Dracula di Bram Stoker, romanzo scritto da Fred Saberhagen e James V. Hart del 1992.
Europa orientale - 1462
Da quando il suo giovane principe era partito per la guerra, il sonno della principessa Elisabeth era tormentato da rossi sogni di orrore e di sangue. Ogni notte lottava per rimaner sveglia il più lungo possibile; e quando, prima o poi, cedeva, inevitabilmente, alla natura e chiudeva gli occhi, subito si trovava a vagare nell'incubo di campi di battaglia disseminati di corpi impalati e smembrati. E qui iniziava una nuova sua lotta: evitare il più a lungo possibile di guardare in volto uno di quei soldati sfigurati... ma ancora una volta, prima o poi, un impulso insopprimibile la obbligava a fissare uno di essi.
E, sempre, il viso del soldato dilaniato era quello di «lui»; e, sempre, Elisabeth si risvegliava urlando.
- È tanto che non sono più avvezzo a... agli ospiti. E avverto la fatica dei tanti anni passati a piangere i morti. (Conte Dracula, pp. 36-37)
- Lucy si guardò in un grande specchio sulla parete e si diede una sistemata ai capelli. «Sono così felice che non so neppure io che cosa fare! Penso che riceverò tre proposte di matrimonio in una sola sera. Oh, Mina, vorrei tanto potermi dividere!»
Questo fu sufficiente a distrarre Mina, suo malgrado. «Non conterai di sposarli tutti e tre!»
«E perché no?» La risposta era quasi seria; di sicuro suonava come una richiesta di aiuto. «Spiegamelo, perché una ragazza non può sposare tre uomini, o tutti quelli che la vogliono?» (p. 48)
- Se posso darle un consiglio, conti più sull'aglio e sul crocifisso che sulla sua carabina. (Abraham Van Helsing, p. 133)
- [Su Abraham Van Helsing] Per lui operare su quello che sapeva era difficilissimo, se non altro perché era praticamente impossibile comunicarlo ad altri. Come convincere, senza farsi rinchiudere come demente, gli scettici moderni di quegli ultimi anni dell'illuminato diciannovesimo secolo? Ci furono momenti in cui il professore disperò quasi della possibilità di far mai conoscere la verità. (p. 138)
- «Mina», e la donna credette per un attimo che avesse aggiunto sottovoce un altro nome, «ho traversato oceani di tempo per trovarti. Riesci a capire che cosa sento per te? È stata una ricerca continua, disperata, interminabile. Finché il miracolo è avvenuto.» (p. 159)
- Dracula aveva ancora il piede sul predellino e il suo corpo rimaneva metà dentro e metà fuori della carrozza. Nel frattempo Mina aveva quasi abbandonato la lotta senza speranza contro i suoi stessi sentimenti.
Il suo principe le stava dicendo: «Ti ho perduto una volta, non ti perderò mai più».
Mina cercò di pensare a Jonathan, ma non servì. Sussurrò: «Non posso più lottare contro quello che sento...» (p. 161)
- L'antico principe Dracula in persona. È morto quattrocento anni fa... ma il suo corpo non è mai stato trovato. (Abraham Van Helsing, pp. 165-166)
- Il nemico mortale di suo marito era il principe che lei amava. Un conflitto sanguinoso sembrava inevitabile; Jonathan sarebbe potuto rimanere ucciso... per «sua» mano. Oppure sarebbe potuto morire «lui», per mano di Jonathan, e Mina Harker non sapeva, non era capace di decidere, quale dei due esiti sarebbe stato il più terribile. (p. 174)
- Ho sopportato oceani di tempo, commesso atti irriferibili, per rimanere aggrappato alla vita, finché non fossi riuscito a trovarti. (Conte Dracula, p. 184)
- Ti dico che senza di te, senza la vita, l'amore che tu mi dai, sono morto a ogni umanità. Senza di te non sono altro che una belva che si nutre di sangue umano! (Conte Dracula, p. 185)
- Ho mentito, a te, a me stesso. Il dono della vita eterna è assai al di là dei miei poteri. La verità è che sarai condannata, come lo sono io, a camminare nelle tenebre della morte eterna. Ti amo troppo per farti questo! (Conte Dracula, p. 189)
- All'interno della cappella, Mina e Dracula si erano distesi a riposare su quegli stessi gradini d'altare sui quali più di quattro secoli prima era stato deposto il corpo senza vita di Elisabeth.
«Non puoi lasciarmi», disse lei. «Voglio essere con te, per sempre». E, afferrata l'impugnatura del coltello che ancora gli spuntava dal petto, si preparò allo sforzo di estrarlo.
Le dita di Dracula, ridotte a poco più che ossa, salirono verso l'arma per impedirglielo. La sua voce era solo un fruscio di foglie morte.
«Devi lasciarmi morire.»
Lei fissò lo sguardo nel profondo dei suoi occhi; gli prese la testa tra le mani, lo baciò, gli accarezzò con tenerezza i capelli arruffati e incanutiti. «No, ti scongiuro. Io ti amo.»
Lui scosse la testa, quasi impercettibilmente. «L'amore dei mortali non può avere presa... su di noi. Il nostro amore durerà per tutta l'eternità. Liberami. Dammi la pace.» (pp. 232-233)
- Non potevo sostenere l'idea di vivere senza il mio principe. Ma vedo che tu non sei tra i morti. Tu vivi, amore mio. (Mina Harker, pp. 233-234)
Quando Mina riaprì gli occhi, il volto dell'uomo sotto di lei mostrava un'immobilità di morte. Era un volto giovane e serenamente, magnificamente umano.
Lentamente Mina si alzò in piedi e si mosse verso la porta chiusa della cappella. In quel momento Jonathan incapace di aspettare un momento di più, spinse quella barriera spalancandola e si precipitò dentro, prendendo la moglie tra le braccia. E Mina capì, dall'espressione gioiosa del viso del marito che la stringeva a sé, che la neve non era più immacolata della sua fronte. Il marchio scarlatto del vampiro era svanito.
Il principe guerriero riposava in pace.
Fine
- Fred Saberhagen e James V. Hart, Dracula di Bram Stoker, traduzione di Bruno Amato, Sperling & Kupfer Editori S.p.A., 1993. ISBN 88-200-1486-686-I-93