Vivian: Io mi sento persa davanti all'obiettivo. Alle grandi stelle non succede. Mark: Succede anche a loro. Davanti all'obiettivo e quando ne sono lontane.
Signora Stephens: Non mi fido di quelli col passo felpato. Helen: È timido. Signora Stephens: Dal passo non è timido, è subdolo.
Geniale saggio sul cinema come voyeurismo, pulsione necrofila e insieme scopofila (il bisogno morboso di contemplare), capace di legare indissolubilmente Eros e Thanatos, il film, scritto da Leo Marks, è chiaramente una metafora sull'arte della visione (come lo era stato La finestra sul cortile, ma qui molto più crudele e imbarazzante) [...]. Clamorosamente sottovalutato all'epoca della sua uscita (un critico britannico scrisse che si sarebbe dovuto «prenderlo con la paletta e buttarlo subito nella fogna più vicina»), sprizza in realtà intelligenza da ogni scena, oltre a rappresentare una sorta di punto di partenza per il thriller moderno, da Brian De Palma in poi. (Il Mereghetti)
Peeping Tom sintetizza i legami tra orrore, pornografia, sadomasochismo, sessualità e il semplice atto del guardare e del fare il cinema. (Emanuela Martini)
Vi si porta alle estreme conseguenze la riflessione sul cinema come voyeurismo e atto di immobilizzazione della vita; la sdrammatizzazione del racconto accresce l'efficacia della dimostrazione le cui implicazioni sono multiple e tortuose come in un giuoco di specchi. (il Morandini)