Jabir: Soldato? Paul: No, non sono un soldato, sono un autotrasportatore, un contractor. Jabir: Contractor? Paul: Sì, sì, sono solo un contractor, non un soldato. Jabir: Blackwater. Paul: No, non per la Blackwater, non sono una guardia del corpo, sono un autista, tutto qui. Jabir: Sei americano? Paul: Sì. Jabir: Allora sei soldato.
Paul: Chi sono quelli che mi hanno chiuso qui? Brenner: Sono solo persone, nient'altro. Non sono diverse da me e da te. Paul: Io... io non sono un terrorista. Brenner: Nemmeno loro. Paul: Come fai a saperlo? Brenner: Se tu fossi senza casa, affamato... anzi, se la tua famiglia fosse senza casa e affamata, che cosa faresti per loro? Paul: Non ammazzerei nessuno. Brenner: Ne sei proprio sicuro?
Nel tarantiniano Kill Bill, la sepolta-viva Uma Thurman ci procurò crisi di claustrofobia. Lì erano minuti; che dire allora di un film rinchiuso in una bara per un'ora e trentacinque, assieme al contractor americano in Iraq Paul Conroy, uno Zippo e un telefonino? Versione spagnola e cellulare del classico Il terrore corre sul filo (all'epoca c'erano solo i telefoni fissi) che gioca sadicamente sia con i nervi del protagonista unico, sia con quelli dello spettatore. Quasi un film a "gimmick" (nel senso di espediente), ma dove la scommessa è largamente vinta: malgrado l'unità di spazio – il più ristretto mai visto al cinema – e di tempo, la noia è l'ultima delle sensazioni che si provano. (Roberto Nepoti)