Dino Mantovani (1862 – 1913), scrittore, critico letterario e insegnante italiano.
- Il libro [Fecondità] che Emilio Zola scrisse durante il suo nobile esilio d'Inghilterra, dopo avere occupato per lungo tempo le appendici dei soliti giornali, è uscito, ahimè, anche in volume. Dunque ci vuol pazienza: bisogna sorbirsi queste settecentocinquanta fittissime, interminabili pagine; smaltire questa tegola, questo mattone, questo pane di piombo; e poi darne notizia al pubblico senza dire delle porcherie, ed esprimerne un giudizio senza venir meno all'alto rispetto ch'è nell'animo di tutti noi verso Emilio Zola, invitto atleta della verità e della giustizia. Tutte cose molto difficili. (cap. VI, p. 69)
- Che il romanzo sia una forma d'arte buona a tutti gli usi, anzi una larva di arte letteraria adoperata a coprire ogni sorta di trattazioni morali, politiche, filosofiche, si vede da un pezzo. Che dunque lo Zola si sia valso anche stavolta del romanzo [Fecondità] per sostenere una tesi sociale, mostrando quanta semenza umana si sperda nella colpa e nel vizio, quanti bambini muoiano quasi per universale volontà, quanto deperisca la razza umana per tanti volontari impedimenti posti alla fecondità, che sola può ridare al mondo sanità e letizia e risolvere la questione sociale, non è maraviglia e si può ammettere. Ch'egli abbia torto o ragione, si può discutere. Ma che per propugnare una sua idea, per quanto giusta, egli abbia adoperati mezzi letterari imperfetti, grossolani, inefficaci, non si può negare da alcuno. (cap. VI, pp. 72-73)
- Il libro [Resurrezione] è straordinario, uno de' più terribili libri del secolo. L'opera dello scrittore vecchio non teme né contraddice quelle del giovane, anzi le continua, le conchiude, le incorona.
Non c'è in tutto il volume un effetto drammatico cercato, non uno sforzo visibile di stile. Per quanto la traduzione scemi, senza dubbio, l'efficacia caratteristica del testo originale, è evidente che il Tolstoi, narratore sempre candido e semplice nella sua potenza, ha voluto stavolta essere più semplice che mai. Sembra, a prima vista, di leggere la relazione di un reporter diligente, che registri tutti i particolari di ciò che ha veduto, o di udire il racconto di un parlatore bonario che esponga rapidamente le sue impressioni. (cap. VIII, p. 117)
- Il Tolstoi vede tutto e dice tutto. Rileggete una scena qualunque del romanzo [Resurrezione], e dite se manchi un solo particolare, un solo accenno del vero; vi vedrete innanzi luoghi, mobili, tappezzerie, persone, fisonomie, movimenti; udrete tutte le voci; spierete tatti gli animi. Una cosa da sbalordire. E che arte di tanto ottenere senza parere, di tanto esprimere senza mai sforzare la parola! Lo Zola, in confronto, è un grossolano abborracciatore di volgarità e di frasi fatte. Soli, il Flaubert e il Maupassant, potrebbero, in qualche loro pagina, reggere a tanto paragone. Il Tolstoi però li supera non solo nella potenza di immaginare e rappresentare innumerevoli uomini, innumerevoli condizioni umane, ma anche nel sarcasmo micidiale con cui descrivendo smaschera, e raccontando svergogna. (cap. VIII, p. 119)