Intervista di Marco Consoli, Espresso.repubblica.it, 6 giugno 2016.
Fare l'attore è come giocare a tennis: ti alleni tutti i giorni, ti prepari a rispondere a qualsiasi colpo dell'avversario, poi si avvicina il momento del match e ti immagini quali saranno le difficoltà che dovrai affrontare. Ma poi quando sei sul campo a giocare, affronti solo un punto alla volta.
Ho capito che la matematica è un'arte, proprio come la recitazione.
Sarà perché sto invecchiando, ma la vita sta diventando troppo veloce e fondata su valori sbagliati.
[Sull'attore] Siamo come bambini, abbiamo sempre il bisogno di trovare l'approvazione del pubblico.
Irons lo conobbi all'anteprima mondiale di Lolita. In occasioni di questo tipo solitamente l'attore americano sta in sala cinque minuti e poi va via. Quella volta invece Irons, Adrian Lyne[regista di film come 9 settimane e ½], e la protagonista femminile, attesi a un rinfresco all'ambasciata francese, si fermarono in sala per l'intera durata del film. E alla fine quando me li presentarono Irons cominciò a riempirmi di complimenti. Avendo notato che il mio inglese era un po' zoppicante, mi disse in spagnolo: Por favor, siempre tu! Successivamente mi mandò un fax che ho ancora qui a casa, dove mi scrisse quello che mi aveva detto a voce. (Mario Cordova)
Jeremy Irons ha una migliore cosa, che ho detto anche a lui perché è uno dei pochissimi che ho conosciuto personalmente, è che a lui si doppiano gli occhi. Con gli occhi mi ha sempre spiegato quello che dovevo fare. (Gianni Giuliano)