Papalagi, libro pubblicato in Germania nel 1920 a cura di Erich Scheurmann, contenente i discorsi tenuti al proprio popolo da un capo polinesiano, Tuiavii di Tiavea, al suo ritorno da un viaggio in Europa.
Il Papalagi è continuamente preoccupato di coprire ben bene la sua carne. «Il corpo e le sue membra sono carne, solo quello che sta sopra il collo è il vero uomo»; così dunque mi disse un bianco che godeva di grande prestigio ed era considerato molto saggio. Voleva dire che degna di considerazione è solo la parte dove hanno dimora lo spirito e tutti i buoni e i cattivi pensieri. La testa. Quella, e in caso estremo anche le mani, il bianco le lascia volentieri scoperte sebbene anche la testa e le mani altro non siano che carne e ossa. Chi lascia vedere la propria carne, non può più vantare alcun diritto di essere chiamato civile. Quando un giovane sposa una fanciulla, non sa mai se è stato imbrogliato, perché non ha mai visto il suo corpo.
- La carne è peccato. Così dice il Papalagi. Poiché il suo spirito è grande grazie al suo pensiero.[...]. C'è pensiero più stolto, cari fratelli?
- È ora ben chiaro che, con tutte queste cose addosso, il corpo del Papalagi diventa bianco e smorto, senza il colore della gioia. Ma lui ama fare così.
- Il Papalagi vive in un guscio solido come una conchiglia marina. [...] Ma tutto ciò non impedisce agli uomini di correre in queste fessure da mattina a sera.
- Ragionevoli fratelli, ascoltate con fiducia e siate felici di non conoscere il male dei bianchi e le loro angustie. Voi tutti mi siete testimoni che il missionario dice: «Dio è amore. Un onesto cristiano farebbe bene a tenersi sempre davanti agli occhi l'immagine dell'amore. Solo al grande Dio va quindi anche la devozione del bianco». Ebbene, il missionario ci ha mentito, ci ha ingannati, il Papalagi lo ha corrotto affinché ci ingannasse con le parole del Grande Spirito. Perché il tondo metallo e la carta pesante, ch'egli chiama denaro, questa è la vera divinità dei bianchi.
- Così in Europa c'è una metà che deve fare molto lavoro sporco, mentre l'altra metà lavora poco o niente del tutto. La prima metà non ha mai tempo per starsene al sole, la seconda ne ha molto. Il Papalagi dice: «Non tutti gli uomini possono avere ugualmente tanto denaro e mettersi tutti contemporaneamente seduti al sole». Secondo questa dottrina egli si prende il diritto di essere crudele, per amore del denaro.
- Il Papalagi è povero perché desidera tanto ardentemente le cose. [...] Quanto più un uomo è un vero europeo, tanto maggiore è il numero delle cose di cui ha bisogno.
- Se il Papalagi pensasse in modo giusto, dovrebbe anche sapere che nulla ci appartiene di ciò che non possiamo tenere stretto. E che in effetti noi non possiamo tenere stretto nulla. In tal caso comprenderebbe anche che Dio ha dato la sua grande casa perché tutti in essa trovino posto e gioia.
- Il bianco vola sulle nuvole come un uccello, ve l'ho detto.
- Ogni Papalagi ha un mestiere. È molto difficile spiegare che cosa sia un mestiere. È qualcosa che si dovrebbe aver voglia di fare, ma il più delle volte non se ne ha.
- Il luogo della falsa vita. Non è facile descrivervi questo luogo, che il bianco chiama cinema, in modo che voi possiate comprenderlo e immaginarlo chiaramente con i vostri occhi In ogni città o villaggio d'Europa c'è uno di questi luoghi misteriosi che gli uomini amano più della casa del missionario. [...] Darsi in tal modo alla falsa vita è diventata una grande passione del Papalagi, una passione spesso così grande che in essa egli dimentica la sua vita vera.
- Ma il Papalagi pensa tanto, che il pensare è diventato per lui abitudine, necessità, costrizione addirittura. Lui deve sempre pensare. Ben difficilmente riesce a non pensare e a vivere invece con tutte le sue membra. Lui vive soltanto con la testa, mentre tutti gli altri suoi sensi giacciono nel sonno profondo.
- La vita del Papalagi assomiglia molto spesso a quella di un uomo che deve andare con la barca a Savaii e che, non appena lasciata la riva, pensa: «Quanto tempo potrò impiegare per arrivare a Savaii?» Pensa, e intanto non vede il bel paesaggio che attraversa nel corso del suo viaggio.
- La prima cosa che il missionario ci spiegò furono le forme di Dio e ci allontanò dai vecchi Dei, quelli che chiamava «Falsi» perché in essi non era presente il vero Dio. Per questo abbiamo smesso di adorare le stelle della notte, la forza del fuoco e del vento, e cerchiamo il suo Dio, il Grande Padre del Cielo.
- Un Papalagi rare volte pensa a Dio. Unicamente quando una tormenta lo minaccia o quando teme che la sua lampada della vita smetta di ardere; allora ricorda che esistono poteri più forti di lui che lo governano.
- I Papalagi portano le parole «Dio», «Amore» e «Cristianesimo» solo sulle labbra.
Promettiamocelo e gridiamogli: State lontani da noi con i vostri abiti e vizi, con la vostra folle corsa al denaro che ostacola le mani e la testa, la vostra passione per riuscire ad essere migliori dei vostri fratelli, le vostre molte imprese senza senso, i vostri curiosi pensieri e la conoscenza che non porta da nessuna parte, e altre stupidaggini che vi disturbano il sonno. Noi non abbiamo bisogno di tutto questo: siamo felici con i piaceri gradevoli e nobili che Dio ci ha donato per non essere accecati dalla sua luce e che ci possa aiutare a non perderci, e brilli sempre sulla nostra strada di modo che possiamo seguire il suo sentiero e assorbire la sua meravigliosa luce, che significa amarsi gli uni con gli altri e portare molta talofa[1] nei nostri cuori.
- ↑ Talofa è un saluto in Samoano che significa anche «ti voglio bene». Cfr. voce su en.Wikipedia.