Contessa: Padre, debbo liberare la mia coscienza da un peso, un peso tremendo. Ma ho paura di quanto sto per dirvi. Don Demetrio: Non temete, voi parlate al ministro di Dio, il segreto della confessione è sacro, nessuna forza umana può costringerci a violarlo. Parlate con fiducia. Contessa: Padre, ho peccato d'orgoglio. Per raggiungere il mio scopo non ho indietreggiato dinnanzi a nulla, sono stata implacabile! No, non mi guardate, vi prego, altrimenti non ho più il coraggio di continuare. Io devo dire tutto. Padre, ricordate Luisa, la figlia del povero Bernardo? Don Demetrio: Luisa... Contessa: Ebbene, io le ho fatto del male. Ma non l'ho fatto per odio contro di lei, ma perché credevo di agire per il bene di mio figlio. Don Demetrio: Luisa ormai è votata al Signore. Ella ha perdonato a tutti, anche lei pregherà per voi. Contessa: No, no, lei non sa, non sa niente. Se sapesse, mi maledirebbe. Don Demetrio: Ma che cosa dite? Contessa: È il bimbo che ha pianto per morto... è vivo! Io gliel'ho tolto. Pensavo che fosse di ostacolo alla felicità di mio figlio e l'ho fatto rapire da Anselmo. Poi c'è stato l'incendio e l'hanno creduto morto, anche Luisa. Don Demetrio: E dov'è ora quel bambino? Contessa: È in collegio. Vi è stato... vi è stato messo sotto altro nome. Anselmo si è incaricato di tutto. Per rimediare come posso a tutto il male che ho fatto, ho lasciato parte dei miei beni a questo povero ragazzo. Troverete tutto nel mio testamento, là nello scrittoio. Don Demetrio: Ma non basta! Voi dovete restituire quel bambino a suo padre e far conoscere a tutti la verità. Contessa: Ah no, no, no, no, finché sarò viva! Ah no, non mio figlio, non potrebbe mai perdonarmi tutto il male che ho fatto. Ormai è la fine, ditemi che Dio mi perdonerà, per il mio pentimento, per lo strazio di questa mia agonia. Don Demetrio: Pregate, confidate nella infinita misericordia di Dio.
Con Catene e Tormento segnò l'apice del melodramma popolare strappalacrime e della coppia divistica Nazzari-Sanson. Solo i cuori di pietra non piansero. (il Morandini)
Appartenente alla solita categoria dei filmoni destinati a far quattrini a scapito dell'arte, questo lavoro, pur non abbandonando il binario "alla Carolina Invernizio", cerca con fatica di salire leggermente di tono rispetto ai precedenti esempi. In contrasto con Nazzari, sciatto, sbiadito, svogliato, c'è una Sanson veramente bravina che lavora con impegno e coscienza. La fotografia è mutevole, il carattere dei personaggi non a fuoco, la recitazione dei minori manierata. (Ettore Fecchi)