- [Sull'Etiopia sotto il Derg] In questo paese si uccidono studenti e lavoratori. Dov'è il socialismo? Studenti e lavoratori sono parte integrante della società. [...] In Etiopia esiste solo fame di potere, non si può uccidere in quel modo la propria gente. (da una conferenza stampa del 16 maggio 1977)[1]
- Se Nimeyri proporrà qualcosa, noi saremo pronti. Ma è l'Etiopia che non vuole fare nessun passo avanti sulla strada della pace. Noi siamo per una soluzione pacifica, non perché siamo deboli, ma perché pensiamo che la pace faccia bene a tutti. (da un colloquio del 22 febbraio 1978)[2]
- [Sugli abitanti dell'Ogaden] Bisogna dare a quella gente la libertà e l'autodeterminazione. (da un colloquio del 22 febbraio 1978)[2]
- Gli altri paesi ex coloniali tengono in grande considerazione i loro ex territori e li aiutano in molte maniere, mentre l'Italia ha dimenticato la Somalia. Io e il mio paese veniamo lasciati miseramente disarmati e anche affamati. (appello del 29 dicembre 1983)[3]
- Pertini è un grande uomo, che dice schiettamente quello che pensa. Non capisco perché sia andato da tante parti ma da noi non sia mai venuto. In oltre vent'anni di indipendenza non abbiamo mai visto un presidente italiano, o un capo di governo. Su chi devo contare? Su chi posso contare? Devo pure poter contare su qualcuno... (appello del 29 dicembre 1983)[3]
- Molti amici in Occidente cercano di minimizzare la situazione nel Corno d'Africa, fingono di ignorare la minaccia che attraverso l'Etiopia manovrata e armata da Mosca è alle frontiere. Ci avete abbandonato alla iena sovietica. (appello durante un incontro con Oscar Luigi Scalfaro, 3 novembre 1984)
- Quando i sovietici controlleranno le due sponde del Golfo di Aden e l'imboccatura del Mar Rosso, da dove passeranno le vostre merci, da dove passerà il vostro petrolio? Non sarà troppo tardi quando l'Occidente si sveglierà? (appello durante un incontro con Oscar Luigi Scalfaro, 3 novembre 1984)
- [Sulla morte di Giuseppe Salvo] Questo episodio non solo ha troncato una vita ma anche danneggiato i rapporti con l'Italia. Mi sto battendo per la verità, non deve più succedere che un italiano possa essere ucciso in Somalia. (da un'intervista all'Ansa, agosto 1990)[5]
- Sospendere gli aiuti significherebbe distruggere quanto l'Italia ha fatto in Somalia. I docenti italiani nella nostra università perparano le future classi dirigenti a mantenere un rapporto privilegiato col vostro Paese. Perché rovinare tutto? (da un'intervista all'Ansa, agosto 1990)[5]
Conferenza stampa il 28 ottobre 1975, L'Unità, 29 ottobre 1975
- L'Italia, per noi somali, è la nostra seconda patria. Ci uniscono antichi legami politici e culturali che sono tanta parte della nostra storia. Con l'Italia vogliamo rafforzare le nostre relazioni. L'ho detto una volta a degli amici italiani: state attenti, il governo italiano sottovaluta la posizione della Somalia che è un punto di congiunzione con il resto dell'Africa. Oggi l'epoca delle occupazioni armate dei popoli è finita. Il colonialismo è morto, il neocolonialismo agonizza. Si è aperta un'epoca più nobile, quella degli accordi economici, politici e culturali nell'interesse di tutti i popoli. State attenti a non perdere le occasioni che la nuova Somalia offre oggi all'Italia.
- In questi ultimi mesi abbiamo vissuto momenti drammatici: da un lato ci sono state la siccità e la carestia, dall'altro il nostro popolo si è impegnato in uno sforzo gigantesco per trasformare centinaia di migliaia di nomadi in agricoltori e pescatori. In momenti così importanti l'Italia l'abbiamo sentita lontana, assente. E lo abbiamo detto con franchezza. Dove sono i nostri amici italiani? È una domanda che non lede in nulla i nostri rapporti che possono essere grandemente sviluppati, ma che è legittimo porre.
- La Somalia è un paese socialista. Abbiamo tardato a costituire il partito perché vogliamo un partito di massa, non un partito d'élite, e questo comporta un grande lavoro di preparazione. Siamo comunque in una fase molto avanzata per la costituzione di un partito che abbia stretti rapporti di amicizia con tutti i partiti comunisti e democratici del mondo.
- Molti, anche tra i nostri amici, ci hanno detto: ma come potete pensare di fare il socialismo in Somalia? Non c'è il capitalismo, non esiste la classe operaia, non ci sono le condizioni per il passaggio al socialismo. Noi eravamo ben coscienti delle difficoltà immani del passaggio dal nomadismo al socialismo: ma sapevamo che era possibile farlo, gradualmente, partendo dalla nostra realtà nazionale, non copiando in alcun modo forme di socialismo esistenti in altre realtà. In questi sei anni abbiamo fatto alcuni passi, abbiamo creato le prime industrie e con esse la classe operaia, abbiamo portato avanti l'alfabetizzazione del nostro popolo, stiamo raccogliendo i primi successi nella campagna perché i nomadi si trasformino in agricoltori e pescatori. Ormai in Somalia il socialismo ha messo radici, e nessuno dei nostri amci lo discute più.
Conferenza stampa sulla guerra dell'Ogaden, La Stampa, 3 novembre 1977
- Noi facciamo tutto il possibile per aiutare il popolo oppresso della Somalia Occidentale a liberarsi dal giogo del colonialismo etiopico.
- In molte occasioni la Somalia non è stata compresa. Noi vogliamo collaborare con tutti, non abbiamo mai voluto l'antagonismo fra le nazioni. La Somalia ha sempre creduto nella comprensione reciproca, la collaborazione e la pace fra i popoli.
- L'attività dell'Urss in Etiopia è pericolosa per l'esistenza della Somalia.
- L'Etiopia deve accettare quello che altri Paesi colonizzatori hanno già fatto: dare la libertà ai popoli assoggettati. Ma non penso che l'Etiopia abbia questa saggezza.
Discorso sulla guerra dell'Ogaden, La Stampa, 8 marzo 1978
- Se una città si perde, si può anche riconquistare.
- La Repubblica democratica somala continuerà ad appoggiare i movimenti di liberazione, come è scritto nella sua Costituzione. Non saranno i carri armati e gli aerei ad intimidirci, noi sappiamo di combattere per una causa giusta. Questa è l'arma che i nostri avversari non hanno.
- La Russia vuole imporre un neocolonialismo che non si distingue da quello precedente.
Intervista di Pranay B. Gupte sulla guerra dell'Ogaden, The New York Times, 30 giugno 1981
- Discutiamo senza precondizioni. Cominciamo un dialogo di vera sincerità, [...] Siamo stati nemici per troppo tempo. Ora cerchiamo una soluzione pacifica al problema.
- Let us talk without any preconditions, let us finally have a dialogue of real sincerity, [...] We have been antagonists for too long. We seek now a peaceful solution to the problem.
- Siamo per il compromesso. Non rivendichiamo alcun territorio dal Kenya.
- We are for accommodation. We are not seeking any territory from Kenya.
- Abbiamo bisogno di collaborare fraternamente con l'Etiopia, [...] È giunto il momento di trovare una via d'uscita. Dopo una lunga, lunga lotta, bisognerebbe ora riflettere.
- We need cooperation with Ethiopia in a brotherly way, [...] Now is the time to find a way out. After our long, long struggle, there should now be reflection.
- Con i sovietici al loro fianco, gli etiopi sono stati intransigenti, [...] Abbiamo entrambi molte affinità culturali. Se fossimo stati entrambi saggi, avremmo raggiunto un' accordo da molto tempo, e indirizzato i nostri sforzi sulla cooperazione congiunta. [...] Ora troviamo la strada per una soluzione giusta e di lunga durata. Uniamo finalmente le nostre forze.
- With the Soviets on their side, the Ethiopians have been intransigent, [...] We both have many similarities in culture. If we both had been wise, we would have agreed a long time ago and directed our efforts in a joint cooperation. [...] So let's find a way for a fair, long-lasting political solution. Let's finally get together.
Intervista di Leonardo Osella, La Stampa, 27 maggio 1986
- Per noi ha importanza prioritaria la lotta alla fame, all'ignoranza e alle malattie. Per quanto riguarda l'istruzione, il nostro popolo oggi legge e scrive; abbiamo scuole di grado inferiore in tutti i villaggi e scuole superiori in tutti i distretti. L'università di Mogadiscio forma ogni anno laureati nelle varie discipline.
- La nostra Costituzione prevede chiaramente l'iniziativa privata. Vediamo con favore l'intervento di imprenditori e lavoratori stranieri, perché sono di esempio ai nostri giovani.
- La nostra legge afferma che uomini e donne hanno i medesimi diritti. Abbiamo donne in Parlamento e nel partito, nel governo e nella diplomazia. Qualche uomo di vecchi principi cerca di frenare questa tendenza, ma ormai non si torna indietro.
- [Sull'infibulazione] È la cosiddetta tradizione faraonica, perpetuata soprattutto dagli anziani. Il governo promuove iniziative per sradicare questa abitudine, ma non è con un decreto che si ottengono risultati. Puntiamo sulle ragazze che studiano, più preparate a difendere la loro dignità. Pensiamo che sia solo questione di tempo.
- Diciamo alla nostra gente di lottare come abbiamo sempre fatto contro le alluvioni, il colera, le carestie, la siccità. Io spero che chi prenderà il mio posto domani continui in questa stessa direzione. E se qualcuno, come l'Italia, ci aiuterà, la strada per raggiungere il traguardo sarà più breve.
Intervista di Giovanni Spadolini, La Stampa, 23 gennaio 1987
- Vede: Menghistu è ateo, non è credente. Questo complica tutto.
- [Su Haile Selassie nel 1974] Quasi un morto, non si reggeva in piedi: gli consigliammo di non tornare ad Addis Abeba, dove lo avrebbero liquidato.
- Siamo sotto una minaccia costante: il terrorismo somalo è alimentato dagli etiopici.
- Io sono un musulmano, quindi credo nel mio Dio; ma desidero dire una cosa a lei che è laico: non sono fanatico. Non sono integralista e detesto tutti gli integralismi.
Intervista di Stefano Malatesta, La Repubblica, 29 aprile 1988
- Gli etiopici hanno tanti di quei reggimenti, tante di quelle armate. Hanno aerei, carri, armi di tutti i tipi e centinaia di migliaia di soldati e la capacità di respingere, se vogliono, tutti gli attacchi dei guerriglieri eritrei. I sovietici però sembrano più tiepidi nel loro appoggio al regime di Menghistu. Proprio nei giorni scorsi ho parlato con il viceministro degli esteri russo. Lui mi ha detto che così non si può andare avanti, che bisogna mettere pace nel Corno d' Africa. Mi è sembrato un discorso assai significativo. Non so quante speranze abbiano i guerriglieri eritrei, anche se hanno fatto importanti conquiste.
- Noi in Somalia non permettiamo che si parli male dell' Italia e degli italiani. Chi lo fa, sa che finisce male.
- Negli Stati Uniti ci sono anche gli esuli etiopici e anche loro criticano il regime di Menghistu. Però nello stesso tempo dicono: date da mangiare agli etiopici che hanno fame. Invece i somali dicono: interrompete gli aiuti alla Somalia perché Siad Barre è cattivo.
Intervista di Vincenzo Nigro, La Repubblica, 17 maggio 1991
- No, non siamo fuggiti da Mogadiscio come dite voi: siamo partiti il 27 gennaio perché non potevo continuare a vedere tutta quella povera gente morire stupidamente, senza uno scopo. Decisi di partire, mi consigliai con un gruppo di amici e di responsabili del governo: se la causa di tanta morte ero io allora volevo andar via, per provare a vedere cosa sarebbe accaduto.
- Io ho lasciato Mogadiscio in piedi, forse c'è stata qualche sparatoria, ma abbiamo dovuto rispondere al fuoco di quegli sciacalli. Dicono che abbiamo saccheggiato le banche? Non è vero, sono loro che hanno saccheggiato e distrutto le banche, le case, tutto quanto...
- Questi dell'Usc fanno schifo, distruggono le scuole e gli ospedali, fanno semplicemente schifo. [...] Non è un governo, è un gruppo di ribelli che vuole il controllo della città. Sono vandali.
- Ho lasciato Mogadiscio in piedi, ancora intatta, adesso se la stanno vendendo, svendono le statue all'estero. Io avevo amore, coscienza, maturità politica per governare la mia gente...
- Ali Mahdi non è il vero presidente della Somalia. [...] Io sono il vero presidente legale della Somalia, sono l'unico presidente eletto democraticamente. Lei non è stato eletto, ha fatto una rivoluzione.
- Da presidente della Somalia voglio lanciare un messaggio all'estero: questo è il mio paese, la mia casa. Io non me ne andrò, continuerò a combattere fino alla morte, anche se vorrei che i somali risolvessero con la trattativa i loro problemi.
- Io non credo di aver commesso errori. Gli inglesi dicono che chi fa poco, sbaglia poco. Io ho fatto molto, errori non ne ho commessi, sì forse qualcuno, ma non me ne sono accorto. Se hanno commesso errori i miei collaboratori, ho sbagliato a non punirli. Ma non ho mai voluto la distruzione della Somalia, avevo varato la nuova costituzione, non volevo che si arrivasse a questo...
- [Su Mohammed Farah Aidid] Quello è un pazzo, un povero disgraziato. Era il mio consigliere militare, lo avevo fatto generale da sottotenente, poi ambasciatore. E voleva ricattare l' Italia, voleva commissioni per alcuni lavori fatti in Somalia dall' Italia. Con un suo parente che si era stabilito a Milano, volevano farci i soldi. Allora per toglierlo di mezzo io lo nominai ambasciatore a New Delhi, lui iniziò a trafficare droga e decisi di spostarlo in Turchia e allora lui se ne andò dagli etiopici, si fece armare per farmi la guerra...