Tu non sei bugiardo, eh. Ma io, sì. Mi diverte raccontare bugie. (Chirone)
È una storia un po’ complicata perché è fatta di cose e non di pensieri. (Chirone)
Tutto è santo, tutto è santo, tutto è santo. Non c’è niente di naturale nella natura, ragazzo mio, tientilo bene in mente. Quando la natura ti sembrerà naturale, tutto sarà finito e comincerà qualcos'altro. Addio cielo, addio mare. Che bel cielo! Vicino, felice. Dì, ti sembra che un pezzetto solo non sia innaturale? E non sia posseduta da un dio? E così è il mare, in questo giorno in cui tu hai tredici anni e peschi con i piedi nell’acqua tiepida. Guardati alle spalle. Cosa vedi? Eh? Forse qualcosa di naturale? No. È un'apparizione quella che tu vedi alle tue spalle, con le nuvole che si specchiano nell’acqua ferma e pesante delle tre del pomeriggio. Guarda laggiù, quella striscia nera sul mare, lucida e rosa come l'olio, eh? Quelle ombre degli alberi e quei canneti, eh? In ogni punto in cui i tuoi occhi guardano, è nascosto un dio. E se per caso non c'è, ha lasciato lì i segni della sua presenza sacra: o silenzio, odore di erba o fresco di acque dolci. Eh sì, tutto è santo. Ma la santità anzi è una maledizione. Gli dei che amano al tempo stesso odiano. (Chirone)
Forse mi hai trovato, oltre che bugiardo, anche troppo poetico. Ma che vuoi? Per l'uomo antico i miti ed i rituali sono esperienze concrete che lo comprendono anche nel suo esistere corporale e quotidiano. Per lui la realtà è un'unità talmente perfetta che l'emozione che egli prova, mettiamo, di fronte al silenzio di un cielo d'estate, equivale in tutto alla più interiore esperienza personale di un uomo moderno. (Chirone)
Così te ne andrai in un paese lontano, aldilà del mare. Qui farai esperienza di un mondo che è ben lontano dall’uso della nostra ragione. La sua vita è molto realistica, come vedrai. Perché solo chi è mitico è realistico e solo chi è realistico è mitico. Questo è almeno ciò che prevede questa nostra divina ragione. Ciò che essa non può prevedere, disgraziatamente, sono gli errori a cui ti condurrà. E chissà quanti saranno… (Chirone)
Ciò che l'uomo scoprendo l’agricoltura ha veduto nei cereali, ciò che ha imparato da questo rapporto, ciò che ha inteso dall’esempio dei semi, che perdono la loro forma sottoterra per poi rinascere, tutto questo è rappresentato la lezione definitiva: la resurrezione, mio caro. Ma ora questa lezione definitiva non serve più ciò che tu vedi nei cereali, ciò che intendi nel rinascere dei semi, è perché ormai è senza nessun significato. Come un lontano ricordo che non ti riguarda più. Infatti, non c’è nessun dio. (Chirone)
Parlami, terra! Fammi sentire la tua voce! Non ricordo più la tua voce. Parlami, sole! Dov'è il punto dove posso ascoltare la vostra voce? Parlami, terra! Parlami, sole! Forse vi state perdendo per non chiamar più. Non sento più quello che dite! Tu, erba, parlami! Tu, pietra, parlami! Dove sei, terra? Dove ti ritrovo? Dov'è il legame che ti legava al sole? Tocco la terra con i piedi e non la riconosco. Guardo il sole con gli occhi e non lo riconosco. (Medea)
Ho tutto dimenticato. Ciò che era la realtà non lo è più. (Medea)
Forse hai ragione. Sono restata quello che ero. Un vaso pieno di un sapere non mio. (Medea)
Oh Dio! Oh, giustizia cara a dio! Oh, luce del sole! La vittoria che intravedo sopra i miei nemici sarà splendida! Orai vado dritto al segno! E infine mi vendicherò come devo! (Medea)
Ormai è impossibile agire diversamente. Voi non potete approvarmi, solamente perché non avete sofferto i mali che ho sofferto io! (Medea)
È tempo di agire! Queste chiacchiere sono del tutto inutili. (Medea)
Re di Iolco Pelia: Penso che oggi dovrai fare un'esperienza inaspettata. Comprendere che i re non sempre sono obbligati a mantenere le loro promesse. Giasone: Bene, ho capito. Cedo, ecco qua. [lascia il vello d'oro per terra] Tieniti il tuo vello, segno della perennità del potere e dell'ordine. La mia impresa mi è servita almeno a capire che il mondo è più grande del tuo regno. E poi se vuoi che ti dica quello che secondo me è la verità: questa pelle di caprone lontano dal suo paese, non ha più alcun significato.
Medea: Perché tenti di passare attraverso il fuoco? Non potrai farlo! È inutile tentare! Se vuoi parlarmi, puoi farlo ma non ti voglio vicino mentre parli. Giasone: Che cos'hai fatto? Che cos'hai fatto? Non soffri anche tu come me, ora? Medea: Io voglio soffrire! Giasone: Ma questo stesso tuo dio ti condannerà! Basta! Medea: Basta? Che cosa vuoi tu da me? Giasone: Lasciami seppellire i miei figli e piangerli! Medea: Tu? Ah, torna piuttosto a seppellire la tua sposa! Giasone: Sì, ci andrò! Ci andrò! Ma senza i miei due bambini! Medea: Ora il tuo pianto non è niente! Te ne accorgerai nella tua vecchiaia! Giasone: Per il tuo caro dio, ti scongiuro! Lasciami accarezzare ancora una volta quei poveri corpi innocenti! Medea: No, non insistere ancora! È inutile! Niente è più possibile, ormai!
Il tema [di Medea], come sempre nei miei film, è una specie di rapporto ideale, e sempre irrisolto, tra mondo povero e mondo plebeo, diciamo sottoproletario, e mondo colto, borghese storico. Questa volta ho affrontato direttamente, esplicitamente questo tema. Medea è l'eroina di un mondo sottoproletario, arcaico, religioso, Giasone invece è l'eroe di un mondo razionale, laico, moderno. E il loro amore rappresenta il conflitto tra questi due mondi. (Pier Paolo Pasolini)