Leandro Arpinati (1892 – 1945), politico e dirigente sportivo italiano.
- Il bolognese Leandro Arpinati, squadrista e manganellatore in gioventù, ma nemico giurato di Starace e oppositore interno di Mussolini – che aveva invano tentato di recuperarlo per la Repubblica di Salò[1] – fu prestamente abbattuto da partigiani penetrati nella sua cascina emiliana. (Indro Montanelli e Mario Cervi)
- Anche fisicamente Arpinati, con la sua alta statura, con gli abbondanti capelli neri, con gli occhi assai vivi, con l'espressione aperta e franca del volto, sembrava fatto apposta per accattivarsi la simpatia di coloro che lo avvicinavano. Il suo aspetto dovette però non poco contribuire alla sua caduta, a causa dell'avversione che, come è noto, Mussolini nutriva contro tutti coloro che avevano folta capigliatura ed erano più alti di lui.
- L'Arpinati era un ex anarchico. [...]
In origine era stato un acceso fascista: il decorso degli anni, la delusione subita al contatto delle più alte gerarchie del fascismo, la lettura delle opere di Benedetto Croce e i giornalieri rapporti con Mario Missiroli avevano operato una profonda trasformazione del suo pensiero e poteva essere, allora, considerato assai più un liberale, che un fascista.
- Uomo onesto e leale, non fu un profittatore ed ebbe sempre il coraggio di esprimere il suo pensiero, anche di fronte al suo duce, anche quando sapeva di non fargli cosa gradita. A questa lealtà egli sacrificò non solo la sua posizione politica, ma anche la sua libertà; finì infatti al confino, dove tenne un contegno assai dignitoso, senza abbassarsi mai a dichiarazioni di pentimento, che gli avrebbero fatto riconquistare almeno la perduta libertà.