Frank Russell Capra, nato Francesco Rosario Capra (1897 – 1991), regista, sceneggiatore e produttore statunitense di origine italiana.
[Sulla lavorazione del film Accadde una notte] All'inizio delle riprese mi sentivo come un pugile sovrallenato che è già stanco prima ancora di salire sul ring.[1]
[Su James Stewart] Aveva alcune delle qualità di Gary Cooper. Quella indefinibile integrità personale, è durissima far sembrare cattivo Jimmy Stewart.[2]
Ci sono donne e donne – poi c'è Kate. Ci sono attrici e attrici – poi c'è Hepburn.
There are women and there are women – and then there is Kate. There are actress and actress – then there is Hepburn.[3]
[Su James Stewart] Dopo aver comandato quei B-29, Jimmy non si sentiva a posto a tornare nel cinema. A metà di "La vita è meravigliosa", il suo primo film del dopoguerra, mi disse... mi disse che secondo lui fare l'attore non era una cosa dignitosa. Recitare era diventato una cosa sciocca, insignificante, a paragone di quello che aveva visto. Mi disse che pensava di finire il film e poi di smettere. Nel film c'era Lionel Barrymore che pensava che recitare fosse una delle più onorevoli e importanti professioni mai inventate – e te lo cantava chiaro anche. Un giorno mi dice: "È bravo quel Jimmy Stewart", "eh si" gli rispondo io "ma pensa di smettere". "Sul serio? Perché?" E gli riferii quello che mi aveva detto Jimmy. Qualche giorno dopo Lionel Barrymore parlò a Jimmy. "Mi dicono che secondo te non vale la pena di recitare" comincia, e poi gli fa una predica sull'arte dell'attore come non ne ho mai più sentite in vita mia. "Ma non ti rendi conto che tocchi la coscienza di milioni di persone, che dai forma alle loro vite, che gli comunichi un senso di esaltazione... quale altra professione ti dà in consegna un simile potere? [...] Recitare è una delle più antiche e nobili professioni del mondo giovanotto." Jimmy non me ne ha mai parlato, ma secondo me il discorso di Barrymore fece effetto. Non lo ha mai detto, ma secondo me Jimmy ha deciso che se doveva essere un attore, sarebbe stato il migliore di tutti.[2]
E chi a Hollywood poteva recitare la parte dell'onesto e umile "poeta campagnolo" Mr. Deeds? Un solo attore: Gary Cooper. [...] Non ci volle grande intelligenza per affidare a Cooper la parte di Longfellow Deeds. Lui "era" Longfellow Deeds. Ogni linea della sua faccia suggeriva onestà. La sua integrità era così innata che poteva recitare ruoli di impostori senza che lui sembrasse mai un impostore.[4]
[Sulla lavorazione del film Accadde una notte] Ho lavorato in fretta e senza farmi scoppiare il cervello, un po' come Julius Boros giocava a golf. Raggiungevo la palla, la colpivo, mi facevo una bella risata e andavo avanti senza perdere l'andatura.[1]
I dilettanti giocano per divertirsi quando fa bel tempo. I professionisti giocano per vincere in mezzo alla tempesta.[1]
Il cinema è una malattia, quando entra nel sangue prende il sopravvento. È come avere Jago nel cervello e, come per l'eroina, l'unico antidoto a un film è un altro film.[5]
[Su Gary Cooper] La chimica di un bravo attore cambia tutto. La sceneggiatura prende vita, diventa tridimensionale quando sul set ci sono attori così.[4]
La regia è fatta per i giovani. Dopo i cinquant'anni ci vorrebbe la pensione obbligatoria per tutti.[1]
Non avevo compreso il significato del dramma. Pensavo che il dramma si realizzasse quando gli attori piangono. Ma il dramma si realizza quando gli spettatori piangono.
I made mistakes in drama. I thought drama was when actors cried. But drama is when the audience cries.[7]
Non ero interessato alla gloria, ma a fare film. Non volevo esibire la macchina da presa, il regista, lo sceneggiatore. Volevo il pubblico coinvolto nella storia.[8]
Non ho mai pensato alla parola arte. Il cinema ha a che fare con troppe cose e con troppa gente.[8]
[…] pensavo che fosse il mio lavoro mostrare ai nostri ragazzi le ragioni della nostra guerra. Avevano 18 anni, quei ragazzi, e non sapevano niente di cose di guerra. Non erano soldati, non avevano nessuna disciplina militare. Erano i peggiori soldati del mondo, quando la guerra scoppiò. Ma in due anni, erano i migliori del mondo. E c'è una ragione, per questo: avevano una mente aperta. […] Era la prima cosa che facevano, vedere i miei film. E quando li vedevano, sapevano cosa fare, perché combattevano. Capivano che non era un gioco. Era vero.[9]
Quando dovevamo girare "Mister Smith va a Washington", la scelta era fra Gary Cooper e Jimmy Stewart. Jim era più giovane e io sapevo che avrebbe fatto un Mister Smith fantastico. Aveva l'aria del ragazzo di campagna, Jimmy, dell'idealista. Il personaggio era molto vicino a lui. Non c'è dubbio, quel film ha dato l'impronta alla sua immagine, al vero Jimmy Stewart.[2]
[Su James Stewart] Quando interpreta ruoli di duro non recita se stesso. Fondamentalmente, Jimmy è un idealista.[2]
Quei registi che si fanno belli con i movimenti di macchina e le inquadrature spettacolari, alla fine mostrano solo se stessi.[8]
Magari non c'è mai stata un'America, magari c'erano solo i film di Capra. (John Cassavetes)
1 2 3 4 Citato in Gianni Amelio, Il vizio del cinema: vedere, amare, fare un film, Einaudi, Torino 2004. ISBN 88-06-16749-9
1 2 3 4 Citato in Peter Bogdanovich, Chi c'è in quel film? Ritratti e conversazioni con le stelle di Hollywood, Fandango Libri, 2008.
↑ (EN) Citato in Grace May Carter, Katharine Hepburn, New Word City, 2016, p. 164. ISBN 1612309615
1 2 Citato in Mariapaola Pierini, Gary Cooper, il cinema dei divi, l'America degli eroi, Le Mani-Microart'S, 2011.
↑ Citato in Portala al cinema (The Moviegoer's Companion, Think Publishing, Londra, 2004), a cura di Rhiannon Guy, traduzione di Luigi Giacone, Einaudi, Torino, 2006. ISBN 88-06-18304-4
↑ Citato in 1001 quotations to inspire you before you die, Quintessence Editions Ltd., 2016, ISBN 978-1-84403-895-4
1 2 3 Citato in Vito Zagarrio, Frank Capra. L'Unità – Il Castoro, Milano, 1995. ISBN 88-8033-043-8