Domenico Procacci (1960 – vivente), produttore cinematografico italiano.
- [Alla domanda quando ha iniziato a guadagnare] Con Radiofreccia, di Ligabue. Ha vinto David di Donatello, Nastro d'argento, tutti i premi per gli esordienti. E lì ho smesso di essere un produttore di nicchia, sono passato da produttore di film da festival a produttore che può anche guadagnare. È diminuita la simpatia che avevo intorno, ma son diminuiti anche i debiti.[1]
- Era il terzo film [La Bionda di Sergio Rubini], avevo trentatré anni e mi sono ritrovato con tre miliardi di debiti. Il costo del denaro era al 18%, mi dicevano che avrei fatto bene a fallire, chiudere tutto e tanti saluti: dopotutto, ci sono decine di storie così nel cinema. Ma mio padre m'ha insegnato che se sbagli devi pagare, e io sono andato avanti, ho pagato. Per cinque anni il mio lavoro era chiamare le banche, dalle nove di mattina alle tre del pomeriggio: quanti assegni sono arrivati oggi? Gli ottimisti dicevano che sarei durato qualche mese, io mi vedevo costantemente rovinato, ma non ero particolarmente depresso, facevo solo molta fatica: alle undici di sera mi addormentavo dovunque fossi.[1]
- Il successo è quando porti a buon fine un progetto e io non l'ho ancora fatto. Si può fare di più e meglio, si possono coniugare cinema, editoria e musica in un progetto che stia in piedi anche dal punto di vista economico. La difficoltà è quella: fare impresa, e quindi guadagnare, ma senza perdere in qualità, aiutando la produzione artistica.[1]