La Belgica si era arenata nei pressi di uno scoglio acuminato, irto a cinque metri e cinquanta sotto il livello del mare; di certo la povera nave tocca una punta di roccia, visto che il suo tiraggio d'acqua è di appena cinque metri. Una corrente molto forte che viene da ovest ci trascina sempre più verso la scogliera, sulla quale, di conseguenza, siamo rovesciati.
La macchina è spinta al massimo, e il cilindro di bassa pressione usato come cilindro di alta. Intanto la nave si solleva per la nuova marea, ma le ondate sempre più violente ci alzano e ci scaraventano senza tregua verso la scogliera. Improvvisamente, sotto la duplice azione delle forze che la spingono, la nave oscilla su se stessa e segue il movimento delle onde e allora con lena affannosa continuiamo a sollevare l'ancora di speranza, e non senza rammarico tagliamo la gomena dell'ancora a picco, che quindi fummo obbligati ad abbandonare. La brezza di ovest infuriava spaventosamente, ma la Belgica era salva.
Sollevata dai flutti, la Belgica si dibatte sulla scogliera che può perforarla da un istante all'altro. La nostra povera nave è vicina al disastro, ha già l'aspetto di un relitto miserabile. E la Belgica perduta vuol dire che la spedizione antartica è terminata prima di iniziare.