[4]
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