Carlo Belli (1903 – 1991), pittore italiano.
- Adalberto Libera appariva come un gentiluomo dell'Ottocento. Agghindato con sobria, inappuntabile eleganza, usciva dal suo palazzo di Villa Lagarina, deliziosa residenza a pochi chilometri da Rovereto, scendeva la collina, attraverso il ponte sull'Adige (El pont de Vila), imboccava dopo un po' il corso San Rocco (oggi corso Bettini), e percorrendolo fino al termine, veniva a trovarsi in piazza Rosmini, dove c'era un caffè famoso. Lì dentro, io lo aspettavo (1922). Entrava con il suo contegno signorile, un sorriso appena, una leggera stretta di mano, e mi si sedeva accanto. Come lo invidiavo. Al suo confronto mi sembrava di essere un villano. Parlava quasi sottovoce e le cose che diceva avevano già un contenuto profetico (anni venti) per quanto riguardava l'architettura.[1]
- L'arte è. Essa quindi non è altra cosa all'infuori di se stessa.
- L'arte non è dolore, non è piacere, non è caldo, non è freddo. Essa non è in nessun modo un fatto umano.
- La bellezza della necessità è materia di scandalo per il pubblico abituato alla necessità della bellezza.
- Occorre avere il buonsenso di non aver senso comune.
- Ogni cosa è uguale a se stessa.
[Carlo Belli, Kn, Scheiwiller, Milano 1988.]
- ↑ Da Architetto gentiluomo; in Adalberto Libera, Opera completa, Eletta, Milano, 1989, p. 216.