[...] credo che gli avvenimenti dell'Unione Sovietica svelano che ormai il Paese era marcio, che il partito comunista non esisteva più se non come struttura utilitaria per migliaia di gerarchi, per migliaia di beati possidentes, ma non esisteva più, anche se questo non lo si sapeva. E quindi questa meravigliosa fioritura di giovani che hanno resistito è una garanzia che non siamo davanti a un fatto episodico, che quella parte d'Europa si è veramente liberata e sbarazzata di un falso mito.[1]
È vano credere opportuna una "proletarizzazione" del giornale [Il Popolo Trentino]: cioè una sua volgarizzazione per poter essere meglio capiti. Il giornale, pur perfezionandosi, imposterà sempre i temi su un tono elevato, sicuri come siamo che la fede di cui esso è intessuto illuminerà le menti e i cuori dei nostri aderenti.[2]
L'Italia ha bisogno, certo, di compiere un veloce tragitto in avanti: e in certi momenti questo può e deve avvenire anche impetuosamente, se si vuole avere ragione di resistenze e conservatorismi. Occorre, però, certezza democratica.
In un'economia mista in cui gli imprenditori privati rappresentano i due terzi del tessuto industriale, non può aversi permanentemente un'iniziativa di dispregio verso di essi, un incalzare di critica ai "padroni", un'ipotesi di conflittualità permanente, senza bloccarne la spinta al rischio, che è la qualità, il valore più importante di ogni imprenditoria che si rispetti.
Il cambiamento è necessario nel senso delle riforme, nel senso di una linea più certa di giustizia per ogni cittadino.
La dc non può esser quella di ieri o di ieri l'altro poiché i suoi compiti sono mutati, poiché il tipo della sua presenza è diverso.
↑ Dall'intervista di Fernando Perri, Video, disponibile su YouTube, min. 1:03-1:51.
↑ Il Popolo Trentino, 23 settembre 1945. Citato in Manlio Goio, Flaminio Piccoli: un uomo e una scelta, Rusconi, Milano, 1972.