[«Quando lei disegna un circuito, immagina il pilota che percorre il suo disegno? Cosa pensa in quel momento?»] Diciamo che il pensiero viene zona per zona. Ogni sequenza di curve, ogni singola curva e transizione, l'immaginazione è la base. Ma non basta. È soggettiva. E allora si butta giù uno schizzo, lo si modifica 60 volte, lo si mette al simulatore, ci si gira. Fino a che la pista non sembra ok. Poi si calcola la sicurezza. Fino ad amalgamare il tutto. [...] Un progettista non può pensare di essere un pilota per diversi motivi. Innanzi tutto è molto raro che un pilota riesca a disegnare una pista che sta percorrendo, o sulla quale ha anche vinto. E quindi non ha gli strumenti per fare il contrario. Ho diverse esperienze di piloti che guardano un tracciato ma non riescono a capirlo fino a che non ci girano. E un progettista non può permetterselo. Deve riuscire a tradurre le proprie idee nei desideri dei piloti e realizzarli.
L'autodromo è un campo di gara: sotto un certo aspetto, è come se stessimo progettando un parco di divertimenti.
Non esiste una pista ideale. Probabilmente è la prossima che costruirò.
Un circuito ben progettato, oltre che da un bel disegno, nasce con un grande lavoro di simulazione che tiene conto di tutto quanto sta alle nostre spalle: non ci si può che basare solo sull'esperienza, perché quando parliamo di Motorsport, e in genere di situazioni con un certo grado di pericolo intrinseco, lavoriamo sulle probabilità e sulle possibilità che qualcosa accada.
Una pista deve essere divertente, percepita come pericolosa, bella da guidare. Devi riuscire a fare un giro e avere la sensazione di non averlo fatto perfetto.