I duca di Addis Abeba e marchese del Sabotino, generale e politico italiano (1871-1956) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Pietro Badoglio (1871 – 1956), generale italiano.
[Sulla campagna di Grecia] Fermarsi al solo Epiro non corrisponde alla situazione. Bisogna occupare Candia, la Morea e tutta la Grecia. Le forze avversarie non dovrebbero costituire una difficoltà, abbiamo l'aviazione.[1]
Ora ci resta solo il negus. Lei mi chiederà: "Perché Haile Selassie cerca ancora di dar battaglia nella sua attuale situazione?". La tradizione bellica abissina vuole che il negus affronti personalmente il nemico. Egli finora non l'ha fatto, nè a sud nè a nord. I suoi generali combattono e sono stati battuti senza di lui. Ora egli vuole adempiere al suo dovere tradizionale.[2]
[Sulla guida della campagna d'Etiopia] Secondo la volontà del duce e nello sforzo che unisce in un solo blocco di fede e passione popolo, soldati e camicie nere. (da un telegramma a Benito Mussolini[1])
[Sulla disfatta di Grecia] La colpa maggiore è tutta del comando del duce, un potere che non può esercitare: Mussolini lasci fare a noi, e quando le cose non vanno punisca i responsabili. (ad Alessandro Pavolini, il 21 novembre 1940[1])
[Programmando la deportazione delle popolazioni della Cirenaica e delle tribù del Gabel.] Qual è la linea da seguire? Bisogna anzitutto creare un distacco territoriale largo e ben preciso fra le formazioni ribelli e le popolazioni sottomesse. Non mi nascondo la portata e la gravità di questo provvedimento, che vottà dire la rovina della popolazione cosiddetta sottomessa. Ma ormai la via ci è stata tracciata e noi dobbiamo perseguirla sino alla fine anche se dovesse perire tutta la popolazione della Cirenaica.[3]
Alle qualità militari Badoglio aggiungeva astuzia, pazienza e affabilità, cosicché anche dal regime fascista, di cui parlava molto male, poté avere cariche ed onori. Ma soprattutto egli ha saputo far scendere nell'oblio le vicende di Caporetto. (Luigi Albertini)
Badoglio guidava il XXVII corpo d'armata nell'esercito di Cadorna: unico comandante della storia, secondo lo stratega von Seekt "che vinse undici battaglie di seguito restando sempre nelle medesime posizioni". (Paolo Pavolini)
Ho [...] un ricordo preciso di quando vidi, dalla nostra casa affacciata su piazza Carlo Alberto, il generale Badoglio di ritorno dalla guerra d’Etiopia, all’epoca della proclamazione dell’impero. Vestito in divisa militare, dopo un breve discorso dal balconcino di Palazzo Campana (allora sede della Federazione fascista), si era rivolto alla folla festante raccolta nella piazza concludendo, in piemontese: «Türineis, si ’l eve ancura da bsogn, sun ancura sì!» Applausi della folla, un successo enorme. (Bianca Guidetti Serra)
Il maresciallo Pietro Badoglio, personaggio principe di ogni fase della nostra rievocazione: "una figura enigmatica di generale" scrive di lui Franco Bandini "che ricompare di continuo nella storia patria, così stranamente connesso, sempre, con le disgrazie del paese". (Paolo Pavolini)
La sostituzione di Badoglio con questo gruppo di vecchi e famelici politicanti è, credo, un grande disastro; dal momento in cui, sfidando il nemico, Badoglio ci ha consegnata sana e salva la flotta, egli è stato per noi un utile strumento. Era inteso, credo, che egli sarebbe dovuto rimanere al suo posto... (Winston Churchill)
Badoglio, responsabile delle forze armate, gioca alle bocce. Ha assistito alle manovre della Wehrmacht e ha riferito al Duce che i tedeschi militarmente valgono poco.
Badoglio si svegliava immancabilmente alle sette. Alle otto era in ufficio. All'una a tavola. Alle nove e mezzo a letto. Nemmeno una bomba sotto la sedia poteva modificare quegli orari. Puntualissimo, pignolo, se aveva ospiti a colazione e non erano ancora arrivati per l'una, chiunque fossero, lui all'ora stabilita cominciava a mangiare.
La [sua] parsimonia giunse ai limiti dell'avarizia, anzi della taccagneria. Gli dispiaceva spendere quattrini. Andava in giro senza soldi e, seduti al caffè di Asti, toccava sempre a Valenzano[4] pagare il vermut. Lui risparmiava accanitamente, anche sulle piccolezze, con la solita scusa che lo faceva per i figli.
Per carattere era alieno da smancerie, poco portato alle manifestazioni sentimentali. Non gli parevano da soldato, da piemontese. Amava moglie e figli, ma ognuno al proprio posto. Nessuno dei suoi parenti lo vide dare pubblicamente un bacio alla moglie.
1 2 3 Citato in Paolo Pavolini, 1943, la caduta del fascismo – 1, Fratelli Fabbri Editori, 1973.