Massimiliano Gallo (1968 – vivente), attore italiano.
Citazioni in ordine temporale.
- Mi fanno tenerezza quei colleghi che hanno un atteggiamento snob nei confronti del nostro mestiere, io ho sempre una gran voglia di fare, o giro il film con Sorrentino o il corto di un esordiente l'entusiasmo è lo stesso. Mi devo divertire e basta. La gente lo percepisce e ricambia con un'ondata di affetto.[1]
- Vanessa [Scalera] è l'incontro più bello che potessi immaginare in carriera, lo paragono a quando i musicisti jazz fanno una jam session: sul set ogni volta mi fermo a guardarla incantato.[2]
Intervista di Mario Manca, vanityfair.it, 10 luglio 2020.
- Dai disastri si risorge con grande ironia e molta positività. Quando siamo messi alle strette, noi italiani siamo capaci di fare cose straordinarie.
- Nella grande commedia all'italiana c'è sempre stato il racconto dell'uomo infedele o che ha subito infedeltà, il magnifico cornuto, come si dice. Siamo ancora rimasti a un'idea del maschio latino che forse non esiste più: il fatto che l'uomo lo può fare e la donna no è ancora molto radicato. Quando ci furono le storie delle donne di Berlusconi, per esempio, erano tanti quelli che commentavano l'accaduto come una cosa figa. Abbiamo questo retaggio, non c'è niente da fare.
- Se dico a una persona di media-cultura che la mia fidanzata è una ex modella brasiliana pensa subito che sia una escort: siamo avvelenati da un razzismo educato, mai citato e mai esercitato, ma fatto di piccoli sguardi, descritto con grande genio da quel film bellissimo che è Indovina chi viene a cena.
- [«Che ragazzo era?»] Ero l'ultimo fratello, il cocco di casa. Vivevo nel mito di mio padre [Nunzio Gallo] che vedevo in tv e che poi andavo a trovare a teatro: raggiungerlo da ragazzino in città come Venezia e Firenze era già di per sé un privilegio. Era il tempo delle compagnie straordinarie, di Beppe Barra e Lina Sastri, di Gassmann cha cenava nel tuo stesso ristorante. Papà quantitativamente non ci ha regalato tutti i giorni, ma quando veniva era sempre una festa: ho il ricordo di un'infanzia felice, anche se non fu facile accettare l'idea che mio padre fosse invecchiato e non lavorava più. Ero arrabbiato ma fortunatamente, grazie all'analisi, l'ho capito prima che se ne andasse. [...] capii che ero arrabbiato con mio padre perché non accettavo che da vecchio fosse su una poltrona a guardare la tv anziché starci dentro. Giustamente lui non aveva nessuna colpa, aveva 80 anni, ma avevo questa proiezione del mito.
- [Sulla recitazione] La cosa bella del nostro lavoro è la testimonianza di quello che realizziamo: quando rivedo papà in un film è come se non fosse mai andato via. Non solo non invecchi, ma non muori mai. È come una sospensione senza tempo.
- Se hai un cognome importante è naturale che la porta sia già aperta, bisogna vedere, però, se riesci a non farla chiudere, se riesci a sfruttare le agevolazioni che hai. Sono nato in una famiglia d'arte e le assicuro che sono cresciuto con una disciplina militaresca, ferrea. Pensi che non mi sono assentato a teatro nemmeno una volta, sono andato in scena con 40 di febbre e pure quando è morto mio padre. [«Non deve essere stato facile»] Ero impegnato in uno spettacolo con Salemme, una volta tornato dal funerale mi esibii. Mi dissero che avrei potuto saltare, ma per me non esisteva la possibilità di assentarmi, non era contemplata. Sorrido pensando ai ragazzi di oggi che alla prima tosse dicono di non venire: da figlio d'arte sei agevolato, hai un bonus da giocarti, ma è ovvio che la gente si aspetta certe cose da te. Ripenso all'edizione di Sanremo condotta dai "figli di": sarebbero stati di sicuro meno cattivi se fossero stati cinque sconosciuti.
Intervista di Paola Casella, iodonna.it, 15 febbraio 2022.
- Marinella è una di quelle imprese italiane a conduzione famigliare diventate famose nel mondo: ha fornito le sue cravatte a tutti i Presidenti della Repubblica italiana e a molti politici stranieri, da Clinton a Putin, dal Cancelliere Kohl a Gorbacev. A Napoli se ne ricevi una in dono è una festa, così come, se vuoi fare un regalo di qualità, per andare sul sicuro vai da Marinella.
- [«Che cos'è Napoli per lei?»] È una città complessa e inclassificabile, è un universo. Un luogo abituato all'accoglienza, continuamente contaminato ma che non si fa contaminare fino in fondo. Lo spiego con due esempi: il primo, Pino Daniele. Ha attinto ai generi musicali e alle sonorità più disparate, però poi ha composto canzoni che sono le più napoletane in assoluto, con una fortissima identità. Il secondo esempio: i fast food mediorientali di Piazza Garibaldi. Fanno sì il kebab, ma con lo sfilatino napoletano. Napoli è resiliente, è la città italiana che nel momento difficile della pandemia ha saputo esprimersi al meglio attraverso l'arte, rimanendo uno dei set più frequentati al mondo per numero di produzioni. Sono fiero di essere napoletano e come attore voglio raccontarlo, non faccio il birignao per nascondere la mia provenienza: in teatro mi è capitato di recitare in dizione, ma per il resto ci tengo a sottolineare quanto sono legato alla mia città e alle mie radici.
- [«Cosa spiega il successo degli attori partenopei?»] Sono quelli che andarono ad insegnare la commedia dell'arte ai colleghi della Comédie Française ai tempi del Re Sole. Sono tra i più grandi come tradizione attoriale insieme agli inglesi e ai russi, e hanno nel dna i testi di Antonio Petito, Eduardo Scarpetta e poi Eduardo De Filippo, fino alle nuove generazioni: da Annibale Ruccello a Enzo Moscato. Noi attori napoletani siamo abituati a tenere insieme buio e luce, ricchezza e povertà, senso critico e ironia, a "splittare" continuamente tragedia e commedia, che è una caratteristica unica: Shakespeare o Moliere mantengono una linea di scrittura che o è commedia o tragedia. L'attore napoletano nasce da una tradizione orale e poi dalla commedia dell'arte, dall'improvvisazione e dall'avanspettacolo, e tutto questo gli dà un valore aggiunto, lo rende un interprete più completo.
- Quando Paolo Sorrentino mi ha chiamato non sapevo nemmeno quale ruolo volesse farmi interpretare e ho detto di sì a prescindere.
- Abbiamo insegnato il cinema al mondo mescolando riso e pianto, e poi abbiamo dimenticato quell'insegnamento coi cinepanettoni: spero di ritornare ad una commedia più graffiante, un po' più seria. Perché la risata più nobile è da sempre quella che viene dalla tragedia: Chaplin è stato contemporaneamente il più grande comico e il più grande personaggio drammatico, e Buster Keaton faceva ridere, ma lui non rideva mai.