Eric Gobetti (1973 – vivente), storico italiano.
Citazioni in ordine temporale.
- Mi riconosco nei valori antifascisti, che sono i valori fondanti della nostra democrazia e della nostra Repubblica, nei quali tutti, a mio avviso, dovremmo riconoscerci. Come qualunque studioso interpreto i fatti storici con i miei strumenti culturali, che dipendono da una molteplicità di aspetti: generazionali, di genere, politici, sociali, legati all’epoca storica in cui vivo, ecc… Tutto ciò non è tendenzioso, è semplicemente onesto. Io almeno ci provo, senza pretendere di avere la verità in tasca. Ma tutti quelli che mi vorrebbero vedere morto (letteralmente) invece li riconoscono i valori della democrazia e della Repubblica?[1]
- Basovizza non è una foiba: è un pozzo minerario. Sul fatto che ci siano degli infoibati, purtroppo non ci sono prove. Io non nego che ci siano. Potrebbero anche esserci, ma nessuno lo sa con certezza. Sono state fatte ricerche nell'immediato dopoguerra dagli anglo-americani, sotto l'amministrazione alleata. Ma le hanno subito interrotte, dopo aver trovato pochissimi cadaveri, in gran parte di soldati tedeschi.[2]
- Le uccisioni commesse sul confine orientale nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945 non possono essere in alcun modo considerate un tentativo di genocidio e le vittime non sono individuate in quanto appartenenti ad uno specifico popolo. (p. 27)
- [...] è evidente come la logica che anima i comandi partigiani dell'Istria sia politica e non nazionale. Nulla autorizza a ipotizzare che l'obiettivo delle violenze siano gli italiani in quanto tali. Il che è confermato dai documenti partigiani dell'epoca, per altro spesso redatti in lingua italiana. D'altra parte negli stessi giorni in cui si intensificano gli arresti contro le persone ritenute responsabili del passato regime, decine di italiani dell'Istria vengono accolti nelle unità partigiane jugoslave.
Al di là della comprensibile memoria traumatica delle vittime, queste violenze non sono condotte da bestie assetate di sangue e accecate dall'odio, come vengono spesso rappresentate. Tra le persone, pur numerose, che vengono processate sommariamente non figurano bambini e le donne sono in numero limitato, perché ben poche donne ricoprivano incarichi importanti nel regime fascista. La volontà degli aggressori è infatti quella di colpire solo determinate categorie di persone, ritenute, a torto o a ragione, responsabili dell’oppressione subíta per più di due decenni. (pp. 31-32)
- Nella primavera di quell’anno [1944] si calcola che siano tra i 20.000 e i 30.000 i partigiani italiani integrati singolarmente o in unità nazionali nell'esercito jugoslavo. Sono cifre incredibili. Per avere un termine di paragone, i partigiani in Italia sono, nella stessa epoca, numericamente equivalenti. Ciononostante, nel discorso pubblico si continua a fare riferimento alle violenze compiute dai partigiani al confine orientale nell'autunno del 1943 e nella primavera del 1945 come a una pulizia etnica condotta contro la componente italiana della popolazione. (p. 34)
- Oltre a punire i collaborazionisti e i criminali di guerra, le autorità jugoslave operano per eliminare gli eventuali oppositori politici [...] Si tratta di una vera e propria epurazione preventiva, che serve ad intimorire quella parte di popolazione che non accetta l’ipotesi di annessione della regione alla Jugoslavia. La stragrande maggioranza dei possibili oppositori è composta da rappresentanti dell’élite politica e sociale italiana che ovviamente preferirebbero che l'area ritornasse a far parte dello Stato italiano. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di persone che non fanno mistero della propria avversione alla Jugoslavia e all’ideologia comunista. L’esempio più estremo di questa tipologia di vittime è rappresentato dall'arresto di alcuni membri del CLN triestino che [...] già da tempo si era opposto alla leadership jugoslava sulla Resistenza. (pp. 38-39)
- Riconosciuta monumento nazionale nel 1992, Basovizza diventa un vero e proprio sacrario, con piccolo museo annesso, nel 2007. Si tratta di una località comoda, perché si trova in Italia (la maggior parte degli altri possibili luoghi commemorativi sarebbero in Slovenia o in Croazia), nei pressi di Trieste e facilmente raggiungibile dall'autostrada. Tuttavia come luogo deputato alla memoria di questa vicenda storica non è certo l'ideale. Innanzitutto non si tratta tecnicamente di una foiba, ma di un pozzo minerario abbandonato, ed è connesso ad uno solo dei tre fenomeni ricordati, le epurazioni del 1945, mentre non ha niente a che fare né con le foibe istriane del 1943 né con l'esodo. In secondo luogo, non ci sono prove documentarie certe che a Basovizza siano avvenute esecuzioni né che vi siano state sepolte vittime delle epurazioni: gran parte dei cadaveri rinvenuti appartiene a soldati tedeschi morti probabilmente nelle ultime battaglie per la liberazione di Trieste. Infine, e questo è forse l’aspetto più deleterio, la scelta di Basovizza suona provocatoria per la memoria collettiva slovena. Qui infatti erano stati fucilati, nel 1930, quattro attivisti del TIGR [...], considerati i primi martiri della causa antifascista. (p. 70)
Citazioni su E allora le foibe?
- "E allora le foibe?" di Eric Gobetti è un libro [...] che di provocatorio ha solo il titolo. In realtà tratta un tema politicamente incandescente facendo il punto sulla ricerca storica: mette in fila i fatti e le cifre e ragiona sul senso del Giorno del ricordo, istituito nel 2004 dallo Stato italiano (il 10 febbraio) al culmine di una campagna politico-culturale ricca di miti e di stereotipi. Gobetti scrive che le foibe non sono "la nostra Shoah"; che i morti non furono più di cinquemila, che non si trattò di una pulizia etnica e che la memoria pubblica è viziata da un eccesso di nazionalismo. Tanto è bastato per scatenare contro di lui un'ondata di insulti, minacce e accuse di "negazionismo". (Lorenzo Guadagnucci)