Aveva sedici anni: un corpo di fata, una voce di rosignolo. Gracile, ma ben fatta, il volto di un perfetto ovale; due grandi occhi neri chiedenti pietà o provocanti; magnifici capelli biondi; una bocca socchiusa abitualmente a un sorriso di voluttà, fresca come una rosa di maggio, dalla quale uscivano irresistibili le note languenti dell'amore, o le supplichevoli della preghiera, o le flebili del dolore.
Garrick[1] dichiarava che la sola attrice francese che gli parlasse agli occhi e al cuore, era una cantante, Sofia Arnould. Essa portò nella sua arte un elemento nuovo e che fu una vera rivoluzione; l'emozione sincera, l'azione drammatica naturale, il cuore nel canto.
La sua voce non era forte, ma dolcissima e simpatica. Era una voce che si prestava mirabilmente alle parti che rappresentava: Psiche, Lavinia, Ifigenia morente trascinata agli altari e implorante gli Dei... Una voce palpitante, una voce-anima, e che i nemici del sentimento, i naturalisti di cento anni fa, tentarono di censurare con questa mordace definizione dell'abate Galiani[2]: «C'est le plus bel asthme que j'ai entendu chanter.»