[Sulla violenza contro le donne] Vi è alla base di tutto il permanere radicato e diffuso di un fondamento culturale, che è prima ancora un fondamento strutturale, materiale dell'intero edificio sociale, di natura patriarcale, che vede l'uomo in posizione dominante: una posizione che ancora resiste sul piano economico, sul piano lavorativo e, conseguentemente, salariale, e che ancora si avvale di una falsa coscienza, di un mito interiore dell'uomo, che ne condiziona i comportamenti reali, quotidiani, i giudizi, l'idea della famiglia, che si riflette sull'intera società.[1]
Questo pervicace e risorgente istinto di dominio è quello che ancora si agita nella formazione, nella cultura, nella morale, a volte nell'intima e istintiva convinzione di ogni uomo e che ci chiama tutti, in primo luogo noi uomini, a una conoscenza maggiore, a un lavoro culturale, a una messa in discussione quotidiana della nostra posizione di superiorità nel campo economico, lavorativo, professionale e familiare, nella quale possiamo cadere facilmente, anche se dotati di una cultura e di una coscienza avanzata che, in partenza, sembra magari non contemplare alcuna tendenza a considerarci egemoni rispetto alla donna o alle donne in generale.[1]
[...] nell'esposizione delle linee programmatiche del suo Governo, la Presidente Meloni ha completamente disatteso la conoscenza stessa di un fenomeno che, ormai, riveste una grandissima importanza sociale per il nostro territorio, cioè il tema del dissesto idrogeologico.[2]
[...] quando le costruzioni arrivano al limite dei fiumi, quando le costruzioni abusive arrivano sui cigli franosi [...] c'è bisogno di avere una procedura di demolizione e ricostruzione e non di avere l'espansione delle costruzioni e degli insediamenti umani.[2]
La nostra opinione è che tornare a un meccanismo centralizzato, all'idea che dal centro si possa, con un coordinamento forte e con un intervento dall'alto, risolvere i problemi del dissesto idrogeologico, dalla Val d'Aosta alla Sicilia, sia una strada sbagliata. Bisogna puntare sull'efficacia del lavoro degli enti locali. Nel momento in cui parliamo di autonomia differenziata, la prima cosa che debbono fare le regioni e i comuni, col sostegno delle amministrazioni centrali, è affrontare questo tipo di problemi, perché combattere il dissesto idrogeologico, intervenire quindi sui fiumi, sui cigli franosi ed altro, non è fare una strada o un ponte, ma significa intervenire su situazioni in continuo mutamento. Pertanto, bisogna avere le risorse, i tecnici, specializzazioni particolari e una conoscenza diretta dei luoghi.[3]