politico, giornalista e storico italiano Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Carlo Rosselli (1899 – 1937), attivista politico, giornalista, filosofo, storico ed antifascista italiano.
In anni di questo piú smorti, piatti e calmi, avrei spenta questa mia sete tra famiglia, cattedra, pubblicazioni. Ma in anni come questi, quando sono in ballo i fondamenti primi, sento tutta la bellezza e il valore di una vita di battaglia. E quanto piú saranno duri gli anni a venire, quanto piú rimarremo soli, quanto piú follemente orgogliosi appariremo per l’impicciolirsi dei mezzi rispetto all’ingrandirsi e all’elevarsi dei fini, tanto piú sentirò che non vivo e non avrò vissuto invano.[1]
[...] la storia non si ferma, il progresso continua, le dittature sono delle parentesi nella vita dei popoli, quasi una sferza per imporre loro, dopo un periodo d'inerzia e di abbandono, di riprendere in mano il loro destino.[2]
Liberare l'Europa dal fascismo, dare la libertà all'Europa, fare l'Europa sulla base dei principi di giustizia sociale e di libertà: ideale grandioso e animatore per la nuova generazione italiana, un ideale che può destare gli stessi interessi e gli stessi entusiasmi del Risorgimento.[3]
Meglio forse la prigione. In cella la impossibilità di fuggire è evidente e il sacrificio più netto. Il confino è una grande cella senza muri, tutta cielo e mare. Funzionano da muri le pattuglie dei militi. Muri di carne e ossa, non di calce e di pietra. La voglia di scavalcarli diventa ossessionante.[4]
Per svegliare l'Europa c'era bisogno di un barbaro autentico, di un barbaro sincero.Con Hitler, il fascismo diventa una cosa seria. Esso è veramente l'Antieuropa. Negando il libero esame, la tolleranza religiosa, l'autonomia della persona, l'eguaglianza giuridica, attacca l'Europa al cuore. Hitler sta salvando l'Europa. AntiEuropa! Europa! Oggi più che mai la causa dell'antifascismo si confonde con la causa della civiltà e dell'Europa.[5]
Siamo antifascisti perché la nostra patria non si misura a frontiere e cannoni, ma coincide col nostro mondo morale e con la patria di tutti gli uomini liberi.[6]
L'orgoglioso proposito di Marx fu quello di assicurare al socialismo una base scientifica, di trasformare il socialismo in una scienza, anzi nella scienza sociale per definizione. Di qui il disdegno per i predecessori e il ripudio d'ogni posizione moralistica. Con le due grandi scoperte, dice l'Engels in Evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza, della concezione materialistica della storia ed il segreto della produzione mediante il plus valore, «il socialismo divenne una scienza, che occorre adesso elaborare piú ampiamente in tutti i suoi particolari».
Citazioni
Il fascismo è stato in certo senso l'autobiografia di una nazione che rinuncia alla lotta politica, che ha il culto dell'unanimità, che rifugge dall'eresia, che sogna il trionfo della facilità, della fiducia, dell'entusiasmo. (cap. VII)
[I miei conti col marxismo] Li vado facendo da parecchi anni sotto la scorta di molti nemici e carabinieri dottrinali, in compagnia di pochi eretici amici. Voglio renderne conto qui prima di tutti a me stesso, poi a quei miei compagni di destino che non credono terminate alle Alpi le frontiere del mondo. Sarò chiaro, semplice, sincero e, poi che i libri mi mancano, procederò per chiaroscuri senza i famosi «abiti professionali» e i non meno famosi «sussidi di note». Intanto, chi sono. Sono un socialista. Un socialista che, malgrado sia stato dichiarato morto da un pezzo, sente ancora il sangue circolar nelle arterie e affluire al cervello. Un socialista che non si liquida né con la critica dei vecchi programmi, né col ricordo della sconfitta, né col richiamo alle responsabilità del passato, né con le polemiche sulla guerra combattuta. Un socialista giovane, di una marca nuova e pericolosa, che ha studiato, sofferto, meditato e qualcosa capito della storia italiana lontana e vicina. E precisamente ha capito: I. Che il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale, e in secondo luogo trasformazione materiale. II. Che, come tale, si attua sin da oggi nelle coscienze dei migliori, senza bisogno di aspettare il sole dell'avvenire. III. Che tra socialismo e marxismo non v'è parentela necessaria. IV. Che anzi, ai giorni nostri, la filosofia marxista minaccia di compromettere la marcia socialista. V. Che socialismo senza democrazia è come volere la botte piena (uomini, non[7] servi; coscienze, non numeri; produttori, non prodotti) e la moglie ubriaca (dittatura). VI. Che il socialismo, in quanto alfiere dinamico della classe più numerosa, misera, oppressa, è l'erede del liberalismo. VII. Che la libertà, presupposto della vita morale così del singolo come delle collettività, è il più efficace mezzo e l'ultimo fine del socialismo.VIII. Che la socializzazione è un mezzo, sia pure importantissimo. IX. Che lo spauracchio della rivoluzione sociale violenta spaventa ormai solo i passerotti e gli esercenti, e mena acqua al mulino reazionario. X. Che il socialismo non si decreta dall'alto, ma si costruisce tutti i giorni dal basso, nelle coscienze, nei sindacati, nella cultura. XI. Che ha bisogno di idee poche e chiare, di gente nuova, di amore ai problemi concreti. XII. Che il nuovo movimento socialista italiano non dovrà esser frutto di appiccicature di partiti e partitelli ormai sepolti, ma organismo nuovo dai piedi al capo, sintesi federativa di tutte le forze che si battono per la causa della libertà e del lavoro. XIII. Che è assurdo imporre a così gigantesco moto di masse una unica filosofia, un unico schema, una sola divisa intellettuale. Il primo liberalismo ha da attuarsi all'interno. Le tesi sono tredici. Il tredici porta fortuna. Chi vivrà vedrà.
Una riorganizzazione del movimento socialista italiano sulle linee più sopra accennate – riorganizzazione che vive già in potenza nella alleanza delle sinistre italiane nella lotta per la libertà e la repubblica del lavoro – contribuirebbe immensamente a risolvere quello che sarà il più delicato problema del domani postfascista: assicurare un saldo governo all'Italia. Non c'è dubbio che una delle cause del trionfo fascista fu dovuta alla degenerazione della vita parlamentare, alla impossibilità di raggruppare attorno a un programma costruttivo un nucleo omogeneo di forze. I
socialisti, che saranno inevitabilmente al centro del governo di domani, dovranno mettersi in grado di valorizzare con un programma realista e una organizzazione elastica i vasti consensi che certamente avranno in larghi strati della popolazione. Dico di più: il passaggio alle responsabilità di
governo imporrà ai socialisti di attenuare il troppo rigido concetto di classe, incompatibile con un normale funzionamento delle istituzioni democratiche. I partiti, quando salgono al potere, non debbono governare per sé, ma per tutti, acquistando un valore di universalità. Sulla base di un
programma di classe il socialismo in Italia né avrà una maggioranza, né avrà il potere. Esso dovrà prepararsi a dilatare il suo fronte a tutta quanta la classe lavoratrice, e a governare in nome di un valore – il lavoro – <che a buon diritto può dirsi interessi tutti gli uomini, poi che tutti gli uomini, o quasi, concorrono, in un modo o nell'altro, all'opera della produzione.
Anche da questo punto di vista sarebbe augurabile il sorgere di una nuova formazione politica. Non essendo piú legata formalmente al passato, essa sarebbe assai piú sciolta da ogni obbligo di coerenza coi programmi e metodi antichi, e potrebbe piú liberamente elaborare, sulla base delle straordinarie esperienze del quindicennio, un programma rinnovatore.>
↑ Da lettera di Carlo Rosselli a Max Ascoli, Lipari, 20 febbraio 1928, in L. Di Vito e M. Gialdroni, Lipari 1929. Fuga dal confino, Laterza, Roma-Bari 2009, p. 78.
↑ Da Oggi in Spagna, domani in Italia, in Scritti politici e autobiografici, Polis Editrice, Napoli, 1944, p. 170.
↑ Carlo Rosselli, Scritti dall'esilio, I, «Giustizia e Libertà» cit., pp. 196-202, in particolare p. 201.
↑ Da Fuga in quattro tempi, cap. Secondo tempo, in Scritti politici e autobiografici, Polis Editrice, Napoli, 1944, pp. 38-39.
↑ Da Italia e Europa, in Quaderni di Giustizia e Libertà, n. 7, giugno 1933, ora in C. ROSSELLI, Scritti dall'esilio, I, «Giustizia e Libertà» p. 209.
↑ Da Fronte verso l'Italia, 18 maggio 1934, in Scritti politici, a cura di Zeffiro Ciuffoletti e Paolo Bagnoli, Guida Editori, 1988, p. 284. ISBN 88-7042-957-1.
↑ Socialismo senza democrazia significa fatalmente dittatura, e dittatura significa uomini servi, numeri e non coscienze, prodotti e non produttori, e significa quindi negare i fini primi del socialismo.
Carlo Rosselli, Scritti politici, a cura di Zeffiro Ciuffoletti e Paolo Bagnoli, Guida, Napoli, 1988. ISBN 88-7042-957-1