etologa e antropologa britannica Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Valerie Jane Morris-Goodall (1934 – vivente), etologa e antropologa inglese.
Certamente non siamo gli unici animali che vivono l'esperienza del dolore e della sofferenza. In altre parole, non c'è una linea netta tra l'animale uomo e il resto del regno animale. È una linea indistinta e lo sarà sempre... La paura in una scimmia, un cane, un maiale, viene vissuta verosimilmente alla stessa maniera della specie umana. Giovani animali, umani o di altre specie, mostrano, difatti, comportamenti simili quando sono ben nutriti e sicuri – sono vivaci, saltellano, fanno piroette, rimbalzano, fanno capriole – tanto che è difficile non credere che non provino sentimenti molto simili. Essi sono, in altre parole, pieni di gioia di vivere – sono felici... un giovane scimpanzé, dopo la morte della sua mamma, mostra un comportamento simile alla depressione che affligge i bambini – postura incurvata, dondolio, occhi offuscati fissi nel vuoto, perdita di interesse per quanto accade attorno a sé. Se un piccolo d'uomo può soffrire di dolore, così può soffrire un giovane scimpanzé... ...stare a chiedersi se scimpanzé, elefanti, cani e così via, sperimentino felicità, tristezza, disperazione, rabbia, è uno spreco di tempo – poiché queste cose sono evidenti a chiunque abbia... sperimentato nella sua vita una conoscenza degli animali.[1]
[Sulla pandemia di COVID-19] È il nostro disprezzo per la natura e la nostra mancanza di rispetto per gli animali con cui dovremmo condividere il pianeta che ha causato questa pandemia, qualcosa che era stata prevista molto tempo fa. [...] Perché mentre distruggiamo, diciamo la foresta, le diverse specie di animali nella foresta sono costrette a venire in contatto fra di loro e quindi le malattie vengono trasmesse da una specie all’altra, e il secondo animale ha quindi maggiori probabilità di infettare gli esseri umani poiché è costretto a stare stretto contatto con noi.[2]
Ogni scimpanzé ha una personalità unica e ciascuno/a ha la propria storia individuale.[3]
Sono determinata a far sì che i miei pronipoti possano andare in Africa e trovare scimmie antropomorfe selvatiche.[4]
Sono molto rari i libri destinati a cambiare il nostro modo di pensare. Questo libro di Tom Regan è uno di quelli. Gabbie vuote è convincente perché argomenta in modo logico e razionale e perché scritto in uno stile semplice ed elegante allo stesso tempo.[5]
Intervista di Jacinto Antón, Repubblica.it, 28 dicembre 2015.
[«Che cosa vede in fondo agli occhi di uno scimpanzé?»] È come se guardassi negli occhi di un essere molto vicino. Vedo una personalità, una mente. Sento che mi immergo negli occhi di qualcuno che ha molto da insegnarmi.
Biologicamente siamo molto vicini. Nell'anatomia, nel sangue; soffrono le stesse malattie, la poliomielite, l'Aids, l'epatite; il loro cervello è molto simile. Ci separa solo una questione di grado.
Le storie delle famiglie degli scimpanzé sono molto simili a quelle della gente. Madri buone e piene di abnegazione, giovani dissolute, maschi tanto stupidi.
Sono stato trascinata, calpestata, mi hanno lanciato delle pietre che potevano uccidermi. Ma mi hanno anche amato molto. In realtà, credo che, anche se il loro comportamento è a volte brutale, non siano capaci come noi di atti di crudeltà deliberata.
Ciò che è chiaro è che hanno una mente molto complessa e sono capaci di emozioni e di qualità raffinate: gioia, tristezza, felicità, amore, compassione, sacrificio di sé. E l'esecuzione delle danze della pioggia, come noi le chiamiamo, è un evento davvero unico.
C'erano molti serpenti, alcuni velenosi. Tuttavia, ho sempre creduto che se fai attenzione quando cammini, se non li spaventi e non li calpesti, loro non ti faranno del male.
Se fissavo uno scimpanzé negli occhi, vedevo un essere pensante, riflessivo, che ricambiava il mio sguardo.
Mi avvicinavo sempre di più agli animali, alla natura, e di conseguenza a me stessa. Ero in sintonia con quella grande forza spirituale che mi circondava.
Intervista di Stella Levantesi, Ilmanifesto.it, 5 maggio 2020.
Per un animale come uno scimpanzé o un elefante essere portato via dal suo habitat naturale e poi confinato deve essere assolutamente terribile. Giusto? Noi possiamo intrattenerci o trovare cose da fare. Loro non hanno niente.
Sappiamo che anche le grandi scimmie e gli altri primati sono suscettibili a questi coronavirus che portano malattie respiratorie. Abbiamo santuari per gli scimpanzé orfani ed è possibile cercare di proteggerli. Possiamo adottare misure adeguate, il pubblico non viene più. Ma Gombe non ha confini, è aperto, e c’è gente che vive tutt’intorno. [...] Speriamo che non entrino a Gombe.
Molte malattie umane provengono da virus che sono “saltati” da animali all’uomo. Le condizioni dei mercati della carne selvatica e del traffico, dove spesso ci sono animali stipati, consentono al virus di passare all'uomo con più probabilità.
La mia opinione è che milioni di persone prenderanno questa situazione come un campanello d’allarme e cominceranno a pensare in modi in cui non hanno mai pensato prima, tanto più se impareranno a conoscere l'effetto spillover. E, tra l'altro, dobbiamo considerare un altro ambiente ideale per lo spillover. E questo è l'allevamento intensivo di animali. Perché molte di queste epidemie sono partite dall'allevamento intensivo di maiali, polli, cavalli, cammelli... Ma temo che il problema sia il tipo di leader politici che abbiamo in molti paesi del mondo. Non vedono l’ora di tornare al business as usual.
Tutto ciò è legato alla nostra mancanza di rispetto per la natura o alla mancanza di rispetto per gli animali. Ce la siamo cercata.
Il cambiamento climatico è spinto in gran parte dalle grandi aziende e dalla mancanza di una legislazione per limitare le emissioni. Non credo che questa pandemia influirà molto su questo, se non nel rendere le aziende più impazienti di tornare a fare quello che stavano facendo. Da un lato milioni di persone hanno sentito questo momento come un campanello d'allarme e un tempo in cui dobbiamo ripensare il nostro rapporto con il mondo naturale per renderci conto che dipendiamo dalla natura, dall’altro lato però abbiamo i leader nel mondo degli affari e al governo, ed è questo il grande problema, non è vero? L'amministrazione Trump, per esempio, ha revocato tutte le misure di protezione ambientale che erano state messe in atto, una per una.
La gente dice: "Chiudete i mercati della fauna selvatica in Cina". Beh, sì, dobbiamo farlo. Dobbiamo farlo assolutamente. Ma ci sono migliaia di persone nelle zone rurali che dipendono dall'allevamento di animali selvatici per la carne. Quindi, sai, hanno bisogno di un modo di vivere alternativo.
Intervista di Carlo Andriani, Nationalgeographic.it, 22 aprile 2020.
Corvi, ratti e persino polpi sono incredibilmente intelligenti. Una scoperta a cui la gente, anni fa, non avrebbe creduto.
Secondo le ultime ricerche i topi, che la gente considera parassiti (e che costituiscono un problema solo quando le persone non si prendono cura dei rifiuti), percepiscono la fame nei loro simili e condividono altruisticamente la loro razione di cibo. I topi provano empatia e salvano i loro simili in difficoltà. Queste caratteristiche sono presenti in tanti animali diversi. Gli allevamenti intensivi sono terrificanti. Nel mondo ci sono miliardi di animali in condizioni terribili che facilitano la trasmissione delle malattie zoonotiche all’uomo.
Spero che l’Earth Day ricordi a tutti che siamo parte del mondo naturale che ci fornisce acqua, cibo e aria pulita. Trovo sconvolgente che la creatura più intelligente su questo pianeta stia distruggendo la sua unica casa. Credo ci sia una sconnessione tra l’intelligenza della mente e l’amore e la compassione del cuore. Solo quando testa e cuore lavorano in armonia, raggiungiamo il vero potenziale umano.
Intervista di Mattia Giusto Zanon, Harpersbazaar.com, 4 novembre 2022.
[Una foresta] è fatta di un mix complesso di animali e piante, e ognuno ha un ruolo in quell’insieme. Ogni volta che uno di questi si estingue, è come se un filo di quella complessa maglia venisse tirato con forza, e se si strappano troppi fili, l’intero arazzo verrà giù, l’intero eco-sistema collasserà. E purtroppo sta succedendo.
Più si crea consumer pressure, più molti brand dovranno diventare via via sempre più attenti all’eticità dei loro prodotti. Sono le piccole cose che producono i grandi cambiamenti.
Ci sono persone che non hanno il minimo rispetto già per gli altri esseri umani, figuriamoci per gli animali. C’è molto su cui dobbiamo lavorare, c’è ancora troppo razzismo, pregiudizio in giro, il divario tra chi ha e chi non ha, la corruzione dilagante.
Io ho vissuto durante la Seconda Guerra mondiale, e per un lungo tempo la Gran Bretagna ha dovuto rimanere in piedi da sola, il resto dell’Europa era stata sconfitta o capitolata come la Francia, e quindi abbiamo dovuto cavarcela da soli contro la minaccia nazista creata della Germania, ma noi avevamo Churchill, che ha saputo, tra le altre cose, farne soprattutto una: tenere alto il morale. "Non saremo mai sconfitti, li combatteremo per mare, li combatteremo sulla terra, li combatteremo anche con i fondi di bottiglia perché è tutto quello che abbiamo a disposizione" diceva. Ed è quello che credo stia facendo a modo suo il presidente Zelensky. E che debba farlo, perché quasi sempre tenere alta la speranza anche nei momenti peggiori – soprattutto nei momenti peggiori – è l’unico modo per andare avanti.
Davanti a noi, a una settantina di metri, galoppava uno gnu, scura sagoma contro l'erba della pianura africana, pallida al chiaro di luna. Dietro, incalzavano cinque iene e la distanza tra preda e cacciatori diminuiva ad ogni minuto. A un tratto la iena di testa afferrò fra le fauci la coda dello gnu e un istante più tardi le altre quattro gli furono addosso con un balzo, mordendo i fianchi e le zampe della vittima. Rapidamente voltatosi, lo gnu, un maschio, fece fronte ai suoi avversari fendendo l'oscurità con le sue corna ricurve e scuotendo la testa. Altre iene sbucarono dall'oscurità della notte e nel giro di due minuti l'animale fu atterrato, scomparendo sotto dieci o più figure ruggenti che lottavano per spartirsi le sue carni. Hugo si avvicinò con la macchina e, come accese i fari, una parte dei cacciatori levò il capo dal banchetto, gli occhi scintillanti, il collo e il muso intrisi di sangue. Venti minuti più tardi solo la scura macchia sul terreno calpestato restava a testimoniare quella battaglia. Fu quella la prima caccia di iene che Hugo e io osservammo e restammo inorriditi a constatare come esse divoravano viva la preda. Da quella notte abbiamo assistito allo stesso crudele dramma tante e tante altre volte perché i licaoni, che vengono chiamati anche cani selvaggi, e gli sciacalli uccidono allo stesso modo, rapidamente sventrando la vittima. Ancor oggi odiamo una tale visione, anche se al momento essa appare più lunga di quanto non sia, perché la vittima muore senz'altro nel giro di un paio di minuti e in un tale stato di shock da non poter sentir molto dolore. In effetti, leoni, leopardi e ghepardi, che godono della reputazione di "assassini puliti", ci mettono spesso più di dieci minuti per soffocare le loro vittime; e poi chi siamo noi per giudicare quale è il modo più doloroso di morire? Per questo non ci associamo a coloro che condannano iene e licaoni come feroci bruti da sterminare senza pietà, perché questi animali uccidono per mangiare e sopravvivere nell'unico modo per cui l'evoluzione li ha adattati.
Citazioni
La iena è per diverse ragioni bene attrezzata per il suo ruolo di spazzino. Possiede denti e mandibole robustissime e quando, come spesso avviene, i resti della cena altrui sono scarsi, è capace di masticare e digerire ossa molto grosse e pelli assai spesse. Inoltre, grazie al suo finissimo udito può localizzare da grandi distanze il rumore che gli altri carnivori fanno nel divorar la preda. Può correre a 50 km. orari ed oltre e ha grande resistenza. Possiede anche un'infinita pazienza: un gruppo di iene può girare intorno alla vittima di un leone per otto ore o forse oltre, quando per esperienza sanno che ben poco è rimasto della carcassa e l'uccisore finalmente se ne andrà. (p. 25)
Non ci volle molto per convincermi che le iene sono seconde solo agli scimpanzè quanto a fascino, perché sono dei pagliacci nati, assolutamente individualiste e vivono in una società ben ordinata ed estremamente complessa. (p. 28)
[Sui masai] Questi sono un popolo splendido, di alta statura, con lineamenti fini e ben marcati, dalla pelle color rame con una tradizione tribale che sfugge all'influenza subdola e molle della civilizzazione occidentale. I Masai vagano per la pianura e i pendii montuosi, come i loro antenati hanno fatto per tante generazioni, conducendo al pascolo mandrie di bovini, greggi di pecore e capre che si trovano a fianco degli erbivori selvatici. Hanno una tradizione di coraggio ben meritata. Nei tempi andati, prima che fosse proibito dalla legge, un giovane Masai non poteva prender moglie prima di aver partecipato a una caccia al leone armato solo di lancia e scudo. Anche se per la conservazione della natura questo antico costume sia da condannare, chiunque abbia visto un leone caricare non può che riconoscere il coraggio quasi incredibile che un giovane indigeno deve aver mostrato in una simile impresa. (p. 35)
È difficile descrivere, a chi non l'ha mai udito, il selvaggio "uuu-uhup" della iena. Ogni "uuu-uhup" fa parte di una serie di dieci o più richiami che iniziano molto forte e spesso finiscono con un soffice, molto soffice, monosillabico "uuu". È questo il più ricorrente di tutta l'incredibile serie di suoni e versi della iena e serve, tra l'altro, come mezzo di contatto tra i membri dispersi di un clan. Senza dubbio le iene si riconoscono tra di loro soltanto dalla voce tanto che io stessa posso identificare parecchi individui allo stesso modo. (pp. 153-154)
Le iene, diversamente dalla gran parte degli altri carnivori, nascono in uno stadio di sviluppo avanzato, hanno gli occhi aperti, molti denti già erotti, sono sorprendentemente vivaci e in grado di spostarsi sulle zampe anteriori. (p. 156)
Non è possibile distinguere a vista nelle iene un cucciolo maschio da uno femmina poiché la femmina è dotata di organi riproduttivi che esternamente appaiono straordinariamente simili a quelli del maschio. Il curioso fenomeno ha portato all'errata credenza che la iena sia ermafrodita. Un trappolatore, per esempio, aveva avuto la richiesta di catturare sei iene, tre per sesso. Egli riuscì presto a catturare tre "maschi" ma non riuscì a trovare una femmina. Mentre stava ancora cercando, uno dei suoi "maschi" partorì tre cuccioli. (p. 158)
In una caccia di iene niente viene buttato via e questo è un aspetto apprezzabile. Ogni briciola di qualunque parte commestibile viene divorata e l'erba ripulita a leccate anche dall'ultima stilla di sangue. Solo la criniera, la coda, la barba dello gnu, le corna e parte del cranio vengono lasciati. Le corna, quando finalmente vengono abbandonate dagli adulti, sono spesso portate a una delle tane: i cuccioli vi si affilano i denti e giocano per ore con il trofeo. (pp. 166-167)
La maggior parte dei carnivori allatta i piccoli soltanto per poche settimane: al paragone, i diciotto e più mesi d'allattamento dei cuccioli di iena sembrano incredibilmente lunghi. È però una cosa necessaria, perché mamma iena non porta i piccoli sulle prede né riporta regolarmente cibo alla tana. I giovani che debbono crescere dipendono dunque quasi unicamente dal latte materno. (pp. 196-197)
Vi sono molte finestre dalle quali possiamo osservare il mondo, cercandone il significato. Vi sono quelle aperte dalla scienza — i cui vetri appannati sono stati ripuliti da una successione di ingegni brillanti e acuti — attraverso le quali possiamo vedere sempre più lontano, sempre più chiaramente, verso zone che una volta erano al di là della conoscenza umana. [...] Ma vi sono anche altre finestre: quelle aperte dalla logica filosofica; quelle attraverso le quali i mistici cercano conferma della loro concezione della verità; quelle da cui i fondatori delle grandi religioni hanno scrutato ricercando il senso dell'universo, non soltanto nella sua straordinaria bellezza ma anche nei suoi aspetti oscuri e sgradevoli. La maggior parte di noi, quando riflette sul mistero dell'esistenza, scruta il mondo soltanto attraverso una di queste finestre, che per di più, la maggior parte delle volte, è appannata dalla limitatezza della natura umana. Noi ne puliamo una piccolissima parte e guardiamo attraverso, e non c'è da stupirsi se veniamo tratti in inganno da quella minima frazione del tutto che riusciamo a vedere. Alla fine, è come osservare il panorama del deserto o del mare attraverso un giornale arrotolato a mo' di cannocchiale. (I; pp.18–19)
Non è facile studiare le emozioni neppure quando si riferiscono a esseri umani. Io so che cosa provo nei momenti di tristezza, di felicità o di rabbia, e se un amico mi dice che si sente triste, felice o arrabbiato suppongo che le sue emozioni siano simili alle mie, ma non posso sapere con certezza se sia davvero così. Se poi cerchiamo di comprendere le emozioni provate da esseri viventi via via più diversi da noi, è ovvio che la difficoltà del compito aumenta. Se attribuiamo emozioni tipicamente umane agli animali non umani veniamo accusati di antropomorfismo, un peccato mortale in etologia. Ma è poi così grave? Se sperimentiamo l'effetto di farmaci sugli scimpanzé, perché dal punto di vista biologico sono così simili a noi, se ammettiamo che vi sono enormi somiglianze fra il cervello e il sistema nervoso dell'uomo e quello dello scimpanzé, non è logico supporre che ci siano somiglianze anche fra i sentimenti, le emozioni, gli stati d'animo fondamentali delle due specie? (II; p.25)
[...] io non penso agli scimpanzé come a un'estensione della mia famiglia. Provo per loro considerazione e profondo rispetto, il loro comportamento continua ad affascinarmi e posso trascorrere ore e giorni in loro compagnia, e spesso mi si domanda se li preferisco agli esseri umani. La risposta è molto semplice: preferisco alcuni scimpanzé ad alcuni esseri umani, e alcuni esseri umani ad alcuni scimpanzé! (XX; p.264)
Osservando gli animali allo stato brado possiamo cominciare a comprendere la vita che fanno e quindi scoprire cosa li renda davvero felici. Per questo i primi studi di scienziate come Jane Goodall, Dian Fossey e Biruté Galdikas, che andavano sul campo e si limitavano a osservare gli animali, sono stati così pionieristici e si sono rivelati tanto preziosi. (Jeffrey Moussaieff Masson)
↑ Da Premessa, in Marc Bekoff, La vita emozionale degli animali; citato in Marini, p. 185.
↑ Da Gli scimpanzé: un ponte da gettare, in Il Progetto Grande Scimmia; citato in Marini, p. 183.
↑ Citato in AA.VV., Il libro dell'ecologia, traduzione di Roberto Sorgo, Gribaudo, 2019, p. 125. ISBN 9788858024362
↑ Citato in Tom Regan, Gabbie vuote: la sfida dei diritti animali, traduzione di Massimo Filippi e Alessandra Galbiati, Edizioni Sonda, Casale Monferrato, 2005, quarta di copertina. ISBN 88-7106-425-9
Hugo e Jane van Lawick-Goodall, Assassini innocenti, traduzione di Sergio Frugis, Rizzoli, 1973
Jane Goodall, Il popolo degli scimpanzé. 30 anni di osservazioni nella giungla di Gombe (Through a Window: Thirty Years with the Chimpanzees of Gombe, 1990), Rizzoli, Milano, 1991. ISBN 88-17-84123-4
Sergio Marini, Filosofi, animali, questione animale. Appunti per una storia, EDUCatt, Milano, 2012. ISBN 978-88-8311-842-5